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Post N° 99

Post n°99 pubblicato il 29 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
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TEILHARD DE CHARDIN, IL TEOLOGO MESSO ALL’INDICE CHE LASCIO’ LA SUA IMPRONTA SUL CONCILIO

DOC-1608. ROMA-ADISTA. La domenica di Pasqua di 50 anni fa moriva Pierre Teilhard de Chardin, filosofo e teologo gesuita, ma prima di tutto un mistico e anche un paleontologo che "insegnò alle donne e agli uomini moderni a trovare Dio in tutte le cose": così nell'editoriale della rivista dei gesuiti statunitensi "America" (n. del 28 marzo), che celebrano la Resurrezione di Cristo rendendo omaggio a colui che "ha reso possibile ai cattolici di liberarsi del fardello della spiritualità tridentina, appesantita dalla colpa e dal peccato".
Teilhard de Chardin nacque in Alvernia nel 1881 e morì a New York nel 1955: scienziato (paleontologo e geologo), filosofo e teologo francese, entrò nella Compagnia di Gesù nel 1899; partecipò a spedizioni scientifiche importanti e ampliò il campo della sua ricerca scientifica al dibattito cosmologico e teologico. Questo lo rese inviso agli ambienti ufficiali della Chiesa cattolica. Al punto che, ancora dopo la sua morte, le sue opere (come La scienza e Cristo, Il fenomeno umano, e L'ambiente divino) vengono messe al bando con un Monitum del Sant'Uffizio, datato 30 giungo 1962, perché "racchiudono tali ambiguità ed anche errori tanto gravi che offendono la dottrina cattolica". Nel documento vaticano si esortavano quindi tutti gli insegnanti e i rettori di Università e Istituti religiosi a "difendere gli spiriti, particolarmente dei giovani, dai pericoli delle opere di P. Theilard de Chardin e dei suoi discepoli".
Eppure proprio in quegli stessi anni, uno dei documenti portanti del Concilio Vaticano II, la Gaudium et Spes è fortemente permeata dal pensiero del gesuita francese. È lo stesso card. Ratzinger ad ammetterlo nella sua opera Principles of Chatolic Theology (Principi di Teologia cattolica, Ignatius Press, San Francisco, 1987, p. 334).
Anche in vita, tuttavia, lo studioso fu oggetto di disposizioni disciplinari da parte della stessa Compagnia di Gesù che lo sospese dall'insegnamento di materie di carattere filosofico-teologico e lo invitò a non pubblicare più nulla su questi temi.
Gli "errori" imputati al teologo si riferiscono principalmente alla sua visione panteista della presenza di Dio nel cosmo, ad una insufficiente separazione ontologica fra materia e spirito nella descrizione dell'evoluzione della materia fino alla comparsa della vita e dell'uomo, ad una probabile concezione determinista dell'incarnazione: aspetti che contrastavano con l'impostazione cosmologica cristiana preconciliare e portavano, secondo il Sant'Uffizio, ad una erronea comprensione della storicità del peccato originale. Molte di quelle idee influiranno in modo decisivo sull'elaborazione teologica di non pochi autori del XX secolo considerati in perfetta ortodossia. Lo stesso papa Paolo VI, nel 1966, in un discorso sulle relazioni fra scienza e fede, parlava di Theilard come di uno scienziato che aveva saputo, scrutando la materia, trovare lo spirito, e che aveva dato una spiegazione dell'universo capace di rivelare in esso la presenza di Dio, la traccia di un Principio Intelligente e Creatore (v. Allocuzione 24/2/1966, Insegnamenti, IV, 1966, pp. 992-993). Ancora il 12 maggio del 1981 il segretario di Stato card. Agostino Casaroli scrive a mons. Paul Poupard, rettore dell'Institut Catholique di Parigi, che l'"acuta percezione del dinamismo della creazione" del gesuita e la sua "ampia visione del divenire del mondo si coniugano con un incontestabile fervore religioso". Ma sull'Osservatore Romano dell'11 luglio dello stesso anno una breve nota della sala stampa della Santa Sede preciserà che la lettera di Casaroli non andava considerata un "riabilitazione" dello studioso francese, né dovevano considerarsi risolti gli aspetti problematici presenti nel suo pensiero.
Un pensiero, ricordano i gesuiti di "America", che ha rivalutato l'uomo e la terra senza diminuire il valore di Cristo: "In virtù della Creazione e ancora più dell'Incarnazione - scriveva Teilhard - , niente è profano quaggiù per chi sa vedere".
Di seguito l'editoriale riportato integralmente in una nostra traduzione dall'inglese.

C. S. Lewis ha paragonato la resurrezione alla luce di un'alba estiva, in cui si sente una cosa sola con la luce del sole e con l'aria mite. Di quest'alba egli ha scritto in "Il peso della gloria": "Non vogliamo semplicemente vedere la bellezza, vogliamo essere uniti alla bellezza che vediamo, attraversarla, diventare parte di essa, accoglierla in noi". Questa, argomentava, è la vita nella gloria.
È stato quindi una perfetta consonanza che sia passato alla gloria proprio la domenica di Pasqua, 50 anni fa, Pierre Teilhard de Chardin S.J., un mistico che insegnava ai cattolici e a molti altri ad assaporare la resurrezione come una luminosa mattina estiva.
Nella sua morte, giunse a possedere il Dio al quale aveva chiesto in preghiera "Insegnami a trattare la mia morte come un atto di comunione".
Famoso come paleontologo e come autore del Fenomeno umano, un libro che riconciliava cristianesimo ed evoluzione, Teilhard era anche un grande mistico che insegnò alle donne e agli uomini moderni a trovare Dio in tutte le cose. Così facendo, siamo riusciti ad apprezzare in modo più ricco che non il Venerdì Santo ma la Pasqua rappresenta la realizzazione del mistero pasquale. Egli ha reso possibile ai cattolici di liberarsi dal fardello della spiritualità tridentina, appesantita dalla colpa e dal peccato. "Se ci avviciniamo (alla croce) - scriveva - riconosceremo il fiammeggiante Serafino del-l'Alvernia… l'incendium mentis", il fuoco dell'anima. Teilhard ha reso possibile respirare l'aria gloriosa piena di luce, il grande dono di Pasqua. "Mostrati a noi come l'onnipotente, il radioso, il risorto", pregava. "e affinché possiamo trionfare sul mondo con te, vieni a noi vestito della gloria del mondo".
Quella di Teilhard era una fede pasquale, piena della presenza di Dio. "Senza terremoto o rombo di tuono", scriveva in Messa sul mondo, "la fiamma ha acceso il mondo intero dall'interno. Tutte le cose individualmente e collettivamente vengono penetrate e attraversate da essa, dall'intimo nucleo del più piccolo atomo alla potente portata delle più universali leggi dell'essere: essa è fluita in modo così naturale in ogni elemento, in ogni energia, in ogni connessione nell'unità dei nostri cosmi, che si può supporre che i cosmi si siano infiammati spontaneamente". Proprio come sperava, Teilhard ci ha insegnato a "vedere".
L'Ambiente divino di Teilhard ha portato la spiritualità di Agostino d'Ippona e di Ignazio di Loyola nel mondo moderno. Ha fuso insieme antiche tradizioni ascetiche con la moderna fame di attività creativa, la ricerca del divino con l'evoluzione naturale e umana, l'unione mistica con la scoperta scientifica. Teilhard ha insegnato ai suoi lettori ad abbracciare la presenza divina nelle cose ordinarie. "Come disse Giacobbe, svegliandosi dal suo sogno", ha scritto, "il mondo, questo mondo palpabile, che eravamo usi trattare con noia e disprezzo con cui abitualmente trattiamo i luoghi che non hanno un'associazione divina per noi , è in verità un luogo sacro, e noi non lo conoscevamo. Venite, adoremus".
Per cogliere l'influenza di Teilhard, è sufficiente leggere l'introduzione alla "Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo moderno" del Concilio Vaticano II (Gaudium et spes) per sentire il suo sapore teilhardiano. I suoi passaggi cristologici sono colmi delle sue citazioni preferite riguardo a Cristo come modello della nuova creazione. Essi riassumono il suo messaggio di base sulla santificazione della vita umana: Cristo, dichiarano, "anima, purifica, e rafforza anche quei nobili desideri con cui la famiglia umana cerca di rendere più umana la propria vita e di rendere tutta la terra sottoposta a questo scopo".
Il testo riflette l'ottimismo teilhardiano. "Le attese di una nuova terra non devono indebolire ma stimolare la nostra sollecitudine nel coltivare questa che abbiamo. Poiché qui cresce il corpo di una nuova famiglia umana, un corpo che anche ora è in grado di dare una sorta di anticipazione di una nuova era". E riecheggia la sua escatologia: "Il Signore è il fine ultimo della storia umana, il punto focale degli aneliti della storia e della civiltà, il centro della razza umana… Incarnati ed uniti nel suo spirito, viaggiamo verso la consumazione della storia umana, che si accorda pienamente con l'amore di Dio: stabilire tutte le cose in Cristo, sia quelle nei cieli sia quelle sulla terra" (Ef 1,10).
Anche quando illuminava la santità dell'attività umana, Teilhard, a differenza di molti altri, che erano ansiosi di affermare il nostro valore umano, non ha ceduto alla tentazione di diminuire la divinità di Cristo. Ha rivelato un Cristo cosmico degno di essere adorato; il Verbo che presiede alla Creazione; il Cristo totale, mente e corpo, la cui sofferenza è compiuta nella storia, il pleroma, pienezza dell'essere e l'Omega, destino ultimo dell'umanità e di tutta la creazione. Ha proclamato un mondo pervaso della gloria di Pasqua. Per questa Pasqua accogliamo l'appello di Teilhard. "Senza lasciare il mondo", "immergiamoci in Dio", perché il nostro mondo è davvero un ambiente divino.

ADISTA n° 26 del 9.4.2005

 

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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