Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianze« Preghiera Propria | Intervista a Jean Guitton » |
Come abbiamo più volte citato Padre Teilhard venne "invitato" ad andarsene dalla Francia e dall'insegnamento con la scusa che in Cina avevano bisogno di lui per le ricerche paleontologiche. Ma come sappiamo il vero motivo era quello di allontanarlo per le sue idee evoluzioniste. Teilhard obbedì alla "Chiesa" e andò in Cina dove non si chiuse in se stesso e nel lavoro di paleontologo, ma si aprì al mondo circostante aprendosi con sensibilità alla cultura spirituale cinese e diventando di fatto anche un missionario della cristianità.
Il 18 ottobre 2006 Marco Nicolini-Zani tenne una relazione al "Centro Missionario PIME" di Milano sul tema: Una lunga storia di incontri: il missionario cristiano in dialogo con la cultura cinese. Voglio qui riportare alla vostra attenzione il passaggio in cui Marco Nicolini-Zani parla dell'incontro di Teilhard con la cultura cinese.
"Il missionario cristiano è chiamato a lasciarsi trasformare, a permettere che l’alterità cui si fa prossimo muti le proprie forme espressive esteriori e interiori. Questo lo avvicina a quella che è la terza tappa, o il terzo livello del dialogo, dell’incontro. L’accoglienza, all’interno della propria personale visione della realtà, del punto di vista dell’altro, dello sguardo e del pensiero dell’altro, resta il punto di arrivo mai raggiunto, cui sempre tendere; non in una «fusionalità» in cui l’altro si confonde con me ed è annesso al mio pensiero, ma in una reciproca ospitalità e accoglienza, che ha come fine la vera, profonda comprensione delle ragioni dell’altro. Come ha scritto Louis Massignon: «Per comprendere l’altro, non bisogna annettere l’altro a sé, ma divenirne l’ospite».
Siamo dunque al piano più profondo dell’esperienza dell’incontro e del dialogo, in cui il pensiero stesso dell’altro non è più estraneo, nella fattispecie il pensiero cinese. Evidentemente, questa meta non può che essere raggiunta se non attraverso un percorso di tutta una vita segnata dall’apertura e dall’ascolto dell’altro, di incontro in incontro, di dialogo in dialogo.
Il missionario cristiano che, attraverso questo percorso, è uscito da sé e si è lasciato permeare dal «mondo umano cinese», si troverà già naturalmente immerso anche nel «mondo spirituale cinese», essendo realtà umana e spirituale intrinsecamente connesse. Per «spiritualità cinese» si intende quell’ampio spazio in cui sono racchiuse tutte le relazioni dell’uomo cinese con le realtà terrene e ultraterrene, al cui interno vi sono anche le credenze religiose.
Fra i tanti esempi che si potrebbero citare a questo proposito, vorrei soltanto ricordare l’esperienza di ascolto della spiritualità orientale vissuta dal padre Teilhard de Chardin (che non sappiamo però attraverso quali letture sia passata), da lui accennata in vari passaggi del suo epistolario, e anche descritta in modo più sistematico in due saggi: “La route de l’Ouest” (“La strada dell’Occidente”, 1932), in cui paragona la mistica orientale alla mistica occidentale, e “L’apport spirituel de l’Extrême Orient” (“L’apporto spirituale dell’Estremo Oriente”, 1947). Sintetizzando, il padre Teilhard sentì la spiritualità orientale - quella cinese in particolare - a lui vicina, e la accolse, la ospitò senza timore nel proprio pensiero teologico cristiano, recependone in particolare alcune direttrici.
Innanzitutto, l’ampiezza e la vastità dell’orizzonte del pensiero orientale. Fin dai suoi primi anni in Cina, il pensiero di Teilhard viene come dilatato dalla “multiforme” alterità del pensiero orientale, le cui forme rivelano una tale esuberanza di «possibilità» nella filosofia, nella mistica e nella morale umane, che non ci si può affatto rappresentare un’umanità interamente e definitivamente racchiusa nell’angusta rete di precetti e di dogmi entro i quali alcuni si immaginano di aver sviluppato tutta l’ampiezza del cristianesimo.
In secondo luogo, la riflessione filosofica cinese sull’uomo. Del pensiero cinese antico, soprattutto della scuola confuciana, Teilhard de Chardin ritenne «un gusto persistente, e alla fine sempre vittorioso, dell’Uomo e della Terra». Nel saggio, “L’apport spirituel de l’Extrême Orient”, ripete la stessa convinzione: «Se è possibile e permesso condensare in una secca formula l’esuberante realtà diffusa in tremila anni di virtù, di arte e di poesia, non si potrebbe, non si dovrebbe forse dire che ciò che caratterizza l’anima della vecchia Cina è il gusto, molto più che la fede, nell’uomo?».
In terzo luogo, la riflessione, soprattutto taoista, sull’armonia cosmica e il costante divenire cosmico, fondato sulla dualità dinamica di “yin” e “yang”, e la sua tensione verso l’Unità. «La grandezza incomparabile delle religioni dell’Oriente - scrive Teilhard - è quella di aver vibrato come nessun’altra della passione per l’Unità». Infine, la speculazione filosofica (mistica) buddhista. Teilhard pare sia stato sedotto soprattutto dalla scuola buddhista della “Terra Pura” (“amidismo”); su questo si confrontò anche con il confratello Henri de Lubac, conoscitore e studioso di questa scuola. Da ciò che possiamo intendere dai suoi scritti, Teilhard fu particolarmente affascinato dalle elaborazioni filosofiche del buddhismo antico.
Padre Jacques Leclerc, un prete cattolico francese che ha vissuto per un certo periodo in Cina in tempi più recenti, conferma questo piano più profondo dell’esperienza dell’incontro e del dialogo. Scrive Leclerc nella sua autobiografia spirituale: «Ecco la ragione più importante della mia vita in Cina: lasciar crescere (in me) l’uomo spirituale. L’uomo non è spirituale se non nell’alterità, nell’ospitalità. I cinesi sono un’alterità molto esigente. Essi mi danno la possibilità di diventare quest’uomo nella sua umanità spogliata, in cammino, affamata, svuotata, e autentica... in una parola, l’uomo spirituale».
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
https://blog.libero.it/bionoogenesi/trackback.php?msg=5231052
I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun Trackback
" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)