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SCOPRIRSI RESILIENTI ...

Qualche giorno fa, in occasione della Giornata della Memoria, qualcuno mi ha fatto notare di rimanere spesso stupefatto di fronte alla capacità che hanno avuto certe persone di far fronte al trauma e di riuscire, malgrado tutto, a ricostruirsi una vita. Come non stupirsi?
Reduci dei campi di concentramento, ma anche bambini e adolescenti con alle spalle storie di maltrattamenti e di abusi, donne che portano i segni di ferite fisiche e psicologiche difficili da rimarginare, persone sopravvissute a calamità naturali o a eventi bellici, i quali riescono a fare i conti con le loro parti mutilate e offese e ad autorealizzarsi in campi diversi dell’esperienza, rappresentano testimonianze viventi di come risorse psicologiche inattese possano modificare il corso degli eventi.
Oggi si parla, prendendo a prestito un concetto di appartenenza della fisica e della chimica, di resilienza, ovvero della capacità che ha un corpo di sopportare l’impatto, di reggere l’urto …
Queste persone sono state in grado di entrare in contatto profondo con le  ombre nere del loro trauma, non per negarlo o dimenticarlo (visto che non sarebbe di certo possibile), ma per rielaborarlo e trasformarlo in prospettiva di un nuovo progetto di vita, accettando la propria fragilità esistenziale e trovando in essa un motivo di forza e uno stimolo per andare avanti.

Come ci siano riusciti, la psicologia, ancora troppo ancorata a modelli interpretativi “catastrofistici”, attualmente non è in grado di spiegarlo. Certo, relazioni sentimentali solide, legami forti di amicizia, talento e particolari predisposizioni, senso innato dell’ironia, sono tutti fattori che possono aver inciso … ma perché alcuni sì, altri no? Eppure sarebbe importante saperlo, o quanto meno avere un’idea al riguardo … perché sono convinta che trarre spunto dalle biografie di queste piccole grandi persone aiuti a formare e ad autoformarsi, a crescere e a far crescere la forza unita alla speranza, per fare in modo che i giovani non siano sordi alla sofferenza propria e degli altri.

Oggi si ha paura del dolore, oggi si ha paura parlare della morte. Si preferisce consumare il momento, afferrare l’effimero … Guardare negli occhi la nostra vulnerabilità esistenziale è per molti di noi un pericolo da cui fuggire,  per altri un vezzo speculativo per filosofi in carriera.
Eppure proprio oggi, epoca di grandi squilibri e sovvertimenti, educare alla resilienza è una necessità di vita, perché è solo partendo dal trauma che si può superare il trauma, perché, come il fior di loto nasce dallo sterco, è solo dalla morte che può sprigionarsi una sofferta (perché partorita nel dolore e dal dolore) ma meravigliosa scintilla di Vita e di Speranza.

Scritto da Morton0     su: Scherzo o Follia?

Commenti al Post:
kayfakayfa
kayfakayfa il 31/01/08 alle 10:56 via WEB
Forse è banale eppure non si può escludere che la cosiddetta resilienza sia parte integrante del DNA di determinate persone o gruppi familiari per cui, così come in ambito animale il più forte si afferma sul più debole per la prosecuzione della specie e perché si compia la selezione naturale per avere una "razza" sempre nigliore, non si può escludere che ciò accada in campo umano.
 
redazione_blog
redazione_blog il 31/01/08 alle 12:30 via WEB
Io non credo si tratti di qualcosa di innato. Credo piuttosto che il carattere e la personalità di ogni individuo siano il frutto di una serie di agenti, alcuni riferibili al contesto.
Certo non parlo della sopravvivenza nei campi di concentramento, rispetto alla quale possono aver influito altri fattori come la resistenza fisica, la tempistica degli eventi e persino la fortuna o la casualità. Parlo del dopo. Della capacità di superare il trauma (quello nello specifico e gli altri in generale che l'uomo incontra durante il suo percorso di vita).
A mio avviso entrano in gioco molti fattori, i cui embrioni si formano sin dall'infanzia e si consolidano attraverso un humus di relazioni, legami affettivi e contesti sociali, per poi creare quella base, quella forza interiore cui si attinge per affrontare le avversità o, semplicemente, per superare e/o contenere la propria soffrenza.
 
morton0
morton0 il 31/01/08 alle 17:04 via WEB
Direi che entrambe le componenti, quella innata e quella appresa, sono importanti, anche se tra le due sarei più propensa a dare un peso maggiore alla seconda, non fosse altro perchè ci dà la possibilità di lavorare per costruire qualcosa
 
stelladanzanteforeve
stelladanzanteforeve il 31/01/08 alle 17:08 via WEB
credo che occorra molta forza di volontà, per voler cambiare pagina, per rinascere dalle ceneri.. ma è possibile,è questo ci deve confortare, un saluto. Marie
 
ventodamare
ventodamare il 31/01/08 alle 17:36 via WEB
Nel passato mi e' capitato di pensare ad un dolore inevitabile come ad una difficolta' insormontabile, una prova che difficilmente avrei superato. Invece al momento del bisogno, ho sempre trovato dentro di me la forza di reagire e di accorpare in me il dolore senza che l'onda emotiva mi travolgesse e di pensare al domani.
 
 
morton0
morton0 il 31/01/08 alle 17:57 via WEB
Enzo, se ti interessa, ti consiglio un libro splendido. E' di Boris Cyrulnik, lo psicologo reduce dai campi di concentramento che si è occupato di resilienza, e si intitola "Il dolore meraviglioso". E' veramente bello, perchè è scritto in forma narrativa e con un linguaggio che va diritto ai sentimenti ^__^
 
luisa.gandi
luisa.gandi il 31/01/08 alle 17:52 via WEB
riscrivo quel che il sistema pieno...non ha potuto riportare qui.... dicevo che non so se sono dotata di questa resilienza...non so se ci si cresce o se si acquisisce con il trascorrere della vita...io ho passato tanti anni in cui mi sarei augurata di morire.... ma non l'ho fatto...ho preferito lavorare a fondo su di me per uscirne...non so cosa sia stato... ..non lo sapro' mai...ma spesso leggendo tanti testi sui campi di concentramento davvero mi sono chiesta come CERTE persone siano uscite vive e tutto sommato sane da quei posti... mi restano tanti punti interrogativi...mi fermo qui... ci devo pensare...
 
 
morton0
morton0 il 31/01/08 alle 18:06 via WEB
Tutti ci dobbiamo pensare, Luisa, ma è di conforto credere che ce la si possa fare. Certo, come diceva Ross, ci sono tanti elementi che possono giocare a favore (o a sfavore): relazioni sentimentali stabili e soddisfacenti, amici (magari pochi ma buoni), ma anche sostegno sociale. Tuttavia sono convinta che è solo la miscela misteriosa, ancora tutta da capire, che può far nascere il fiore di loto. La presenza o l'assenza di un singolo elemento non fa necessariamente la differenza ...
 
pimpirinella75
pimpirinella75 il 31/01/08 alle 21:57 via WEB
"è solo partendo dal trauma che si può superare il trauma..." Come sempre le tue parole mi fanno riflettere....
 
 
morton0
morton0 il 01/02/08 alle 20:34 via WEB
grazie ^__^
 
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