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Sul centonove per Box Hill

Post n°11 pubblicato il 23 Novembre 2008 da garfield007

Ieri sera. Le gocce di pioggia si accendono insistenti, arancioni, intermittenti, contro il buio dietro i vetri del tram. Le due ragazze vestite di nero, con piercing e spillette, sedute di fronte a me, si baciano. Al mio fianco siede il loro amico. Sembrano simpatici, ascolto la loro conversazione divertente, e poco dopo scendono. Dopo il caldo della scorsa settimana che ha portato le temperature a oltre trenta gradi, negli ultimi giorni sono scese di circa quindici o venti gradi, tanto che per uscire la sera ho indossato maglione, giacca pesante e sciarpa. E ombrello. Perché pioveva, per qualche minuto, prima di smettere e poi ricominciare. Ma pioveva.

Qualche giorno fa. Ho dimenticato da qualche parte l'ombrello, così ne ho acquistato uno nuovo al negozio di souvenir (il primo ombrello che ho visto), per cinque dollari (due euro e cinquanta circa), che vale esattamente quel ridicolo prezzo.

Ieri sera. Dato che sono rimasto a casa quasi per tutto il giorno (sono uscito solo per fare la spesa e comprare un po' di frutta e verdura per evitare il collasso del mio fegato), ho deciso di uscire la sera, per una fetta di torta al limone e un bicchiere di latte in un bar del centro. Anche se non ne ho molta voglia in realtà. Alla stazione mi spiegano che non ci sono treni diretti per il CBD in quanto stanno lavorando sulla linea. Se voglio ci sono autobus che portano alla prima stazione operativa, oppure il tram. Brutto segno, forse è il caso di rincasare. Invece indomito prendo il tram, mi sembra la soluzione più rapida, e arrivo in centro ad un bar. Chiedo la torta e un bicchiere di latte caldo, lasciando logicamente interdetto il cameriere, e, intudendo che non c'è speranza, lascio perdere e ordino un "latte" (praticamente un caffé-latte, molto più normale per i parametri locali). Poi mi avvio nuovamente verso casa.

Due giorni fa. Essendo stato colto dai morsi della fame, sono entrato in un McDonald che si trova sulla Collins, la strada delle boutique (da Bulgari, a Prada, da Armani a Luis Vuitton e compagnia). Essendo appunto locato in questa strada, il McDonald ha adeguato l'arredamento e l'atmosfera, con dei tavoli postmoderni neri, dei piccoli divanetti rossi dove sedersi, la musica di Nina Simone, e uno schermo al plasma con Il castello errante di Howl. Come al solito i commessi di McDonald non capiscono quello che dico, quindi ripeto due volte l'ordinazione. Prendo il mio vassoio con le solite patate, panino e bibita, lo appoggio sul tavolo e cerco una cannuccia. Quando torno noto che due sudamericane stanno sghignazzando rivolte al mio vassoio e mi chiedo cosa ci sia di così esilarante. Poi noto che un uccellino sta mangiando le mie patate. Qui è abbastanza frequente che degli uccellini entrino nei locali (non tanto che si cibino delle portate dei clienti), ormai mi ci sono abituato. Mi si presenta un dilemma: le patate sbocconcellate dal volatile le mangio o non le mangio? L'uccellino si è preso una patata, che gli lascio volentieri, ma non so se abbia toccato le altre. Alla fine decido di mangiarle comunque: ci sono più probabilità di prendere l'epatite sedendosi in treno per cinque minuti. Vedo che il piccolo volatile continua a tornare, e porta degli amici, si sparge la voce. Così, per non deludere le aspettative, novello San Francesco, distribuisco patate fritte di nascosto agli uccellini, stimando che, se non lo è per me, non debba essere cosa semplice per un volatile ordinare da mangiare da McDonald.

Ieri sera. Dopo la torta e il latte, riprendo il tram e siedo di fronte alle due ragazze vestite di nero. Scendono e il tram riparte. Giunge ad un grande viale fuori dal centro. I binari passano tra due file di alberi, in mezzo ad un tratto di erba. Si ferma. Ma non c'è una fermata. Non mi è chiaro quale sia il problema. Voci concitate. C'è chi sorride. La conducente esce dalla cabina di guida e poi capisco. Un'auto è finita in mezzo ai binari e si è arenata. Scendono tutti. Poco dopo la conducente fa salire sul tram le due tizie visibilmente pallide e scioccate che stavano sull'auto. Tremano impaurite. Arriva anche la polizia. Scendiamo tutti in mezzo all'erba, nel pantano. E' buio e piove. Il mio ombrello da cinque dollari non rimane aperto, e lo devo reggere con entrambe le mani perché col vento non voli via dando luogo a una gag degna di Mack Sennet. Al mio fianco una ragazza orientale col cappuccio, le chiedo galante se vuole riparo, ma sorride e declina. Ci chiediamo stupiti come abbia fatto l'auto a finire lì in mezzo, e da che parte ci sia entrata. Alcuni sorridono, altri no. Sono l'unico con l'ombrello. C'è chi usa un sacchetto di plastica. Poco dopo arriva un altro tram, sull'altro binario, quello libero, e ripartiamo. Devo dire che la cosa è stata risolta abbastanza velocemente, in Italia saremmo stati ancora lì, ma per un dieci minuti buoni mi è sembrato di essere in un film di Bunel. Un po' troppo per un caffè.

Tuttavia, non mancate di sfogliare Duemiladuecentodiciotto, Giraldi editore, il romanzo del mio promotore finanziario Davide De Lucca.

 
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