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Post N° 121

Post n°121 pubblicato il 01 Novembre 2008 da bioantroponoosfera
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Il Gesuita proibito

ha lavorato per il futuro

 

di CARLO BO

 

E’ venuto anche per noi, cattolici italiani, il tempo di leggere Pierre Teilhard de Chardin ?  Il veto resta, per le opere di pensiero. Si è fatto un passo avanti secondo il nostro costume: aggirando o cercando di aggirare le posizioni.  Non le opere ma libri sulle opere, dove almeno attraverso il quadro delle citazioni sia consentito un primo contatto .  Diamo quindi il benvenuto alla traduzione delle Lettere di viaggio e del saggio fondamentale di Claude Cuenot, L’Evoluzione di Teilhard de Chardin  usciti nelle edizioni Feltrinelli, ma soprattutto diamo il benvenuto al libro di Giancarlo Vigorelli: Il Gesuita proibito, pubblicato  da Il Saggiatore.

Vigorelli non ha bisogno di presentazioni, basterà dire che per questo  lavoro di rottura era il più indicato.  In qualche modo tutta la sua storia di cattolico irrequieto sta a giustificare la scelta e lo autorizza a mettere gerarchie e la famiglia dei fedeli di fronte al libro delle responsabilità.

D’altra parte, non si può fare a meno di registrare con qualche sorpresa questo costante terrore del nuovo in questioni di fede e di religione.  Se c’è un paese che ha bisogno vitale di scosse, di richiami all’ordine, , di iniezioni di inquietudini, , questo paese è il nostro.  E invece, si fa del tutto per proteggere la sua inerzia di fondo e per offrirgli il magro compenso d’illusione che deriva da un modo di illustrare la religione dal di fuori e di  farne soltanto un dato di civiltà.  Ma anche qui, quale riduzione si fa al termine, in che modo si tende ad equiparare  stanchezza e obbedienza, vuoto e rinuncia.  Ora Vigorelli per la sua natura ardente ( e l’impressione sussiste con il passare degli anni,  in mezzo al generale lasciar andare, prendere le cose per il verso più facile  sembrava chiamato a proporre il caso Teilhard in un modo che non fosse possibile rendere equivoco,  spegnendone a poco a poco il fuoco di carica.  Naturalmente l’impresa non era facile, tanto più che Vigorelli si trovava di fronte ad un terreno completamente o quasi del tutto vergine:  il padre gesuita è infatti per forza di cose rimasto da noi sospeso fra l’alta informazione giornalistica e gli echi di una condanna che per prudenza si è arrestata al limite del “monitum”  Si trattava, dunque, di offrire, al lettore non soltanto una definizione del problema o una situazione geografica nel libro delle nuove idee ma, prima di tutto, di mettere il lettore nella possibilità di giudicare direttamente.  Vigorelli, riscontrata questa difficoltà iniziale e registrata la mancanza di un retroterra che è indispensabile per ogni operazione critica,  ha scelto un modo di lettura comune, camminando, se possiamo dire così, con il libro aperto di Teilhard e invitando il lettore a seguire  linea per linea questi testi “proibiti”.  A questo punto sorgeva un’altra difficoltà e chi conosce Vigorelli poteva temere addirittura un abuso, una sollecitazione  eccessiva da parte sua: presentare un Teilhard non intero, un Teilhard letto in un senso unico.   Ora conviene aggiungere subito che questo pericolo è stato evitato  e che Vigorelli in tal modo ha reso un grosso servizio alla causa che intendeva suffragare.    In conclusione, il grosso saggio di conoscenza costituisce una introduzione all’opera del gesuita e non c’è dubbio che i lettori più avvertiti sapranno far tesoro delle sollecitazioni sottolineate dal Vigorelli, in modo da passare a un completamento di conoscenza, a quel secondo stadio della frequentazione per cui un’opera passa dalla registro delle attualità a quello delle letture quotidiane, delle letture che tengono oltre l’ombra dell’ora.

Quali risultati si avranno da questo primo incontro?  Lasciamo da parte quel tanto di scandalo, di choc  che oggi, così come stanno le cose, non hanno più ragione di essere e vediamo invece dove presumibilmente avverrà il primo contatto.   Credo che esista anche da noi una famiglia di spiriti,  molto più larga  di quel che di solito si crede, pronta a ricevere messaggi di questo genere.    Proprio perché da secoli viviamo sotto l’incubo di una religione restrittiva, naturalmente nemica della vita, la parola di speranza che si leva dai libri di Teilhard de Chardin dovrebbe colpire immediatamente la zona più derelitta e spenta del nostro cuore.  Tale tendenza a spegnere dentro di noi questi aneliti, questi fermenti è stata sempre alimentata da una visione pessimistica della nostra vita.  Il “gesuita proibito”, per ripetere l’immagine vigorelliana, è fatto a posta per mettere un termine a questa corsa verso il buio, verso il nulla: una corsa a ostacoli, dove gli ostacoli sono rappresentati, dai pretesti, dalle occasioni della vita, dalle proposte di costruire.  Se ci dovessimo servire a nostra volta di un’immagine, dovremmo dire che il nostro cristianesimo nutre il suo pessimismo al senso di condanna assoluta e generale che siamo soliti dare ai nostri atti.   Il pessimismo nasce da una netta separazione fra quello che l’uomo può fare e quello che Dio fa.  Per molti secoli si è pensato che non si dovesse tentare un collegamento tra questi due poli, rimettendo all’intervento divino l’incertezza e la deformità dei nostri atti.  Il gesuita rimette tutt’e due le posizioni sullo stesso piano e concede all’attività dell’uomo  il soccorso di un’altra carità, di un’altra pietà, per cui tutto è suscettibile di essere trasformato in bene.

E’, dunque, una visione positiva, attiva che  ci viene prodigata dal padre gesuita il  quale del resto, grazie alle sue conoscenze d’ordine scientifico, era in grado di vedere le cose in modo ben diverso dal nostro,  da un angolo che non rispetta la legge della rinuncia e del fallimento.  Noi siamo stati abituati a misurare anche le cose dell’anima con il contagocce, come dire che la nostra vita non è mai passata dallo stato della tana, non è mai uscita all’aria, sotto il confronto di tutti gli elementi della natura.   Ora il credito che il gesuita apre all’uomo, al di sopra  delle patrie, delle classi, delle politiche e forse delle religioni, intendendo per religione tutto ciò che ci lega in basso,  ci riporta ad una visione terrena, è immenso, è qualcosa che nessuno è mai riuscito ad immaginare.  Al suo confronto che cosa regge? Ma non è possibile fare confronti del genere, si tratta di materiali diversi: noi siamo fatti di “passato”, Teilhard di “futuro”.  Resta il modo, l’operazione di saldatura e qui il tema assuma un carattere di eccezionale drammaticità:  soltanto il domani potrà darci la risposta che aspettiamo.  Se il futuro prenderà la strada segnata da Teilhard, noi sapremo che nel suo lavoro di uomo c’era qualcosa di più alto, c’era un segno sensibile di un’altra,  di una più alta volontà.

 

Carlo BO

L’Europeo, 24 febbraio 1963, pag. 74

 

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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