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Vecchie monelle (parte prima)

P

uò un’automobile rivelare i gusti, il carattere, lo stile di vita e la personalità del proprietario?
In linea di massima io sono convinta di si, forse perché in fatto di automobili (ma anche di moto), non ho mai fatto delle scelte tradizionali, con la conseguenza che riguardo alle vicende di “Ross e i motori” ne avrei di storielle da raccontare.

La prima volta che posai gli occhi  su di una quattro ruote avevo appena 14 anni ed ero già sufficientemente motorizzata con una vespa 50 R special, rigorosamente bianca, sulla quale avevo montato il sellone della 125, il bauletto anteriore chiuso,  il portapacchi cromato posteriore  ed udite udite, (all’insaputa dei miei genitori) soprattutto una potente “preparazione” che faceva schizzare la mia due ruote ben oltre i suoi limiti naturali di velocità. Ero una vera peste!
Di norma accadeva però che, in una famiglia con tre figli (tutti iper motorizzati),  ogni anno qualcuno di noi si ritrovasse in ospedale con le gambe rotte e con una moto distrutta in garage.
Questo rendeva ogni anno più arduo estorcere ai nostri genitori un SI per il successivo acquisto di un veicolo a motore.
Personalmente alla giovane età di 14 anni io avevo già da farmi perdonare una vacanza in montagna andata a monte, 6 mesi di sedia a rotelle, il rischio (scampato) di perdere un anno scolastico per l’incidente che avevo subito, mesi e mesi di varie ingessature e fisioterapia e soprattutto, il fatto che, ancora ingessata (con il gambaletto) io non solo avessi ripreso a guidare la vespaccia, ma, avessi anche l’ardire di caricarmi sul sellone una (talvolta anche due ^__^) compagne di scuola, non disdegnando persino quella che,  come me, indossava a sua volta una vistosa ingessatura alla gamba sinistra.
Con queste premesse io ed i miei fratelli per ottenere il fatidico SI da mio padre avevamo adottato la tattica dell’asfissiamento, consistente nel “menarsi alla centralina” (come diciamo qui a Bari), cominciando a chiedere in modo del tutto petulante anni prima, quello che avremmo voluto ottenere anni dopo. Gioco forza il primo che l’avesse spuntata, agevolava implicitamente gli altri due, per la regola, cui era difficile sottrarsi, del “perché a lui/lei si ed a me no?
Del resto mio padre in famiglia era famoso per l’assoluta incapacità di dire NO; di norma lui prendeva tempo con un diplomatico “poi vediamo” e pensava così di essersi salvato, salvo rendersi conto di lì a poco di essersi avventurato in una strada senza uscita: quella che lo avrebbe condotto allo sfinimento se prima o poi non avesse detto di SI!

Quel giorno invece non fu necessario neanche iniziarla la pratica molesta dell’asfissiamento!
Attraversavo la strada con mio padre quando lei mi apparve parcheggiata ed in stato di abbandono in una via che percorrevamo giornalmente.

 

Fu un vero e proprio colpo di fulmine ed avvezza come ero a condividere la passione paterna per tutto ciò che fosse antico, mi bastò guardare il babbo negli occhi per chiarirgli che, da lì ai quattro anni successivi che mi separavano dal conseguimento della patente, gli avrei rotto letteralmente le balle se non mi avesse regalato quell’auto.
In realtà non fu necessario neanche corromperlo con baci e carezze o con tutte quelle strategie di accerchiamento che una figlia di solito utilizza per rincretinire completamente il proprio papà.
Lui infatti si piantò di botto sul marciapiede al par mio, cominciò a gironzolare intorno alla Morgan con uno sguardo avido quanto quello della sua figlia precoce e, quando lo vidi prendere la penna ed annotare la targa, capì a priori che sarebbe cominciata la nostra caccia al tesoro.
Lei era una Morgan degli anni ’30 praticamente identica a quella della foto, salvo per il colore (bordeaux e nero) e per il fatto che fosse ridotta malaccio.
L’abbiamo inseguita per tre anni, con le difficoltà burocratiche che all’epoca c’erano per risalire al proprietario di un’auto che era evidentemente passata di mano in mano.
Quando finalmente la nostra caccia al tesoro portò i suoi frutti dovetti tuttavia rassegnarmi al fatto che la Morgan sarebbe rimasta un sogno irrealizzato: il proprietario era del tutto riluttante a venderla e trovarne un’altra sarebbe stata una vera e propria impresa.
Avevo 17 anni!  Consapevole che mi rimaneva un solo anno di anticipo per l'esercizio della strategia di asfissiamento con relativa  rottura di balle al papà,  cominciai a puntare su un obiettivo più fattibile.
Una 500? Una 126? Una mini minor?
Eh no, niente di tutto questo! Sono proprio convinta che la scelta dell’automobile rispecchi la personalità del proprietario.
Io cominciai a puntare su di lei

 

 

Datemi il tempo di scannerizzare le foto della mia Mehari, oscurando i volti dei “pochissimi” passeggeri che ero solita caricarmi a bordo e vi racconterò cosa sono stata capace di combinare con quell’auto per circa 7-8 anni.
Poi scoprirete il mio successivo acquisto ed il motivo per il quale in questo periodo sono poco presente in community: ho una vecchia monella da restaurare e da iscrivere finalmente al registro delle auto storiche!
Intanto chiedetevi cosa ho evidenziato col cerchio azzurro nella penultima foto ed a cosa servisse quel forellino che ho evidenziato  nella foto successiva e non dimenticatevi di raccontarmi delle vostre auto e confessare le vostre avventure giovanili ;-)

 

Ed anche Diana oggi parla di Vecchie Monelle...e che Monelle! Potete leggerla
qui

 
 
 
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