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I lavoratori della Innse: non ci muoviamo


Ancora tensioni nello stabilimento. Fiom: ora tocca agli operai decidere cosa fare, 2 ore di sciopero di solidarietàMILANO - Sono sempre determinati, gli operai della Innse. Nono­stante il defilarsi, uno dopo l’altro degli interlocutori del­la partita. Nonostante tutto. Erano 50 un anno e mezzo fa, all’inizio di questa vicen­da. Oggi sono 49. E l’unico che manca non ha mollato per cercare un altro lavoro: si è arreso a un'infarto, a 49 anni, dopo una notte passata a presidiare i reparti. Lunedì sera, davanti alla pre­fettura, le maestranze della Innse volgevano lo sguardo in alto, verso le stanze dove è proseguito fino a tarda sera l’incontro del viceprefetto, Renato Saccone, con i rappre­sentanti della Regione e il sindacato. Che poi in questo caso vuol dire la Cgil regiona­le e il vertice nazionale della Fiom, con il segretario gene­rale Gianni Rinaldini e il se­gretario Giorgio Cremaschi. Alle 9 di sera, quando è ter­minata la riunione, i lampio­ni di corso Monforte hanno illuminato la delusione dei 49: lo smantellamento dei macchinari, sospeso per da­re corso alla trattativa, ri­prenderà già da oggi. Nessu­na disponibilità da parte del­la prefettura a impostare un nuovo tavolo senza novità di sostanza.Resta quindi alta la tensio­ne in via Rubattino 81. La Fiom ha indetto due ore di sciopero in provincia. Intan­to nel deserto produttivo del­la periferia di Milano, tra scheletri di capannoni e fab­briche vuote, i reduci della Innse promettono battaglia. Cremaschi l’aveva già detto fin dalla mattina di lunedì: «Da qui non ci muoviamo. Posso­no smontare i macchinari ma non li lasceremo certo uscire da qui. Questa non è la fine della Innse ma l’inizio di un dramma». Per la Fiom «se il governo non difende i posti di lavoro sani figuria­moci quelli delle aziende in crisi». Il candidato alla guida del Pd, Pierluigi Bersani, ha tele­fonato al ministro dell’Inter­no, Roberto Maroni: «Gli ho detto che quando un proble­ma è così acuto bisogna fer­mare le macchine e discute­re. Avendo fatto il ministro dell'Industria posso dire che ogni volta che si smantella un'attività è un pezzo di noi che se ne va». «Mi auguro che queste vicenda si risolva al più presto e per il meglio» ha detto il segretario del Pd, Dario Franceschini. Paolo Ferrero, segretario del Prc, chiede al ministro Maroni di ritirare subito la forza pubbli­ca a protezione dello sman­tellamento delle macchine.Nel merito della vicenda, lunedì è stata la giornata dei pas­si indietro. La Regione - che pure si era molto adope­rata nei mesi scorsi - ha da­to forfait. In prefettura assen­ti Comune e Provincia. Il Pi­rellone lascia il cerino nelle mani della magistratura che «avrebbe potuto anche deci­dere di sospendere lo sgom­bero». E dei potenziali acqui­renti: «C'è stato chi si era det­to in un primo tempo interes­sato, ma poi si è tirato indie­tro». Facile leggere tra le ri­ghe il nome della Ormis di Bergamo. L’azienda non in­terviene. Ma già nei mesi scorsi fonti interne lasciava­no intendere che la partita fosse ormai difficile da recu­perare: «Il nostro interesse era sincero, se ci fosse stata davvero l’intenzione di anda­re verso un rilancio della Inn­se a quest’ora la partita sareb­be già chiusa. E le macchine non si sarebbero fermate». Certo è che la trattativa non è mai entrata nel vivo. Mai si è parlato di soldi per l’acquisto della Innse. Dal canto suo Stefano Genta, il proprietario dell’azienda («acquisita sull’orlo del falli­mento a 750 mila euro» ricor­da la Cgil) deve ad Aedes una consistente somma per l’affitto dell’area. Di qui la causa della stessa Aedes. La vendita dei mac­chinari alla Mpc di Santorso (Vicen­za) e alla Lombar­dmet di Arluno (Mi). E la senten­za dello scorso maggio che auto­rizza la loro uscita dall’azienda.Se la vicenda si concluderà con lo smantellamento della Innse, nulla più impedirà la realizzazione del piano di riqualificazione urbana della zona varato negli anni 90. Al posto dei capannoni si parla di università, residenziale, parchi. Dal canto suo il Co­mune assicura che a fronte di un piano industriale con qualche prospettiva sarebbe stato pronto a cambiare il progetto sull’area. Ma la Cgil insiste: «L’azienda è vittima della speculazione edilizia». Così - dopo un anno mez­zo di trattative, presidi, pro­poste - i 49 tornano soli. A scrivere l’ultimo capitolo del­la loro storia all’Innse.Fonte: corriere.it