Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianze« CON TEILHARD ESPANDI L'... | SALVAGUARDIA DEL CREATO » |
IL MIO AMICO TEILHARD
Gli scienziati che lavorarono con lui, i filosofi che seguirono l’evoluzione del suo pensiero, gli uomini e le donne cui confidò i suoi entusiasmi e le sue crisi, ci rivelano un nuovo Teilhard de Chardin.
Fino a qualche mese fa, in Italia, il nome di Pierre Teilhard de Chardin era più familiare agli studenti di paleontologia che ai cattolici. La sua fama presso il pubblico italiano si affidava cioè assai più alla datazione del famoso Sinantropus pechinensis, o “ Uomo di Pechino”, che alle polemiche suscitate dai suoi scritti teologici. E ciò anche perché, in Italia, quegli scritti non sono stati ancora pubblicati (ricordo che l’articolo è datato 1963, n.d.r.), restando la loro conoscenza limitata a quella esigua minoranza di cattolici impegnati e di studiosi che li avevano letti nelle copie semiclandestine al ciclostile diffuse in Francia prima della morte del loro autore:
Ma negli ultimi mesi il nome di Pierre Teilhard de Chardin è esploso anche in Italia, favorito dalla diffusione dei volumi francesi, dalla traduzione di una raccolta di lettere e dalla biografia di Claude Cuenot, da molti articoli di riviste specializzate e di giornali, dal saggio di Giancarlo Vigorelli e anche dal del monitum con il quale il Santo Offizio ha consigliato estrema prudenza nel consentire ai giovani, soprattutto in seminario, la lettura delle sue opere.
La diffidenza di certi ambienti della Curia romana a lasciare avvicinare i fedeli italiani a correnti di pensiero pur liberamente dibattute negli altri paesi ha ancora una volta generato confusioni pericolose: molti discutono ora di Teilhard de Chardin conoscendolo poco o senza conoscerlo affatto; la oiù importante forse tra le sue opere, “ Le milieu divin” sta per avere la stessa sorte del “Capitale” di Marx: quella di essere un libro pochissimo letto e spessissimo citato.
Chi era Teilhard de Chardin? Che tipo d’uomo? Che tipo di cristiano ? Queste le domande cui abbiamo cercato di rispondere con la presente inchiesta condotta fra coloro che conobbero, amarono, criticarono Teilhard: e poiché è assai difficile separare una personalità d’eccezione (quale indubbiamente Teilhard fu ), dalle sue idee, si vedrà che dalle risposte raccolte anche queste emergono con sufficiente chiarezza. Per la nostra inchiesta, dovunque, con una sola eccezione, abbiamo incontrato mani tese, incoraggiamenti; dovunque si sono aperti archivi privati contenenti lettere e documenti a tutt’oggi inediti; e la Compagnia di Gesù, cui Teilhard appartiene, non ci è stata meno larga di aiuti degli studiosi e degli amici cui ci siamo rivolti.
L’impressione dominante che abbiamo tratto da tutti questi incontri, eccola in breve. Dovunque passò, Pierre Teilhard de Chardin lasciò il ricordo di un’altissimo ingegno e di una sconcertante bontà: tutti, difensori e avversari, si sono detti concordi su questo punto, a cominciare da Gabriel Marcel, il leader dell’esistenzialismo francese, che ebbe con Teilhard alcune polemiche rimaste famose: “ Teilhard de Chardin si muoveva su un altro piano”: ce lo siamo saentito dire dire cento volte. Vittima spesso di terribili crisi di angoscia, egli fu e rimase un ottimista di fronte al mondo, alla vita: in tutti cercava subito l’aspetto migliore, il lato positivo. Teilhard de Chardin amava l’uomo così come amava il mondo e credeva in esso. “Non mi sembra un caso”, scriveva ad un amico nel dicembre del 1917, “ che Dio mi abbia dato una così viva passione per il mondo e per Cristo. Dal momento che il loro doppio amore si concilia e si sostiene così fortemente in me, nella realtà dei miei affetti, non è questa la prova che esiste un punto di vista sotto il quale l’uno si ricollega all’altro? Per me accanto a una comunione con il mondo. E’ di questa comunione che mi sembra di essere l’apostolo”.
La vita spirituale di Teilhard de Chardin fu dominata da una specie di “sentimento” profondo della realtà organica del mondo, il sentimento di una convergenza generale su se stesso dell’universo, di una convergenza che culmina in Cristo: la creazione non è qualcosa di fatto una volta per tutte, la creazione è qualcosa che continua a farsi, la creazione è evoluzione. Dio non ha creato a una data X il mondo ma lascia piuttosto che il mondo continui a crearsi. Visione del cristianesimo prematura, incompleta? Il una lettera che Teilhard scrisse al padre generale dei Gesuiti, Janssens, nell’ottobre del 1951 da Città del Capo, egli ammetteva che Roma potesse considerarla tale per una serie di ragioni e avvertiva che, nonostante certe apparenze esterne, egli era ben deciso a restare obbediente e docile alla Chiesa ( “anche se non posso” aggiungeva, “senza provocare una catastrofe interna e senza essere infedele alla mia più cara cessare dal cercare”).
Fosse oggi vivo, Teilhard assai probabilmente non troverebbe nulla da ridire contro il monitum del Santo Offizio: quanto alle sue obbiezioni all’articolo dell’Osservatore Romano che lo ha accompagnato, se le sarebbe tenute per sé. E’ un punto da sottolineare: questo prete che ha conosciuto lunghi esili per le sue idee, era prete sino al fondo dell’anima, e prete cattolico e gesuita.
Ecco un’altra considerazione emersa dalla nostra inchiesta. Non tutto probabilmente è accettabile in Teilhard de Chardin: scienziato di prim’ordine, non era un teologo e alcune sue osservazioni non paiono tenere di fronte ad una critica agguerrita: Ma come ogni uomo di genio, come ogni artista, Teilhard de Chardin ci permette non di comprendere tutta la realtà ma di scoprire uno o più aspetti della realtà che sinora ci erano sfuggiti. Non si tratta insomma di leggere Teilhard: si tratta di saperlo leggere.
MASSIMO OLMI
(da l'EUROPEO n.36- 8 settembre 1965)
(seguono, in un l prossimo post, le prime testimonianze raccolte da Massimo OLMI)
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)