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SCIENZA E FEDE

Post n°177 pubblicato il 12 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
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SCIENZA,FEDE E TEOLOGIA NELLA VITA DI    TEILHARD DE CHARDIN

 

1. Note introduttive

Pierre Teilhard de Chardin è un’importante figura della cultura cattolica, ma per motivi diversi è stato scarsamente recepito. Sarebbe però utile che di lui si tenesse conto nelle riflessioni sui rapporti fra fede e scienza, proprio per la singolare circostanza che egli era nel contempo prete gesuita e scienziato famoso. Le sue idee innovatrici sembrano peraltro meno problematiche di mezzo secolo fa, quando erano certamente in anticipo rispetto alle vedute filosofiche e teologiche di allora.

Limitatamente al tema di questo articolo, è utile ricordare tre aspetti che sono alla base della visione teilhardiana:  

a) le dimensioni spazio temporali dell’universo

Il quadro costante di riferimento, vale a dire il contesto in cui tutto è situato e interpretato da Teilhard, è un universo d’inimmaginabili proporzioni spazio-temporali, di cui i cosmologi hanno stimato il tempo di nascita e di probabile morte termica. Questo scenario, scoperto dalla scienza agli inizi del secolo XX e prontamente colto da Teilhard, è oggi per così dire davanti agli occhi di tutti.                                

b) l’unità e la dinamica della materia

L’universo è un macrosistema articolato in un’infinità di sottosistemi collegati fra loro in modo inestricabile, sicché la sua unità è simile ad una «tunica senza cuciture» (mirabile allusione al cosmo di cui si ammanta il Cristo Risorto!). Ogni elemento è infatti al suo posto, è soggetto a precise leggi ed è parte di un tutto con il quale evolve nel tempo. La materia consta di una moltitudine di “corpuscoli” (atomi, molecole, cellule, esseri viventi), che hanno la proprietà di auto-organizzarsi, di unirsi fra loro e di formare nuove realtà via via più complesse. Secondo Teilhard, l’evoluzione è un moto unitivo che avanza ostinatamente in senso opposto alla forza disgregativa dell’entropia, fino a un punto di massima convergenza e sviluppo.

c) la natura della materia

La materia ha due facce: oltre al lato tangibile esterno (il solo considerato dalla scienza) possiede un lato incorporeo interno che, sperimentato dall’uomo, è supponibile anche negli elementi inferiori, atomi compresi. Quest’ipotesi è condivisa da pochi, anche a causa di un atteggiamento preconcetto germinato nel XVII secolo, quando si spezzò l’unità fra materia e spirito, fra corpo e anima, fra ragione e fede; essa è invece ristabilita nell’opera di Teilhard.

Per mettere a fuoco i problemi ch’egli dovette affrontare al fine d’includere in una grande Sintesi sia le nuove vedute scientifiche del mondo sia le concezioni cristiane, è bene puntualizzare ciò che qui s’intende con le espressioni “Scienza e Fede” e “Scienza e Teologia”: di fatto e in entrambi i casi sono poste in relazione certe interpretazioni filosofiche (di teorie scientifiche) con l’Oggetto essenziale della fede e con la Dottrina della Chiesa cattolica. Da sottolineare la varietà e spesso transitorietà delle prime, a fronte della permanente unicità dell’Oggetto di fede (Cristo) e della continua validità della Dottrina, non necessariamente immutabile nelle sue rappresentazioni.

2. Fede in Cristo e senso della Presenza di Dio

Teilhard de Chardin fu educato in una famiglia di stretta osservanza cattolica. Egli stesso racconta che la madre l’aveva avviato alla devozione del Sacro Cuore e che molto più tardi avrebbe percepito tale immagine in maniera straordinariamente amplificata. Ma prima egli dovette prendere coscienza, con disappunto, che il Cristo «mediterraneo» presentato dalla predicazione cattolica e dai corsi di teologia non era un Dio commisurato alle fantastiche dimensioni dell’Universo. Infatti, di fronte al bivio della decisione più radicale, - se cioè il Cristo sia «nulla o Tutto», - questa seconda opzione implica necessariamente che Egli possieda un valore universale ed una funzione animatrice per l’intera Creazione.  

La riflessione teilhardiana si sviluppa allora su due diverse linee, che naturalmente convergono - per logica coerenza e non per ricercato concordismo - in una grande sintesi:

a) linea filosofico-scientifica

Negli anni del suo noviziato, Teilhard intuisce una volta per sempre che l’evoluzione generale (cosmica, biologica e umana) ha il senso di un’inesorabile unificazione progressiva, tendente all’unione sempre più ampia dell’umanità. Questo moto evolutivo si dirige verso il cosiddetto punto Omega, che è il termine naturale della super-umanizzazione. Tutta l’opera teilhardiana mostra il carattere teleologico e spirituale dell’evoluzione.

b) linea teologica

La Scrittura attribuisce a Cristo una serie di grandiose prerogative, le quali – secondo Teilhard - devono essere semplicemente colte in tutta la loro pienezza, come ad esempio nei seguenti passi: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16), «Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui (Col 1, 17)», «...il disegno [di Dio] di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra (Ef 1,10)», «Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine» (Ap 22,13), «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28,18).   

Teilhard in tal modo “verifica” che Cristo è adeguato alle incommensurabili dimensioni del creato oggi noto. E così, all’ineludibile Sua domanda: «Voi chi dite che io sia?» (Mt 16, 15), egli può rispondere che è «Cosmico» poiché ha valore per l’intero universo, è «Evolutore» in quanto opera per l’umanizzazione in vista della Parusia, è «Universale» perché agisce su di noi attraverso i legami organici del mondo, è «Omega», cioè il Termine nel quale Dio sarà “Tutto in tutti”, pur essendo sin d’ora presente nell’Eucarestia per attirarci a Sé.

Cristo - afferma Teilhard - «risplende alla sommità del Mondo in via di realizzazione, proprio in direzione opposta a quelle regioni oscure verso cui si avventura la Scienza quando discende lungo le vie della Materia e del Passato».

P. Thomas M. King S.J. nota argutamente che, per poter credere nel Cristo Risorto, Teilhard ha ripetuto in un certo senso il gesto dell’apostolo Tommaso. Sembra che sia proprio così perché nella sua lettera indirizzata all’amico Henri de Lubac (8 Ottobre 1933) ammette di essersi sentito «persino obbligato» a scegliere la sola Religione in grado di «soddisfare l’Universo sperimentale», e conclude dicendo: «ecco perché rimango cristiano». Né S. Tommaso apostolo, né Teilhard sarebbero dunque beati perché hanno creduto soltanto dopo aver visto, ma sta di fatto che le loro diverse attestazioni sono preziose per la nostra fede incerta.

L’interpretazione cristiana della realtà del creato, la cui smisurata grandezza è stata messa in luce dalla scienza,  impone poi a Teilhard di dilatare su scala cosmica le altre verità di fede, e così:  

(a) l’Incarnazione «è un rinnovamento, una restaurazione di tutte le forze e di tutte le potenze dell’universo», ha salvato gli uomini ma anche «lo stesso Divenire dell’universo è stato trasformato, santificato»;

(b) La Redenzione è veramente universale, «poiché porta rimedio ad uno stato di cose (presenza universale del Disordine) legato alla struttura profonda dell’universo in via di creazione»;

(c) la Risurrezione «segna la presa di possesso effettiva, da parte del Cristo, delle sue funzioni di Centro universale».

In sintesi, per mezzo della ragione Teilhard identifica nell’universo un moto evolutivo “ascendente” e attraverso la fede cristiana riconosce il moto divino “discendente” dell’Incarnazione. Nel complesso, l’evoluzione gli sembra il gesto della «mano di Dio che ci riconduce a Lui».           

Dio, incarnandosi, ha nobilitato la materia e ha dato avvio alla cristificazione del mondo. Il  Dio dell’in-alto è divenuto anche il Dio dell’in-avanti ed è perciò raggiungibile nelle attività umane: «Dio non è lontano da noi, fuori della sfera tangibile; ma ci aspetta ad ogni istante nell’azione, nell’opera del momento. In qualche maniera, è sulla punta della mia penna, del mio piccone, del mio pennello, del mio ago, - del mio cuore, del mio pensiero»; così scrive Teilhard nel saggio “L’Ambiente Divino”, che rimane una delle opere contemporanee più altamente spirituali.

3. Evidenze scientifiche e dogma

L’evoluzione generale (cosmica e biologica) è vista in modo positivo da Teilhard de Chardin; essendo ora consapevoli di essa, «abbiamo acquisito psichicamente una dimensione in più» che ci obbliga «a passare ‘dal cerchio’ alla ‘sfera’». Egli è d’altronde convinto che la teoria darwinista sia incompleta e non in grado di spiegare la direzionalità dell’evoluzione biologica; il tanto magnificato “caso” è per lui pura apparenza e «rappresenta (si potrebbe dire che riserva) il posto di Dio nel governo del Mondo». Ritiene, soprattutto, che il moto evolutivo esalti il carattere universale e dinamico del cristianesimo, molto più della vecchia concezione geocentrica e fissista.

Piuttosto, come geologo e paleontologo aduso a leggere gli “archivi” della Terra, considera un grosso ostacolo la rappresentazione storico-dogmatica del Peccato Originale, che ritiene molto lontana da ciò che è scientificamente noto sull’origine di Homo Sapiens. In particolare, giudica insostenibile l’idea che Adamo sia «nato adulto» oppure che, se «Ominide» (cioè cerebralmente incompiuto), potesse assumersi il peso di un’enorme  responsabilità per tutte le future generazioni dell’uomo. Perciò propone non la cancellazione del dogma, ma delle modalità diverse di presentarlo.[1]

Le argomentazioni di Teilhard non sono, come si nota, di ordine esegetico (dipendenti da  re-interpretazioni di Gn 3 e di Rm 5, 12-21), ma sono correlate ad un sapere scientifico che è oggi ampiamente divulgato e che rischia di suscitare l’impressione, persino nei giovani della scuola dell’obbligo, che la scienza garantisca il vero e che la religione cristiana sia basata sul mito. É esattamente la diffusione di questa mentalità che più lo preoccupava.

 Nella parte introduttiva abbiamo osservato che le sue idee innovatrici ed anticipatrici paiono oggigiorno meno difficili da accettare. Per esempio, non c’è differenza alcuna su un punto capitale: fra quanto egli sosteneva nel 1954 sull’origine africana della specie umana e il recente documento “Comunione e Servizio” (cfr. paragrafo 63) della Commissione Teologica Internazionale. Teilhard de Chardin ha cercato di trarne le conseguenze, indicando le profonde ripercussioni  teologiche di quest’origine umana, che a suo parere riguardano il Peccato originale, come già precisato, il senso dell’Incarnazione, della Redenzione e della Croce.   

È certo fondamentale credere che l’uomo sia nel Progetto di Dio, invece che un prodotto del Caso; tuttavia non è di secondaria importanza sapere che Homo Sapiens è un ramo, sia pur specialissimo, del maestoso Albero della Vita, perché in tal modo la storia dell’Uomo assume inevitabilmente la figura di un’ascesa anziché quella di una caduta.  

4. Note conclusive

 L’esperienza vissuta da Teilhard de Chardin dimostra quanto sia irta di ostacoli la realizzazione di una Sintesi comprensiva del sapere scientifico e delle concezioni cristiane. Le principali difficoltà sono per lo meno queste:

- l’interesse del pensiero scientifico per i soli aspetti materiali, mentre la realtà complessiva  include anche lo spirito, che invece è relegato ad epifenomeno;

- la scarsa passione per la conoscenza scientifica spinge spesso la teologia a tracciare «un giro di compasso»  per situare al suo esterno «tutta la realtà fisica»;

- l’errore dei teologi di presentare «un Dio per un Mondo finito…invece che un Dio per un Mondo che ‘sta iniziando’», poiché in genere l’evoluzione è considerata irrilevante;

- la mancata distinzione dei piani, che sono «la vera parete divisoria fra la Scienza e la Religione».

Rispetto all’epoca in cui è vissuto Teilhard, quella nostra registra il dominio della Tecnica e il potenziamento dei metodi sperimentali anche nel campo della manipolazione genetica. È una situazione che egli previde e di cui presentì le gravi conseguenze quando così scrisse: «nel prossimo avvenire, le battaglie più temibili alle quali la Chiesa si dovrà dedicare riguarderanno la morale».[2]

FABIO MANTOVANI 

(da Cristiani Nel Mondo: Scienza e Fede fascicolo n.4, agosto-settembre 2007)

 

Mantovani Fabio  è studioso di Teilhard de Chardin sin dagli anni ’60 ed è stato per diversi anni Presidente dell’Associazione Italiana Teilhard de Chardin. Per l’editrice Queriniana ha tradotto i due capolavori di Teilhard, Il fenomeno umano  e L’Ambiento divino.  Saggista e conferenziere, è autore dei volumi Teilhard de Chardin – L’orizzonte dell’uomo e del Dizionario delle Opere di Teilhard de Chardin, entrambi per “Il Segno dei Gabrielli Editori”.



[1] I suoi scritti relativi a tale questione sono in maggior parte raccolti nel volume La mia fede, Queriniana, Brescia 1993. Teilhard ha per così dire risposto anzitempo alla richiesta di Paolo VI di cercare: «una definizione e una presentazione del peccato originale, che fossero più moderne, cioè più soddisfacenti le esigenze della fede e della ragione, quali sono sentite e manifestate dagli uomini della nostra epoca» (Discorso del 11 luglio 1966, in occasione del “Simposio sul mistero del peccato originale”).

[2]  Lettres intimes de Teilhard de Chardin, Aubier Montaigne, Paris 1974, p. 427.

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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