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La ricerca per combattere i Tumori e le società Farmaceutiche

Post n°6 pubblicato il 04 Ottobre 2006 da jester77

Il tema è scottante. Dunque darò solo dati, DATI!!!!!!!!!!, e non cazzate, arrivando poi alle mie conclusioni.

Partiamo dall’Italia. Per l'Italia i dati più recenti di incidenza dei tumori riguardano il 2005. I nuovi casi registrati nello scorso anno nella fascia d'età 0-84 anni sono stati 252.662, 135.469 negli uomini e 117.193 nelle donne. Il tasso standardizzato (numero di casi ogni 100.000 abitanti) è stato, rispettivamente, di 356 e 266. Le Regioni che hanno avuto il maggior numero di nuovi casi sono state Lombardia (23.588 nel sesso maschile, 21.803 nel sesso femminile), Lazio (12.671 e 11.351), Piemonte (12.101 e 9.996), Campania (11.928 e 9.392).
Le neoplasie più diffuse si sono confermate il tumore della mammella, del polmone, del colon-retto e dello stomaco. Nel nostro paese il numero dei tumori è aumentato negli ultimi decenni. Secondo gli esperti, l'aumento delle neoplasie registrato in Italia negli ultimi 30 anni è dovuto principalmente all'invecchiamento della popolazione. "I tassi standardizzati, infatti, si sono ridotti nell'ultimo decennio, almeno nella popolazione maschile del paese", evidenziano i dati dell'ISS. Il rischio oncologico ha accompagnato lo svolgersi del processo di industrializzazione delle diverse aree della nazione e il conseguente fenomeno di urbanizzazione. Attualmente le differenze tra nord e sud del paese, in quanto a tasso di tumori che vedevano svantaggiate le regioni del nord, si stanno riducendo.
L'aumento della prevalenza dei tumori in Italia (la prevalenza nel 1970 era di 820 mila casi, nel 2000 è salita a 1,3 milioni) vede il coinvolgimento di tre fattori principali: invecchiamento della popolazione, aumento dei nuovi casi soprattutto negli anziani, aumento della sopravvivenza.

La Sopravvivenza 
I progressi in ambito terapeutico favoriscono l'aumento della sopravvivenza. "Nel 2002- riporta il documento "The Cancer Atlas"- le persone in vita a cui era stato diagnosticato un tumore nei 5 anni precedenti erano 24,6 milioni a livello globale, ma il numero, secondo gli esperti, è in continua crescita". Diversi elementi giocano un ruolo determinante: età della popolazione, tipologia del tumore e percentuale di incidenza, prevenzione e diagnosi precoce, percentuale di malati in grado di accedere alle cure, tasso di mortalità per altre cause.
L'efficacia delle terapie condizionano enormemente la sopravvivenza e la qualità di vita dopo una diagnosi di tumore.
I dati dell'ACS dimostrano come nell'Europa occidentale e del nord, nel Nord America, Giappone, in Australia e Nuova Zelanda, nel 2002 le persone ancora vive a 5 anni dalla diagnosi del tumore erano 12-16,9 ogni 1000 abitanti. Il valore scende a 4-7,9 ogni 1000 abitanti nei paesi dell'Europa dell'est, dell'ex Unione Sovietica, Cile, Argentina, Uruguay. A un livello inferiore si trovano Cina, Sud Africa, Pakistan, America centro-meridionale (2-3,9/1000). Sul gradino più basso ci sono Africa, Medio Oriente, India, Mongolia, Indonesia, Guatemala, Honduras (<2/1000).
In generale, la curva della sopravvivenza decresce con il tempo.
"Nel 2002, le persone che, negli Stati Uniti, erano ancora in vita dopo una diagnosi di tumore eseguita nell'arco dei 5 anni precedenti erano 3,7 milioni. Il numero si riduce con l'aumentare del tempo dalla diagnosi: le persone in vita sono 2,4 milioni se la diagnosi è stata fatta da 5 a 10 anni, 1,3 milioni con diagnosi da 10 a 15 anni, 0,83 milioni tra 15 e 20 anni, 0,54 milioni tra 20 e 25 anni, 0,84 oltre i 25 anni", riporta l'ACS.
Secondo l'OMS, le conoscenze scientifiche attuali sono sufficienti a consentire una prevenzione di un terzo dei tumori. La prevenzione si basa su tre cardini: cessazione del fumo, sana alimentazione, riduzione dell'esposizione ai carcinogeni. "Le informazioni disponibili e le tecnologie, inoltre, permettono di eseguire una diagnosi precoce e di mettere in atto efficaci strategie terapeutiche in un ulteriore 30 per cento dei casi", prosegue l'OMS.

La Ricerca

"Le risorse investite per studiare i tumori sono ingenti, soprattutto nei paesi più sviluppati come gli Stati Uniti dove, nel 2004- riporta l'ACS- il National Institute of Health (NIH) ha ricevuto 5.547 milioni di dollari per la ricerca oncologica (19 dollari per abitante)". Tale finanziamento è stato seguito, in termini quantitativi, da quello per la ricerca nelle neuroscienze (4.911 milioni di dollari), dalle malattie infettive (3.055 milioni di dollari), dal cardiovascolare (2.360 milioni di dollari), dalla salute mentale (1.818 milioni di dollari). A questi si sono aggiunti gli investimenti per la difesa dalle armi biologiche (1.629 milioni di dollari), per il diabete (996 milioni di dollari), tabagismo (536 milioni), mortalità infantile (513 milioni), obesità (422 milioni), ipertensione (378 milioni). I dati dell'ACS mostrano che in Europa, nel periodo 2002-2003, i fondi dedicati alla ricerca sul cancro provenienti dalle organizzazioni non governative sono stati della stessa entità di quelli istituzionali. "Gli investimenti totali sono stati maggiori nei paesi del nord del continente (Norvegia, Svezia, UK, Germania, Francia ), dove sono stati stanziati 5 dollari per abitante, e minori in Finlandia, Belgio, Olanda (3-4,9 dollari per abitante), in Italia e Slovenia (1-2,9  dollari per abitante). Negli altri paesi europei gli investimenti sono stati inferiori a 1 dollaro per abitante", si riporta nel "The Cancer Atlas".
Secondo i dati dell'International Cancer Research Portfolio Database, ripresi dall'ACS nella sua pubblicazione, gli studi effettuati nel diversi settori oncologici nel periodo 2004-2005 sono stati 21.713. Il campo in cui si sono condotti il maggior numero di studi è stato quello della biologia dei tumori (6.047), seguito dagli studi sulle terapie (4.231), da quelli relativi all'eziologia (3.920), alla diagnosi precoce e prognosi (2.342). Altri settori hanno incluso gli studi sulla sopravvivenza, sulla prevenzione, su nuovi modelli sperimentali.
"La chemioterapia, nel luglio 2005, ha accentrato l'attenzione degli studiosi dell'European Organization for Research and Treatment of Cancer", prosegue l'ACS. Alle 452 sperimentazioni condotte in questo settore si sono affiancati studi di radioterapia (n= 97), chirurgia (58), ormonoterapia (33), immunoterapia (31), biological response modifier (27), interferone (6), trapianto di midollo (4), antinfettivi (4), altro (40). Il numero totale degli studi è stato, nel periodo citato, di 752. 
Relativamente agli studi clinici, i trial elencati nel sito ClinicalTrial.gov nel maggio 2005 e riportati dall'ACS sono stati: 2.068 negli USA, 381 in Europa, 258 in Canada, 159 in Australia, 137 in Sud America.

Costi economici
I costi diretti per le malattie oncologiche comprendono le spese per trattamenti, ricoveri, riabilitazione ecc?mentre tra i costi indiretti ci sono le perdite di produttività dovute a malattia e morte. "Spese meno evidenti ma consistenti comprendono quelle per le assicurazioni sanitarie e per gli intervento non medici (per es. trasporto dei malati, assistenza dei bambini o degli anziani, collaboratori domestici ecc?)", sottolinea l'ACS nel "The Cancer Atlas". La prevenzione dei tumori, secondo gli esperti, non è solo finalizzata al miglioramento della salute pubblica ma anche al contenimento delle spese e al miglioramento dei conti dei singoli paesi. Sotto il profilo economico, i tumori, infatti, gravano significativamente non solo sull'individuo ma anche sull'intera società.
I recenti dati pubblicati dall'ACS, rivelano che i costi totali dovuti ai tumori negli Stati Uniti nel 2005 sono stati di 210 miliardi di dollari con 74 miliardi di costi diretti, 17,5 miliardi di costi indiretti legati alla morbilità e 118,4 di costi indiretti legati alla mortalità. "L'uso di farmaci innovativi ha raddoppiato la sopravvivenza nel tumore del colon-retto metastatizzato, aumentando, però, significativamente i costi delle terapie per questo tipo di tumore (500 volte)", precisano gli studiosi della Società scientifica statunitense.
In Canada, i dati disponibili per il 1998, mostrano una spesa totale per i tumori di 14,2 miliardi di dollari. Le patologie oncologiche sono state al terzo posto nella spesa sanitaria con il 9% dei costi totali.
Negli Stati Uniti, come ovunque, i costi diretti per le malattie oncologiche sono, comunque, lievitati negli ultimi decenni: nel 1963 il valore di questa voce raggiungeva 1,3 miliardi di dollari, nel 1980 saliva a 13 miliardi di dollari, nel 1990 a 27,5 miliardi di dollari, nel 2000 era di 60 miliardi, raggiungendo i 74 miliardi nel 2005.
Per quanto riguarda l'Europa, l'ACS ha diffuso i dati relativi ad alcuni paesi come Francia, Regno Unito, Svezia, Olanda, Svizzera.
In Francia, nel 1999 le spese per l'ospedalizzazione per tumore hanno raggiunto 6.2 miliardi di dollari, il 23% dei quali ha riguardato la chemioterapia, mentre le vendite totali di farmaci antitumorali nel 2002 ha raggiunto 1,3-1,6 miliardi di dollari.
Nel Regno Unito i costi delle terapie antitumorali nel 2000-2001 coperti dal National Health Service sono stati di 3,2 miliardi di dollari, il 10,6% della spesa sanitaria totale. 
"La vendita di farmaci contro il cancro è salita, in Svezia, da 37,3 miliardi di dollari nel 2000 a 118,7 miliardi di dollari nel 2004", continua l'ACS.
Nel 1999, in Olanda, si sono spesi per la cura dei tumori 1,2 miliardi di dollari, mentre la spesa relativa alla cura del tabagismo è stata di 514 milioni di dollari. I dati dell'ACS relativi alla Svizzera sono del 1998 e riguardano la vaccinazione dell'epatite B. Il rapporto costo:beneficio è stato del 2,4 per la vaccinazione di tutti i bambini, dell'1,2 per la vaccinazione dei neonati di madri portatrici del virus, e del 2,9 per la vaccinazione di tutti gli adolescenti.

Cancro: quanto costa la terapia ufficiale?Tabella dei costi di alcune strumentazioni e terapie anticancro allopatiche (dati origine in Lire, rapportati in euro, ovviamente non tenendo conto dei rincari)

Intervento chirurgico

Svariate decine di milioni di lire secondo il tipo di intervento*

Chemioterapia

Una fiala di chemioterapico, come il cisplatinum, costa 516,00 €. Un ciclo completo di cockatil chemioterapici può partire da alcune Centinaia di Euro per arrivare anche a 50.000,00 mila Euro al mese per ogni paziente. Se si prende come cifra media a malato anche solo quella di 5 mila Euro e si moltiplica per i 200.000 malati di cancro in Italia, il servizio sanitario nazionale paga alle industrie farmaceutiche qualcosa come più di un miliardo di Euro l’anno circa duemila miliardi di lire .*

Acceleratore lineare

Circa 1 Milione di euro circa 1 miliardo di lire e costi di gestione di 50-60 Mila Euro circa 100-120 milioni di lire annui*

Stereotassi – Radioterapia

Un’applicazione di radioterapia convenzionale costa  600,00 € circa 1.100.000 lire. La stereotassi arriva a 20-30 mila euro (40-55 milioni di lire) per un trattamento. Un ciclo completo di radioterapia è sempre quindi dell’ordine di decine di milioni di lire*

Nuovo Farmaco specialistico

180 milioni di euro (350 miliardi di lire*)

Visite, esami clinici e specialistici di un ammalato di cancro

5 mila euro Circa 10 milioni di lire*

Trattamento intensivo per la leucemia (negli USA)

100.000 dollari (220 milioni di lire)*

Dal libro: “Senza chemio, radiazioni o chirurgia. 30 e più cure non distruttive di documentata efficacia ”, Macro edizioni 2001

Ma quanto vale, una medicina?

un recente articolo del New York Times mi ha fatto sobbalzare sulla sedia. Esiste un farmaco anticancro, chiamato Avastin, finora largamente usato (almeno negli Stati Uniti) per trattare tumori del colon. I ricercatori hanno però recentemente scoperto che lo stesso farmaco, impiegato a dosi più alte, potrebbe essere utile per trattare altre forme tumorali, come quelle del seno o dei polmoni.

Buona notizia. La cattiva notizia è che il farmaco è talmente costoso che un trattamento per queste nuove applicazioni, date le dosi più elevate, potrebbe costare anche 100.000 dollari all'anno. Un prezzo decisamente fuori portata per molte tasche e che molte assicurazioni private (negli Stati Uniti se non avete un'assicurazione medica privata non andate molto lontano) potrebbero rifiutarsi di pagare.

I medici si attendevano che la casa produttrice abbassasse il prezzo al grammo del prodotto, visto anche il fatto che produrne maggiori quantità in fabbrica non costerebbe poi molto di più (i costi da assorbire sono quelli iniziali di sviluppo e sperimentazione) e che esiste in quasi tutti i prodotti l'uso di introdurre una scala sconti legata alla quantità.

Secondo l'articolo del New York Times, la casa produttrice (Genetech, cui socio di maggioranza è Roche) ha invece mantenuto il prezzo attuale, basandosi non tanto sull'ammortamento dei costi di sviluppo del farmaco – senza dubbio astronomici e quindi lecitamente da recuperare – quanto sul valore del prodotto, o meglio sul valore della vita umana.

Grandi opportunità, scelte impegnative

L'Avastin è già oggi una macchina da soldi, con fatturati miliardari. Nel caso il farmaco venisse adottato anche per altre tipologie di tumori, il potenziale di redditività del farmaco esploderebbe. Il conto si fa in fretta: con un potenziale di mercato di mezzo milione di nuovi pazienti l'anno (scusate, clienti) solo negli Stati Uniti, e un prezzo di molte decine di migliaia di dollari l'anno procapite, il numero di zeri fa impressione (se non avete voglia di fare i conti, il New York Times stima un potenziale di 7 miliardi di dollari di fatturato per il 2009).

In realtà il conto è abbastanza teorico, in quanto molti di questi pazienti non si potrebbero mai permettere una spesa di questo genere, foss'anche per salvarsi la vita. Anzi per prolungare un po' la propria esistenza, dato che viene riportato l'Avastin è in grado, più che di curare, di allungare di alcuni mesi la vita dei pazienti in fase terminale. Nonostante le rosee previsioni di fatturati in crescita (e quindi di probabili spazi economici per potersi permettere un taglio del prezzo), l´attesa riduzione non c´è stata e l´azienda ha assunto una posizione di difesa dei margini e dei fatturati.

Da un lato, se si abbassasse il prezzo al grammo, diminuirebbero i fatturati derivanti dalle applicazioni tradizionali in cui si usa meno sostanza. E questo, al management e agli azionisti, pare proprio essere una cattiva idea. E dall´altro, l´idea sembra essere che se si vogliono ottenere i benefici di un nuovo, potente farmaco... si metta mano al portafoglio, che ne vale la pena. Ribaltando così il problema sulle assicurazioni private (che potrebbero decidere di fare di tutto pur di non passare il farmaco agli assicurati oppure potrebbero ulteriormente aumentare i loro costi) o mollando la patata bollente alle già dissestate casse statali in quei paesi dove l´assistenza sanitaria è pubblica.

È inevitabile, a quanto pare, che margini di profitto e quotazioni azionarie non guardino in faccia nessuno, sano o malato, povero o ricco (per quanto, se uno è ricco, il problema venga meno). L´azienda fa i suoi interessi e si comporta come qualunque produttore sul mercato, dando per scontato che non tutti i potenziali consumatori interessati (fosse anche per necessità) possano accedere ai suoi prodotti. È pur vero che l´aziensa è intervenuta in alcuni casi con programmi di aiuto finanziario, ma sono solo una goccia nel mare.

Il rischio dell´effetto trascinamento

Ovvio, ogni azienda osserva ciò che fanno tutte le altre. E l´imitazione è la forma più sincera di adulazione, quindi i manager sono sempre pronti a copiare nella propria azienda quello che in altre ha avuto successo. Se dunque si consolidasse il principio che un farmaco costa per quello che vale, sulla percezione del beneficio (indipendentemente dalla percezione del nostro conto in banca), ci si potrebbe complicare non poco la vita.

Un domani alzandomi al mattino, dopo una cena un po' eccessiva, dovrei decidere quanti soldi vale farmi passare il mal di testa. O, molto peggio, ci sarebbe chi dovrebbe domandarsi quanti soldi vale curare la bronchite del bambino o arginare il diabete della nonna.

Conclusioni:

Comincio a credere ai Marziani, alla vita nel nostro sistema solare oltre quella sul pianeta Terra, che Esiste Un Dio, e che tutti abbiamo un’anima, ma accertandomi sul Volume di affari che le società Farmaceutiche realizzano per questo tipo di cure, e immaginando che i ricercatori e gli scienziati non abbiano studiato al CEPU non credo per niente al mondo che ad oggi, dopo anni di ricerche, non esista una cura definitiva per tutte le patologie di Tumore. Un farmaco e/o vaccino Anti Tumore piuttosto che un farmaco per la sua cura, secondo le leggi del mercato, non avrebbe prezzo!

Diventerebbe un "Farmaco Sociale" , e quante società del settore fallirebbero o dovrebbero cominciare a pensare e dunque a investire allo scopo di inventare nuove malattie o Virus.

Scusate la provocazione, ma è il mio pensiero. 

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 04/10/06 alle 14:41 via WEB
Ora non è che perchè non si trova la cura e indirettamente le case farmaceutiche ci guadagnano dobbiamo pensare che sotto ci sia del marcio. Saluti a tutti. Bello questo Blog.
 
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