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150° anniversario dell'unità d'Italia: no grazie.

Post n°22 pubblicato il 17 Marzo 2011 da dollmaker2
 
Tag: diario

Ma che senso ha festeggiare uno Stato come il nostro? È come gioire per l’anniversario di matrimonio di una coppia in cui il marito mena la moglie, o il compleanno di un cane che morde tutti. Si dovrebbe celebrare l’anniversario di una Nazione in cui è bello vivere, che lavora per risolvere i problemi dei suoi cittadini, ma non mi pare proprio che questo sia il caso. Festeggiare cosa, dunque? Ah, giusto l’Unità d’Italia. Un concetto collegato più o meno esplicitamente con la politica attuale, il dualismo nord-sud, centralismo-federalismo, in senso lato perfino destra-sinistra, come se fossero due cose diverse, come se una delle due fosse okay e l’altra no, cosa smentita dalla nostra stessa esperienza politica. Sarò paranoico (lo sono senza dubbio, tranquilli) ma ci vedo un messaggio subliminale: l’unità, intesa come centro di potere al quale guardare con fiducia, un’idea che è fondamentale instillare nei cittadini scontenti, soprattutto in questo momento in cui il cosidetto sentimento antipolitico è sempre più forte, e a ragion veduta. Per l’odierno Sistema è vitale apparire saldo e benevolo, a prescindere dal fatto che i potenti che lo rappresentano (e che quindi di fatto sono il Sistema) siano tutto fuorché degni di fiducia. Ed ecco dunque che media e politici si adoperano per un’esaltazione propagandistica dell’epopea risorgimentale che ha tutte le caratteristiche delle celebrazioni rituali-patriottiche di un regime sul modello nazifascista. Io ho sempre visto il Risorgimento come un’operazione politica voluta soprattutto dai potenti e dai loro interessi, una sanguinosa guerra alla quale il popolo è stato convinto a partecipare soltanto grazie alla proverbiale e storica ingenuità delle genti della Penisola. Garibaldi era un guerrafondaio, Cavour un corrotto manovratore, Mazzini un massone della peggior razza, Verdi e Manzoni dei propagandisti amici dei potenti (e, nel caso di Manzoni, anche un autore piuttosto dozzinale, ma con le giuste amicizie, un autentico precursore dell’editoria moderna!). Mi chiedo come faccia a festeggiare il popolo del meridione d’Italia, che un secolo e mezzo fa ha dato il sangue per costruire una Nazione che poi l’ha abbandonato, favorendo la nascita di mafia, degrado e corruzione nel lungo corso di 150 anni di totale disinteresse per il Sud. Come faccia la gente ad essere felice che i soldi pubblici vengano spesi in celebrazioni trionfalistiche quando c’è una crisi da risolvere e L’Aquila da ricostruire, resta per me un totale mistero. Ma ciò che mi allarma di più è questo fanatico inneggiare alla Costituzione, la nostra meravigliosa Costituzione che è sacra e infallibile e deve essere studiata nelle scuole, glorificata e ammirata da tutti indistintamente. Mi sembra un concetto dai contorni quasi orwelliani, il Grande Fratello è perfetto e ti ama e non deve mai essere messo in discussione. Ma la Costituzione non è forse l’insieme di tutte le leggi? E non sono forse quelle stesse leggi che permettono ai nostri premier di fare ciò che vogliono senza subirne le conseguenze, che non riescono a garantire la sicurezza alla gente, che non puniscono i criminali come dovrebbero, che non danno pensioni sufficienti agli invalidi? Articolo 1: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” Io lo trovo un capolavoro di linguaggio politico, in altre parole di ambiguità. Una repubblica democratica, questo deve essere chiaro, per carità, ma attenzione: fondata sul lavoro. Non sul benessere e sulla libertà dei cittadini, ma sul lavoro. Ma il lavoro cos’è, in questo mondo commerciale-capitalista, se non guadagno? Così come in fisica spazio e tempo sono una cosa sola, lo spazio-tempo, in economia lavoro e guadagno sono una cosa sola. In altre parole questa repubblica è fondata sul guadagno, cioè sul lavoro. Il lavoro che produce ricchezza attentamente mal distribuita, il lavoro che sostiene le banche, i centri di potere che stringono la Terra nel loro crudele pugno, il lavoro che produce veleni, il lavoro che produsse eternit per decenni in certe zone d’Italia. Mi viene in mente una persona che ho conosciuto e che recentemente è morta di asbestosi (cancro dovuto alle fibre d’amianto). Un mondo fondato sul lavoro-guadagno... guardatelo bene nei tg, proprio in questi giorni: parlare della tragedia in Giappone e sentir dire “però il nikkei ha rimbalzato”; sulle famiglie si è abbattuta una terribile catastrofe, le persone hanno perso coloro che amavano, ma il nikkei ha rimbalzato. Benvenuti nel mondo fondato sul lavoro. Così dice la perfetta Costituzione, signor Winston Smith: gloria eterna al lavoro(-guadagno). Tu pensa a lavorare, popolo, ché io, governo/banca/multinazionale, mi sobbarcherò l’onere di guadagnare. Ma la parte più bella del primo articolo della Sacra Costituzione è la seconda: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” Geniale. Meraviglia dell’ingegneria semantica. L’E=mc2 della parola scritta. La sovranità, perciò il potere, appartiene al popolo... che lo esercita nei limiti della Costituzione, ovvero è libero fintantoché non si permette di mettere in dubbio la Costituzione, ovvero la Legge (scritta dai governanti). E la libertà, la civiltà illuminata e la razionalità finiscono nel momento in cui si smette di mettere in dubbio il potere e di pretendere che esso si evolva costantemente in favore della popolazione. No, io questa festa non la sento mia. Dico abbasso l’Italia delle ingiustizie, delle celebrazioni politico-patriottiche, della ricchezza mal distribuita, delle menzogne. Viva soltanto l’Italia che giustamente pretende dai potenti verità, libertà e benessere, l’Italia della gente che continua a sperare in un mondo migliore e non si fida ciecamente del Sistema. Viva l’Italia, ma quella senza bende tricolori sugli occhi!

 
 
 
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