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El culin del latt

Post n°158 pubblicato il 21 Aprile 2007 da redazione_blog
 

immagineCon una madre nata, come diceva sempre mia nonna, all'ombra della Madonnina e un padre calabro-campano, in casa si è sempre parlato prevalentemente in italiano. Con tutte le eccezioni del caso: la nonna che si rivolgeva a mio padre in calabrese stretto, l'altra nonna che infarciva di espressioni meneghine le sue conversazioni, riunioni familiari nel corso delle quali - a seconda della preponderanza dell'uno o dell'altro gruppo familiare - gli adulti scivolavano senza problemi nell'uno o nell'altro dialetto. Inclusi i buffi tentativi di imitazione di uno zio, sempre redarguito da mia nonna che sanciva che nemmeno un sordo lo avrebbe mai scambiato per un milanese.
A scuola, poi, il dialetto era bandito, anche perchè nella nostra zona le percentuali autoctone sono sempre state bassine, grazie anche alle forti presenze originarie di Veneto, Calabria e Puglia.  
Trovo dunque particolarmente interessanti
i dati diffusi oggi dall'Istat sull'utilizzo dell'italiano, dei dialetti e delle lingue straniere nelle famiglie italiane. Secondo l'Istituto, [...] le persone che parlano prevalentemente italiano in famiglia rappresentano nel 2006 il 45,5% della popolazione di sei anni e più (25 milioni 51 mila). La quota aumenta nelle relazioni con gli amici (48,9%) e in maniera più consistente nei rapporti con gli estranei (72,8%).[...]
Il che, letto dalla prospettiva opposta, significa che il 54,5% della popolazione in famiglia si esprime prevalentemente in dialetto.
Naturalmente, tutte queste percentuali cambiano - e sensibilmente - in ragione della zona geografica, dell'età, del livello di istruzione, con tutta una serie di variabili e di indicatori che sono ben illustrati nel documento.
Devo dire che, pur non parlandolo e non avendolo mai parlato di fatto, del dialetto apprezzo certe ricchezze espressive difficilmente riproducibili poi in italiano.
Quando mio padre, con tono scherzoso, dà a mia madre della regiura, (cosa per la quale lei, di carattere mite e mansueto in genere si adombra un po'), le riconosce un ruolo che un semplice padrona di casa non rende. Così come quel l'è mej piutost che ogni tanto gira anche tra amici, ha una valenza completamente diversa rispetto all'uovo oggi del proverbio italiano.
E se il tacabutun ha - riconosco - piena dignità anche in italiano, quel te set propri come el culin del latt resta per me del tutto intraducibile se non con un giro di parole che fa perdere tutta la ricchezza immaginifica dell'espressione dialettale.

[nota a margine: il calabrese lo capisco molto meno. Soprattutto non so scriverlo. Ecco perchè non mi ci sono azzardata]
[seconda nota a margine: meno divertente, ma un po' più inquietante è la questione relativa alle lingue straniere. Ma devo ancora guardare bene le tabelle]
[la foto è di Marcello Bertinetti]

scritto da SandaliAlSole su: Sconfinando

 
 
 
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