Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianze« Messaggio #51 | Nuovo blog di Floriana Porta » |
In occasione del 50.mo della morte di Pierre Teilhard de Chardin s.j. famoso religioso e scienziato il Radiogiornale della Radio Vaticana ha trasmesso, il giorno 16 ottobre 2004, una breve Intervista con padre Marc Le Clerc dell’Università Gregoriana-
Scienziati, filosofi, teologi, antropologi, economisti si sono riuniti in questi giorni presso la Pontificia Università Gregoriana, a Roma, per ricordare Pierre Teilhard de Chardin, il gesuita francese, geologo e paleontologo, a quasi 50 anni dalla sua morte, avvenuta nel 1955 a New York. “Un mondo in evoluzione: fede, scienza e teologia” è il titolo di questo convegno, che si inserisce in una serie di manifestazioni in diversi Paesi del mondo per celebrare l’importante anniversario. Per tracciare un profilo di Teilhard de Chardin, Debora Donnini ha intervistato padre Marc Le Clerc, professore di filosofia moderna alla Gregoriana:
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R. – E’ un grande credente, un religioso sempre fedele alla Compagnia, alla Chiesa. Un uomo mistico, in più un poeta, ma anche un grande scienziato, geologo, paleontologo che ha lavorato tutta la sua vita in questo campo.
D. – Qual è stato il fulcro del suo pensiero?
R. – Che Cristo è il centro dell’universo, il centro del mondo. Che in Cristo tutte le cose trovano la propria consistenza, come dice Paolo stesso nella Lettera ai Colossesi, ma che se Cristo riprende in sé tutto ciò che c’è, tutto l’universo, deve anche assumere in sé un universo in evoluzione, come lo scopre la scienza del suo tempo. Quindi, da lì il senso di Cristo non soltanto Redentore dell’uomo, ma anche fine, termine e motore di tutta l’evoluzione del cosmo e dell’uomo.
D. – E come accolse la Chiesa le sue teorie, e oggi come vengono viste?
R. – All’inizio c’era sicuramente un po’ di diffidenza, perché erano molto nuove. Forse, non si vedeva molto bene come conciliare – come voleva fare padre Teilhard – i dati scientifici con i dati tradizionali e teologici della fede cattolica. Poi, a poco a poco, le acque si sono calmate e con il distacco del tempo vediamo molto meglio che il suo tentativo di conciliazione era molto rispettoso, in realtà, della diversità dei piani scientifico, filosofico e teologico.
D. – A volte, Teilhard de Chardin è stato accostato – diciamo così – al New Age. Secondo lei, questa non è una lettura giusta?
R. – E’ vero che le sue espressioni non sono sempre del tutto precise, e quindi si può capire che alcuni l’abbiano inteso così, perché manca a volte nella sua espressione la precisione tecnica: lui non era né un filosofo di mestiere né un teologo professionista, quindi aveva una visione grande, forte, bella, poetica, ma che bisogna seguire fino in fondo per capire fino a che punto fosse di fatto radicata nella fede della Chiesa. E lì, padre De Lubac ha reso un immenso servizio mostrando questa coerenza e apportando al pensiero di Teilhard a volte la precisione che gli mancava.
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)