Creato da redazione_blog il 10/12/2006

BLOG PENNA CALAMAIO®

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oogle è un parassita. A dirlo, senza mezzi termini, durante il convegno “Giochiamoci il futuro” organizzato a Capri da Between è Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo Editoriale L’Espresso.
La dichiarazione si colloca nel contesto più generalizzato di una querelle che da tempo anima il mondo dell’editoria nei confronti di Google News, accusato di aggregare le notizie tratte dagli organi di informazione, traendone un profitto e non fornendo in cambio agli editori italiani alcuna forma di remunerazione (diretta) ed anzi, pregiudicando le opportunità per gli editori on line di far convergere sulle proprie pagine web investimenti pubblicitari.
Premetto che la posizione assunta a suo tempo dalla Federazione Italiana Editori Giornali nei confronti di Google News non mi vede concorde. Google News infatti, nell’aggregare i titoli di Giornali, al pari di qualsiasi altro aggregatore di notizie, rimanda ad un link attraverso il quale poter leggere il contenuto direttamente sul sito di origine. Altrettanto avveniva già prima dell’esistenza di Google News da parte di Yahoo Notizie (ma nessuno se l’è avuta a male…chissà perché?).

Le parole di De Benedetti invece mi suscitano più ampie riflessioni sul mercato di internet e quelle riflessioni coinvolgono anche noi blogger e più in genere i cittadini di internet. De Benedetti afferma, testualmente, che: "Il motore di ricerca non può vivere da parassita. Raccoglie 400 milioni di pubblicità senza fornire alcun prodotto, ma veicolando i nostri contenuti. Non può continuare a trarre un profitto colossale dai nostri contenuti, è assurdo e non esiste."

Vero! Google, inteso in senso lato come motore di ricerca o in senso stretto come Google News non fornisce un prodotto, bensì un servizio e la genialità dell’azienda di Mountain View ha effettivamente fatto sì che i profitti, sui servizi forniti, fossero e siano colossali. Ma stiamo parlando pur sempre di  mera indicizzazione di notizie o contenuti in genere, non di uno sfruttamento più diretto di contenuti altrui, sfruttamento che, pure, su Internet è praticato senza scandalo da parte di quasi tutti i portali e social network.

Eppure De Benedetti se ne risente e chiede senza troppi giri di parole  che l’Editoria possa partecipare alla spartizione della torta:Non si può prendere una cosa senza pagarla”.
Google fa paura, non c’è che dire mentre, nessuna paura e scarsissima considerazione fanno coloro che rendono vitale e proficuo il grande mercato di internet: NOI!
Proviamo infatti a traslare le parole di De Benedetti sui contenuti prodotti dai netizen, tanto più che essi sono di gran lunga superiori per quantità rispetto a quelli provenienti dagli editori on line!


  "Google non può continuare a trarre un profitto colossale dai nostri contenuti"

Se al posto di Google  scriviamo il nome di un Service Provider, il nome di una piattaforma blog, il nome di un social network, il nome di un servizio di sharing (sia esso riservato ai video o ad altri tipi di file quali immagini o mp3), scopriamo improvvisamente che le vittime di uno sfruttamento a sbafo dei contenuti altrui per trarne colossali profitti SIAMO PROPRIO NOI!
In sostanza chiedo l’intevento della Triplice sindacale o in parole povere di CGIL, CISL e UIL per noi  che siamo la manovalanza in nero del web!

Scherzo ma non troppo. E’ infatti impensabile che si continui a prendere a piene mani dagli utenti dando loro in cambio solo briciole o un piatto desolatamente vuoto.

I Service ed Hosting  Provider guadagnano sui nostri contenuti, registrano accessi sulle proprie pagine grazie ai nostri contenuti, guadagnano sugli investimenti pubblicitari di terzi in virtù degli accessi che i nostri contenuti sono in grado di generare e se la cavano con la barzelletta di fornirci servizi gratuiti. Altrettanto dicesi per i social network e per le piattaforme di sharing.
Le società di Advertising a loro volta, ovvero quei servizi che gestiscono la pubblicazione di banner pubblicitari sulle pagine web, hanno ideato per noi utenti di internet una strana forma di remunerazione, comunemente detta “Pay per Click”. Questa espressione significa che quando apponiamo di fianco ai nostri contenuti dei banner pubblicitari , veniamo remunerati (di solito con cifre risibili), solo se chi ci legge realizza il fatidico click sul banner promozionale: come dire che se un giornale vende il proprio spazio pubblicitario ad Aiazzone, potrà essere pagato solo previa verifica che chi ha comprato il giornale abbia poi fatto un giretto in negozio per comprarsi una cucina o un salotto! Eh no! Mica fuori dal web succede così!
Eppure i dati dicono che la pubblicità on line stia sottraendo sempre più clientela ai venditori di spazi pubblicitari tradizionali. (Non a caso il mondo dell’editoria è un tantinello incazzato con il web). Quindi la pubblicità on line è remunerativa per le aziende che vi ricorrono, ma i publisher (blogger, webmaster, gestori di forum) che inseriscono banner pubblicitari di fianco ai propri contenuti, non riescono neanche a passare il dito sulla torta per dargli un' appagante leccatina, figuriamoci gustarne una fetta! (SLURP!)

In tutto questo noi continuiamo a comportarci da gregge neanche belante, bensì maledettamente silente.
Non si prova né ad organizzarsi in associazioni di utenti, né ad autogestirsi per la auto-produzione di quei servizi che altri dicono di fornirci gratuitamente.
Sapete che esistono in rete script per creare in poche ore un portale di contenuti? Sapete che esistono in rete script per riprodurre senza troppa difficoltà social network simili a Facebook? Ciò nonostante non mi risulta che una piattaforma web sia mai stata autoprodotta da un’associazione di utenti.

Continuano invece a proliferare iniziative delle quali non cogliamo l’obiettivo recondito. Prendiamo ad es. la recente introduzione del tasto “Mi Piace” nelle nostre fotogallery su Libero. Tralascio il fatto che  ai Gold User si era garantito (tra le altre cose) di poter inserire banner adsense su TUTTI i propri contenuti e che invece nelle pagine della fotogallery ciò non è possibile. Vi chiedo piuttosto: chi è in grado di cliccare il tasto “Mi piace”? Ovviamente solo chi è già iscritto a Facebook!
Quando uno di noi clicca il tasto in questione, sul suo profilo di Facebook, gli amici che abbiamo su quel social network sono indotti a visitare le nostre foto pubblicate qui su Libero. Quindi Libero riceve visite grazie ai nostri contenuti e non ci ringrazia del favore in alcun modo, anzi, impedisce a noi utenti di inserire autonomamente il bottone “Mi Piace” sotto i nostri post. Furbi vero? Anche perché a Facebook non regalano niente ed in cambio possono invece ricavarne nuovi iscritti. Stesso discorso vale per le nostre fotogallery quando sono "lanciate" in home page di portale.

Circa un mese or sono ho ricevuto sulla mail del nick redazione_blog la proposta di una società che si occupa di pubblicità on line tramite il sistema del “Pay per Post”.
In sostanza, valutando il pagerank di Blog Penna Calamaio, la natura dei contenuti da me prodotti, il numero di visitatori e commentatori, mi è stato proposto di scrivere di tanto in tanto ed a pagamento, post di recensione per prodotti, servizi, eventi o quant’altro.
Il tutto, dichiarando in modo trasparente ai miei lettori che quei dati post avevano carattere di sponsorizzazione. Inutile dirvi che se avessi accettato, considerata la “esposizione” di Blog Penna Calamaio, sarei stata bannata all’istante. Non mi è rimasto che chiedere ai responsabili del portale come comportarmi.
Sono ancora in attesa che prendano una decisione per me e per gli altri blogger di Libero ai quali è stata offerta questa opportunità e per quelli ai quali presumibilmente sarebbe stata offerta in futuro.
Presumo “ci stiano lavorando” che, detto in parole povere potrebbe significare “trovare il modo di guadagnarci anche loro qualcosa, altrimenti, NISBA!”.

Nel frattempo in Home Page di portale, tra i cd. blog del giorno o blog in evidenza, compaiono blog che pur non essendo Gold espongono spudoratamente banner pubblicitari non autorizzati e di circuiti differenti da adsense.

Nel frattempo i siti “segnalati da Libero” sulle “pagine ad alto traffico” del portale espongono banner adsense pur senza essere Gold e sono anzi, siti che, “stranamente” non sembrano prodotti da utenti bensì fatti “con lo stampino".
Non che non vi siano siti di comuni utenti pieni zeppi di vari banner pubblicitari, pur non essendo dotati della stella Gold. Però li si tollera, cosa che a Calamaio per altro genere di iniziativa remunerativa non sarebbe possibile in forza della sua "esposizione". Comunque è da tempo immemorabile che  non vedo comparire in home page, siti che possano davvero definirsi “amatoriali” e prodotti da noi utenti.
Scusate se è poco, ma se De Benedetti dice che Gooole è parassita, noi utenti cosa dovremmo dire di chi "ospita" i nostri contenuti su social network, piattaforme blog e siti di sharing?

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