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The L Word (una serie televisiva semplicemente geniale!)

Post n°967 pubblicato il 24 Settembre 2012 da redazione_blog

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E’ difficile fare serie geniali. Ci sono Serie Tv molto belle e serie geniali. The L Word è geniale!
 
     The L WorldBette e TinaAlice e TashaShane e CarmenTina Kennard

The L World è una serie televisiva statunitense prodotta dalla Showtime e trasmessa in Italia su La7 e sul canale satellitare Jimmy.
La sua peculiarità sta nell’aver posto sotto i riflettori ed all’attenzione del grande pubblico, lo stile di vita e le problematiche dell’universo omosessuale femminile.
La serie infatti ruota intorno alla quotidianità di un gruppo di amiche, prevalentemente lesbiche e bisex, affrontando in modo trasparente e diretto alcune tematiche complesse, come l’inseminazione artificiale, il coming out, il matrimonio gay, i conflitti interiori legati al cambiamento di sesso, nonché tutte le difficoltà connesse all’accettazione dell’omosessualità nei vari contesti sociali.
Nonostante gli argomenti siano delicati e le scene talvolta esplicite (cosa per la quale se ne consiglia la visione ad un pubblico adulto), The L World ha il merito di coinvolgere affettivamente lo spettatore anche non omosessuale, immergendolo emotivamente nella diversità.

Il messaggio non viene trasmesso in forma di campagna ideologica, bensì grazie all’intreccio delle vicende che, al riparo da qualsiasi interesse morboso e di genere, conducono lo spettatore non già a schierarsi pro o contro l’omosessualità, bensì ad immedesimarsi affettivamente nei personaggi e nelle loro storie.
Quando Bette e Tina si recano dall’ecografa per controllare il decorso della gravidanza, non siamo portati a vedere due lesbiche in una situazione per noi inusuale, ma ciò che appare sullo schermo è colto con estrema naturalezza dallo spettatore che vive, insieme alle protagoniste, le ansie e le gioie dell’attesa. Quando Tasha antepone la relazione con Alice alla propria permanenza nell’esercito statunitense, il loro bacio in pubblico, per chi vi assiste, è l’essenza dell’amore che viene colta in tutta la sua spontaneità.

Con la stessa naturalezza The L word ci invita a riflettere su alcune problematiche che assillano la nostra società: la presa di posizione contro la guerra in Iraq, il ruolo dell'arte e il suo rapporto con la censura, il problema della sanità pubblica e la campagna  contro il tumore al seno, l'integrazione del disabile nella società;  temi che vengono trattati non solo attraverso epliciti richiami, ma anche nei dialoghi dei protagonisti, sempre ricchi di riferimenti e di allusioni alle contraddizioni del nostro tempo.

La genialità di questa serie si percepisce anche nella costruzione psicologica dei personaggi: Shane non è soltanto una sciupafemmine alle prese con continue avventure, lei incarna  la paura di amare ed il timore di abbandonarsi a rapporti stabili, pur desiderandoli.
Jenny, la scrittrice lunatica, Jenny la perversa e la manipolatrice, è anche espressione di una storia personale fatta di maltrattamenti ed abusi, storia che si traduce in atti autolesionistici ma anche in atteggiamenti infantili, che denotano una incessante richiesta di affetto.
Al centro di tutti gli intrecci, dominante e ricorrente, è il vincolo quasi familiare che lega le amiche del gruppo e che emerge prepotentemente in tutte le situazioni di difficoltà, prescindendo dal naufragio delle reciproche relazioni sentimentali.
Non mancano scene esilaranti, situazioni surreali rese ancora più evidenti da un linguaggio ironicamente sboccato e dalle espressioni gergali tipiche del mondo gay.
Al di là dei numerosi premi vinti e del seguito pressocchè planetario, The L World ha suscitato e continua a suscitare, pur dopo la stagione conclusiva, un ampio e sorprendente fenomeno aggregativo con migliaia di video diffusi nelle piattaforme di sharing, centinaia di siti e forum dedicati, nonchè conventions  tenute annualmente in tutto il mondo, durante le quali le protagoniste ricevono l’abbraccio dei fans.
Sono tantissimi gli aspetti di questa serie tv che meriterebbero un degno approfondimento e tutto ciò lascia sorpreso lo spettatore etero che, accostandosi ad essa, lungi dall’imbattersi in volgarità gratuite, scene pruriginose o scontati stereotipi, ne riceve spunti di riflessione che vanno ben oltre la tematica gay:

questo rende The L World semplicemente geniale!

 

 

Ross e Roby

 


 
 
 

Quando siamo soli...

Post n°966 pubblicato il 24 Settembre 2012 da redazione_blog

E non si è soli quando un altro se ne è andato, si è soli se qualcuno non è mai venuto”

 

 

L'

altro giorno, ascoltando la radio, mi sono ritornate all’orecchio le parole di una canzone di Vecchioni di qualche anno fa. Lasciandomi trascinare dalle note di questa canzone, mi sono improvvisamente tornate alla mente le parole di un bambino di nome Paolo, un piccole principe di un altro pianeta, che a seguito della scomparsa prematura della sua mamma, mi disse: alla sera penso sempre che la mamma mi manca ma poi penso che la mamma è come dentro di me e allora mi sento un po’ meno solo

 

Ci sono diversi modi di vivere la solitudine. Come il vuoto freddo e buio di chi non ha mai vissuto la Presenza, di chi non ha mai sperimentato la dimensione dello star con e dello stare dentro a qualcuno.  E’ l’isolamento del bambino autistico, di persone che hanno vissuto abbandoni precoci, ma è anche la solitudine di chi non si sente degno di appartenere allo sguardo dell’altro, di occupare uno spazio nella sua mente e un angolo del suo cuore. E’ la solitudine di chi per questo ha “deciso” di chiudere le porte al mondo confinandosi in un gelido silenzio; oppure di chi, invece, ricorre a tutti i mezzi pur di ottenere piccoli frammenti di attenzione su di sé.

Diversa invece è la solitudine di chi è stato lasciato solo, di chi ha vissuto l’abbandono, di chi ha sperimentato la lacerante ferita della separazione, magari in modo improvviso, dopo aver vissuto il Nirvana della fusione, dell’appagamento totale nella pienezza dei sentimenti. E’ una solitudine che irrompe, che getta nel baratro, ma che può acquisire una cornice di significato solo se esiste un perché che la giustifichi e la sostenga. Paolo ha perso la mamma, ma la mamma non lo ha lasciato, e questo gli permette di introiettare una presenza buona, che lo accompagna, lo sostiene, lo ascolta nei suoi teneri tentativi di intrattenere un dialogo interiore con lei. Se la solitudine è invece la conseguenza di un atto di abbandono, allora siamo pervasi da sentimenti ambivalenti se non addirittura contrastanti: incredulità, disorientamento, rabbia, ricerca di un significato, disperazione desolante, paura, smarrimento totale, senso di perdita della propria identità.

E poi c’è la solitudine di chi ricerca se stesso, di chi desidera ritirarsi all’interno delle pareti del proprio Sé per ritrovarsi, per recuperarsi e magari anche per perdonarsi. E da qui può partire la rigenerazione, da qui lo specchio frantumato può ricomporsi in una rinnovata immagine, che si fonda sulla sintesi tra la consapevolezza degli errori del passato e delle risorse disponibili nel presente, da impiegare e investire verso nuovi traguardi.

Forse ognuno di noi ha vissuto, almeno una volta, una o più forme di solitudine: questo è un elemento che ci accomuna e che ci permette di comprendere la solitudine degli altri attraverso il riflesso della propria. Ciò che fa la differenza è il modo con cui l’affrontiamo, la trattiamo e la elaboriamo. Un uomo di 50 anni in carico ai servizi psichiatrici per una forma grave di schizofrenia, al termine di una settimana esaltante trascorsa al mare con altri pazienti e operatori, mi disse: “Questa settimana me la ricorderò per tutta la vita, e non solo per le risate, le nuotate, le cantate e i salti sulla pista da ballo, ma perché grazie al ricordo dei vostri gesti e dei vostri sguardi ora sto imparando a gestirmi da solo la mia solitudine”

La solitudine. Tutti la viviamo, forse la vivi anche tu …


scritto da: Morton0    su Scherzo o Folllia?

 

 

 
 
 

Una base sicura

Post n°965 pubblicato il 24 Settembre 2012 da redazione_blog

O

ggi, in un affollatissimo treno della metropolitana al ritorno dal lavoro, ho intravisto un cartello "ballerino" che, a suon di slogan e di immagini, forse, a parer di chi le ha prodotte, molto efficaci, invitava la gente ad iscriversi ad un corso per sviluppare fiducia in sè e autostima: "puoi dare fiducia agli altri, solo se guadagni fiducia in te", recitava caustico l'invito.

 

Riflettiamo un secondo su questa parola tanto declamata, dal duplice significato profondo di "dare fede" e di "essere fedele a...".

Se ci pensiamo bene, la fiducia non può esaurirsi in un semplice gioco di dare e avere, ma vuol dire essere disposti a vedere nell'altro e ad offrire all'altro la parte più vulnerabile di noi e, nello stesso tempo, di accoglierla e farla propria. Una mamma, che vede il proprio bambino crescere, promuove in lui un senso di fiducia solo se gli permette di compiere i suoi passi in autonomia, separandosi da lei, ma nello stesso tempo fornendogli una base sicura, un porto a cui approdare in qualsiasi momento ne abbia bisogno. Questo vale anche per gli adulti, nelle relazioni parentali, sentimentali o amicali. Occorre essere per gli altri e trovare negli altri una base sicura.

La base non è più sicura quando l'asse di equilibrio tra "l'essere con" e "l'essere senza", tra lo "stare dentro" e il "tirarsi fuori", è stretta e vacillante. Non ci doniamo  totalmente perchè riconosciamo nell'altro il volto rinnovato di antiche paure, oppure perchè temiamo di perderci, di farci inghiottire da un vortice di emozioni ove i contorni del nostro Io si fanno sempre più sfumati, più indefiniti, più vacui. In questo gioco di equilibrio basta poco per cadere nella distanza totale di chi "usa" le relazioni per difendersi, per attaccare o per sfuggire al contatto, e chi trova nella relazione un luogo per tornare bambino, smettendo di pensare, di credere, di decidere, di affidarsi a sè e alle proprie risorse. Allora ci si annulla, si deposita la propria vita completamente nelle mani potenti dell'altro, rinunciando a sè e alla propria anima.

In una relazione, fidarsi non significa solo confidare completamente i propri segreti o rivelare il proprio volto senza maschera; così come non fidarsi non vuol dire necessariamente chiudersi nel silenzio o rifugiarsi in qualche caricatura di sè ... La fiducia non obbedisce alla legge del tutto o  nulla: fidarsi può voler dire crescere con l'altro nella distanza e nella vicinanza, costruendo una base solida nella quotidianità delle incomprensioni, permettendo all'altro di "andare" e "venire", per poi sperimentare la gioia e la sorpresa del nuovo incontro, riempiendo l'attesa di speranza e, appunto, di fiducia.

Si rischia, eccome se si rischia ... sconfitta, tradimento, solitudine ... Fiducia è rischio: rischio che il legame non sia più solido ma pian piano possa liquefarsi, che il "dopo" si tramuti in un "mai", che la leggerezza del dono si trasformi nella pesantezza del rimpianto. Ma è un rischio che personalmente mi sono sempre sentita di correre, a volte con mille paure, a volte con l'incoscienza di una preadolescente alla ricerca di legami forti ... a volte mi sono trovata con un pugno di mosche in mano, ma, fuori dal dolore e dalla rabbia, alla fine mi sono sempre chiesta: "Si può vivere senza fiducia?". E mi sono detta sempre di no, che non è possibile, perchè sarebbe stato come rinunciare a quella parte "piccola" di me che vuole ostinatamente stupirsi ancora per la bellezza e la sorpresa di un incontro ....

 


 



scritto da: Morton0    di Scherzo o Folllia?

 

 

 

 
 
 

Usare le foto trovate su internet è lecito?

Post n°964 pubblicato il 25 Marzo 2012 da redazione_blog

 
 
 

Firma la petizione contro ACTA il bavaglio mondiale ad Internet

Post n°963 pubblicato il 27 Gennaio 2012 da redazione_blog

http://www.agoradigitale.org/acta1

 

 

 

il video è sottotitolato in italiano

 
 
 

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