Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianze« ANNO MONDIALE DELL'ASTRONOMIA | Suor Ilia Delio parla d... » |
Una notizia importante
TEILHARD DE CHARDIN
UN COLLOQUIO CON AMIR ACZEL
Abbiamo appreso, direttamente dal Prof. Amir Aczel che il suo volume: The Jesuit and the Skull sarà, molto probabilmente, pubblicato in Italia dalla prestigiosa casa editrice romana NEWTON COMPTON EDITORI.
Dopo il criticabile volume Jacques Arnauld che tracciava un profilo di Teilhard personaggio che, a detta dell'autore, lo aveva affascinato ma che gli dava il duplice senso di attrazione e di repulsione.
E' qua il senso di questo libro che, ci chiediamo, a che serve. Intorno alla figura di Teilhard, questo padre domenicano, forse con una punta di gelosia nei confronti du un grande pensatore, riempie il libro dr riferimenti, che sembrano tratti da un libro di gossip. Che forse non aveva altri argomenti?
Mentre il libro di Aczel è un agile volumetto che parte dal lavoro di Teilhard nel campo della paleontologia e lo segue passo passo anche attraverso fatti che hanno opposto il pensiero di Teilhard al Magistero ecclesiastico e fino ad oggi, dopo oltre cinquanta anni dalla sua morte non si vede traccia di una riabilitazione a dispetto delle scarne citazioni papali e dai facili entusiasmi di tanti teilhardiani di casa nostra.
Aczel è venuto in Italia, su invito del Centro Pressacco di Udine, nel 2007, dove ha tenuto una stupenda lezione sulla vita e sul pensiero di Teilhard.
Il 22 giugno 2007, Alessandro Montello, ha intervistato il matematico Aczel e questa intervista è stata pubblicata su Il Messaggero Veneto: vi diamo conoscenza di questa intervista.
"Con la lezione che Amir Aczel ha tenuto ieri pomeriggio nell’aula riunioni di Villa Manin di Passariano, si è aggiunto un altro gradino al percorso attorno al tema “Dialogo fra scienza e fede” che l’Associazione Gilberto Pressacco mantiene vivo da anni nel ricordo del grande studioso friulano. Un cammino che quest’anno raggiunge il traguardo importante e simbolico del decennio e che si lega anche al decimo anniversario della scomparsa del musicologo e ricercatore di Turrida, improvvisamente sopraggiunta il 17 settembre 1997.
L’intervento di Amir Aczel non è stato scelto a caso: con “La vita e il lavoro di padre Pierre Teilhard de Chardin” lo studioso israeliano ha aggiunto una tessera di fondamentale importanza al mosaico che in questi anni l’associazione Pressacco, guidata dall’infaticabile Angelo Vianello, è riuscita a costruire.
Grazie al preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Udine è stato possibile avere dalla stessa voce di Aczel delle anticipazioni sui contenuti della sua relazione, salutata e introdotta da Vianello che ha dichiarato: «Viviamo oggi un dramma profondo: l’incertezza della riflessione sul futuro. Quello che mi sento di affermare è che una visione matura della fede implichi una non contraddittorietà con la materia scientifica». Dichiarazioni che si ritrovano nel pensiero di Teilhard de Chardin. Abbiamo allora chiesto al docente israeliano una mappa dei temi che la sua ricerca sul paleontologo gesuita francese è riescita a individuare.
Professor Aczel perché ricordare Teilhard de Chardin?
«Per la sua maggiore scoperta: l’uomo di Pechino. E per le ragioni che l’hanno “costretto” a trovarsi al centro di uno dei maggiori rinvenimenti della storia paleontologica: l’ostracismo che la Chiesa ha esercitato nei suoi confronti».
Cosa lega questi due elementi?
«Nel 1923 padre Pierre fu esiliato in Cina per le sue affermazioni in favore dell’evoluzionismo.Era un uomo di fede con una preparazione scientifica di altissimo livello. Con una particolarità all’epoca considerata non proprio ortodossa: credeva nell’evoluzionismo darwinano. Nel 1929, quando fu rispedito in Cina per la seconda volta, si ritrovò nel posto giusto al momento giusto».
Cioè?
«A Zhoukoudian, dove furono trovati i resti di circa 40 ominidi, dei quali restavano intatti circa una decina di crani. Analizzando questi resti fossili Teilhard de Chardin capì di trovarsi di fronte ad un fondamentale anello mancante della catena evoluzionistica. Capì che quella scoperta era un’ulteriore conferma della teoria di Darwin».
Riusciamo a spiegarlo più semplicemente?
«Graficamente potremmo tracciare una linea ideale che unisce l’australopiteco, ovvero un gradino molto basso della nostra evoluzione, più vicino alla scimmia che all’uomo, con le evoluzioni successive dell’homo che portano fino a noi. L’uomo di Pechino studiato da Teilhard de Chardin rappresenta un elemento fondamentale per comprendere il percorso evolutivo fatto dall’uomo per arrivare fino alla sua realtà odierna».
E la chiesa non accettava questa ipotesi?
«Chiaramente no. E padre Pierre fu esiliato perché affermava che delle Sacre Scritture non andava fatta un’interpretazione letterale, quanto piuttosto simbolica».
Come cambierebbe il progetto di dio seguendo questa interpretazione?
«Dio lavora ad un progetto evoluzionistico all’interno del quale, ad un certo punto, decide di dare all’uomo la coscienza di sé e di dio stesso. Questo potrebbe essere il momento simbolico nel quale appaiono Adamo ed Eva. Anche perché altrimenti la loro storia non sarebbe scientificamente giustificabile».
Cioè?
«Un gruppo animale ha delle possibilità di sopravvivenza solo se è composto da un numero di individui superiori a quaranta elementi. Questo per la varietà genetica e per gli incroci possibili. Adamo ed Eva erano troppo pochi per questo».
Torniamo a Teilhard de Chardin: è veramente riuscito a far convivere scienza e fede?
«Credo di si. Padre Pierre fu un uomo molto religioso e, contemporaneamente, uno scienziato rigoroso. L’unione di questi due elementi gli provocò moltissime sofferenze. Ma non smise mai di credere nella possibilità che la fede non possa essere intaccata dall’accettazione della teoria evoluzionistica darwiniana».
Alessandro Montello da Il Messaggero Vento
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)