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Quando la Sindone beffò Hitler

Post n°29 pubblicato il 21 Aprile 2010 da ilsitodelmistero
 

tratto da La Stampa di Torino
07/04/2010 - UN GIALLO STORICO

Quando la Sindone beffò Hitler

Adolf Hitler in un'immagine scattata prima della guerra

Adolf Hitler in un'immagine scattata prima della guerra

«Nascosta nel ’39 nell’Abbazia di Montevergine e i nazisti non la trovarono mai»

MARIO BAUDINO

TORINO

La Sindone fu nascosta per tutta la guerra nell’Abbazia di Montervergine, non solo per metterla al riparo dai bombardamenti. C’era il timore che i nazisti volessero sottrarla. L’ha rivelato alla vigilia di una mostra che sta preparando nella biblioteca del complesso campano il direttore, padre Andrea Davide Cardin; lavorando sulle carte ha messo insieme un puzzle suggestivo, quasi un giallo storico.

Il trasferimento del Sacro Lino è documentato: fu portato in gran segreto nel ’39 e restò sotto l’altare della cripta fino al ’45. I frati non ne seppero mai nulla, solo l’abate e il suo vicario ne erano a conoscenza, e anche a corte la notizia restò circoscritta a pochissime persone. Ma quando il lenzuolo tornò finalmente a Torino, l’arcivescovo cardinal Fossati pubblica sulla «Rivista Diocesana» una lettera ai fedeli, in cui diceva che era stato giusto celarlo «perché l’invasore si affrettò a chiedere notizia».

Basta per immaginare una caccia alla Sindone da parte di Hitler? Padre Cardin ne è convinto. Al telefono, dalla sua preziosa biblioteca, ci spiega che allo scoppio della guerra, quando la Sindone venne trasferita al Quirinale, nella cappella di Guido Reni, il re prese contatto col Vaticano per trovarle un rifugio Oltretevere. Gli fu risposto - e ci sono le lettere in proposito, insiste padre Cardin -, che non era opportuno; il Vaticano stesso era ritenuto «insicuro».

«In quel momento il Papa non si sentiva al riparo da minacce naziste. Ragion per cui il cardinal Montini si attivò per Montervergine. Col mandato di tenere la reliquia nascosta a chiunque». Il racconto del bibliotecario compare oggi sulla rivista «Diva e Donna», dove si dice che nel ’43 i tedeschi fecero irruzione, ma i monaci finsero di pregare sull’altare dove era nascosta, e la protessero quindi con i loro corpi. «Non può essere andata così - è però la replica - i monaci non sapevano nulla. L’irruzione dei tedeschi fu una perquisizione come tante altre. In realtà il segreto non trapelò mai».

Lui non c’era, (ha 60 anni), ma i suoi documenti sono al proposito categorici. Hitler, se davvero cercava il Sacro Lino, fu beffato. Ma lo cercava davvero? Molti studiosi del «nazismo magico» risponderebbero che è probabile. Lo storico Franco Cardini ha qualche dubbio. Ha scritto anche un paio di gialli con Leonardo Gori, dove si immagina che le SS cerchino di sottrarre tutti i più noti simboli del potere materiale e spirituale dell’umanità per concentrare in Germania la loro potenza, forse non solo simbolica.

«Ma il nostro - dice - è un divertimento letterario. In realtà si è troppo ricamato sulle tendenze esoteriche di Hitler, e ne sono nate leggende». La più nota è quella della «lancia di Longino», che, secondo la tradizione ha ferito il costato di Cristo, conservata a Vienna nel tesoro imperiale. Hitler la fece trasferire a Norimberga. Venne recuperata dal generale Patton. Però, aggiunge Cardini, quando si racconta questa storia si dimentica che i nazisti portarono via tutto il tesoro, e non solo la lancia.

Altrettanto celebre è la caccia al Sacro Graal, il calice che avrebbe, secondo la tradizione cavalleresca, accolto il sangue della crocifissione. La parte più esoterica del nazismo, che faceva capo a Heinrich Himmler, era in effetti interessata all’argomento. E quando un giovane filologo, Otto Rahn, cominciò a scrivere di averne riconosciuto la vera linea storica in Linguadoca, il gerarca lo prese sotto la sua protezione. L’avventura finì male, nel ’39, con il suicidio dello studioso, prigioniero di un gioco più grande di lui, e uno strascico di ricostruzioni contraddittorie su ricerche successive, armi alla mano, negli anni della guerra.

Se Himmler e i suoi scagnozzi avessero fiutato la pista di Montervergine, la Sindone avrebbe fatto una brutta fine. Il disastro era in agguato, ma fu evitato. Anzi, se ne evitarono due. Per la prima ipotesi di trasferimento, poi scartata, ci ricorda ancora padre Cardin, si prese infatti in considerazione l’Abbazia di Montecassino: quella che le bombe alleate avrebbero raso al suolo nel ’44.

 
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