Teilhard de Chardin
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Post N° 116
TEILHARD DE CHARDIN: IL TEOLOGO DELL’ARMONIA TRA SCIENZA E FEDE
Aveva più volte espresso il desiderio di morire il giorno di pasqua (ma amava moltissimo anche l’Ascensione) e fu accontentato. Pierre Teilhard de Chardin si spegneva a New York il 10 aprile 1955 a settantaquattro anni, la mattina di Pasqua. La luce della Resurrezione di Cristo illumina con singolare efficacia la sua opera, tutta tesa a cercare l’unità profonda che lega la creazione al Creatore e ad affermare la centralità di Cristo. Per lui l’universo di cui noi celebriamo la la grandezza e la ricchezza non esiste al di fuori di Cristo; esso è organicamente legato a Cristo nel senso che tutto è stato creato per Lui e in Lui trova il suo compimento. Per lui, secondo una bella sintesi di Etienne Borne, “per trovare il divino non bisogna aggirare il cosmo, ma attraversarlo”.
Il pensiero e le opere di Teilhard sono stati conosciuti soprattutto dopo la sua morte, poiché furono per lungo tempo sospettati di non essere dottrinalmente corretti. Ma nell’arco di tempo che va da venticinque anni fa, a dieci anni fa molti lo ricorderanno, si sviluppò in tutto il mondo, ed anche nel nostro Paese, una fioritura incredibile di pubblicazioni del Padre e su di lui Ci fu un’esplosione di entusiasmo. Per molti il pensiero del gesuita fu la rivelazione della possibile armonia tra scienza, filosofia e fede, tra speranze umane e certezza cristiana.
Vi era, in tutto ciò qualcosa di affrettato ed acritico e la stessa Congregazione della dottrina della Fede, che allora si chiamava Sant’Uffizio, intervenne il 30 giugno 1962 con un “monitum” col quale si metteva in guardia contro le pericolose “ambiguità” del pensiero teilhardiano.
Ma la stagione della scoperta di Teilhard portò anche alla realizzazione di opere eccellenti ( basti pensare a quella di padre De Lubac “Il pensiero religioso di padre TdC”) , e destò interesse e riflessioni serie e profonde tra cristiani, contribuendo anche ad avvicinare alla fede dei non credenti. C’era, tra l’altro, una formidabile carica apologetica, nel pensiero di Teilhard, e quasi un filo diretto con certi temi patristici e della grande tradizione mistica. Non c’è dubbio , come scrisse padre Arrupe, il Generale dei Gesuiti e come confermò indirettamente lo stesso Paolo VI citando più di una volta il “gesuita proibito nei suoi discorsi, che “nell’opera di padre Teilhard gli elementi positivi sono di gran lunga più numerosi degli elementi negativi e degli elementi che si prestano a discussione. La sua visione del mondo esercita un influsso assai benefico negli ambienti scientifici cristiani e non cristiani. Il Padre teilhard ha compiuto un grandioso tentativo di riconciliare il mondo della scienza con quello della fede; la profondità spirituale di Padre Teilhard si radica nella sua vita religiosa, quale egli ha vissuto alla scuola di S.Ignazio. Il suo tentativo è pienamente nella linea dell’apostolato della Compagnia ; mostrare come tutti i valori creati trovano in Cristo la sintesi totale e collaborano alla gloria di Dio.
Certo: noi oggi, ricordando Teilhard venticinque anni dopo la sua morte, dobbiamo riconoscere che la sua attualità sembra meno evidente. Molti lo ignorano, altri lo considerano l’espressione di una stagione superata, se non un fuoco di paglia. Sono giudizi in comprensivi e superficiali. Conviene riflettere. Assai più che un certo sospetto ufficiale da cui è stato per un po’ circondato, Teilhard paga oggi lo scotto che viene dalla caduta delle speranze. La sua visione, fondamentalmente ottimistica, positiva, volta al futuro sembra bruciata da questa stagione terribile in cui viviamo, la quale ha anche un riflesso nell’approccio psicologico e culturale ai problemi della fede.
PAURA DEL FUTURO E DEL COSMO
Si badi bene: ancor prima della “gelata” della violenza, della cattiva coscienza ecologica, dello sviluppo inceppato, della diffusione del sospetto e della disillusione, prima ancora la cultura e la spiritualità teilhardiana avevano risentito, dieci anni fa, della stagione in cui si pensò 8da parte dei più giovani, spesso anche dei più generosi) che “tutto è politica” e che, cosa assai più insidiosa, “bisogna ripartire da zero”. Ciò colpiva l’intuizione fondamentale di Teilhard, che risale a Ireneo, secondo cui il mondo matura attraverso la storia. Era l’idea, come scrive Von Balthasar parlando di De Lubac, “che nella misura in cui Dio in Gesù Cristo è entrato nel movimento della storia, questa riceve un senso nel suo flusso temporale”.
In questi anni a noi può sembrare che quella fiducia sia priva di fondamento. Noi abbiamo presente che lo sviluppo delle scienze potrebbe concludersi con una catastrofe immensa; abbiamo paura del futuro e del cosmo. L’idea di “evoluzione” ci fa pensare semmai a mostri disumani, e non certo allo sbocciare di più alti livelli di vita. Ma proprio perciò, con meditata riflessione e responsabile prudenza , sembra a noi opportuno riproporre oggi il messaggio di Pierre Teilhard de Chardin.
La nostra incertezza, il nostro scoraggiamento, il nostro pessimismo non sono virtù. Tanto meno virtù cristiane. Dobbiamo essere sfidati e confrontarci seriamente con l’ottimismo cristiano di un uomo che pure ha avuto una vita difficile e faticosa; che non ha ignorato le tragedie dell’uomo e i gemiti della creazione, ma che pure, in una “linea teologica paolina” si è sforzato di disegnare un ponte tra cielo e terra, un filo tra tempo ed eternità, una certa continuità tra lo sforzo di migliaia di millenni e il dono di Cristo. “La grandezza di Teilhard – ha scritto Cuenot - e di aver risposto, in questo mondo destinato alla nevrastenia, all’angoscia contemporanea e di aver riconciliato l’uomo col cosmo e con se stesso.
NELL’UNIVERSO E’ IMPRESSA L’ORMA DI DIO
Il pensiero di questo grande scienziato e grande mistico non può certamente essere preso come un “sistema”, certo e definitivo.
Questa “riconciliazione” non è una strada facile. Ma è necessaria se ripensa a quale sottovalutazione e ignoranza (o “concordiamo” cortigiano) ci sia, fra i credenti, a proposito della realtà della scienza, del suo valore, del suo fascino, del suo spessore di verità, della sua implicazione etica.
Dalla contemplazione disinteressata degli spazi celesti alle scienze del passato, dalla cibernetica alla fisica delle particelle ci sono mille volti dell’universo in ciascuno dei quali è certamente impressa l’orma di Dio e il leggerla veramente 8 e non farvi sopra della facile letteratura) è opera grande, degna di una fede e di una intelligenza profonde.
Nonostante tutte le disillusioni e le paure di questi nostri anni è necessario riprendere quella fiducia che aiuta ad esercitare con eroismo le virtù della intelligenza e della creatività della fede; e il Padre Teilhard de Chardin è certamente un precursore, se non un maestro, in un tale impegno, caratteristico di creature che vogliono essere degne del loro Creatore.
ANGELO BERTANI
Da AVVENIRE 10 aprile 1980, pag. 3
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)