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Messaggi del 01/06/2020
Post n°3005 pubblicato il 01 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Quando in Nord Europa c'erano gli elefanti
Lo scheletro perfettamente conservato di un elefante preistorico è stato rinvenuto nel sito di Schöningen, in Germania, e dimostra come la fauna europea di 300.000 anni fa fosse molto diversa da quella attuale. La scoperta è stata condotta da un team di ricercatori, guidato dall'italiano Jordi Serangeli e da Nicholas Conard, dell'Università di Tübingen con la partecipazione del Dipartimento di Scienze dell'antichità della Sapienza di Roma. ©CLARYS20 Specie esotiche nell'Europa di 300.000 anni fa Nonostante durante il Pleistocene il clima nel Nord Europa fosse simile a quello odierno, ad abitare quella parte di continente erano animali che oggi vivono in ambienti molto diversi. Erano, infatti, presenti leoni, tigri (dai denti a sciabola) e, come visto, anche elefanti. non si tratta di un mammut bensì di un Palaeoloxodon antiquus, una specie di elefante di grandi dimensioni caratterizzata da lunghe zanne dritte, della quale sono stati rinvenuti diversi esemplari anche nel nostro Paese. di oltre due metri, la mandibola, le vertebre, le costole, tre degli arti e tutte e le ossa ioidi che sorreggono la lingua. Lo scheletro di elefante ritrovato nel sito di Schöningen, in Germania. Foto Jans Lehmann Conservato perfettamente L'elefante di Schöningen era probabilmente una femmina anziana di quasi sette tonnellate che morì per cause naturali sulle sponde di un antico lago, oggi prosciugato. Alto più di 3 metri - dunque più imponente degli attuali elefanti africani - l'animale fu fonte di cibo per vari predatori carnivori. Ma anche per i cacciatori del Paleolitico che ne prelevarono la carne, il grasso e i tendini utilizzando strumenti litici, come dimostrano le trenta schegge di selce ritrovate sul posto.n Non era da solo A un centinaio di metri dallo scheletro, sono state, inoltre, individuate numerose tracce. Appartengono a un piccolo gruppo di elefanti che lungo le sponde del lago lasciarono impresse le proprie impronte nel fango e nella torba. «Grazie all'eccezionale stato di conservazione del materiale organico nel sito di Schöningen - spiega Flavio Altamura della Sapienza, responsabile dell'analisi e dell'interpretazione delle tracce - abbiamo addirittura rinvenuto nelle impronte alcuni frammenti di legno schiacciati dal peso degli elefanti». Quello di Schöningen si conferma uno dei siti più importanti al mondo per quanto riguarda l'età della pietra. E oggi non solo ci restituisce un quadro inedito dell'antica fauna europea ma anche delle abitudini del nostro antenato vissuto 300.000 anni fa, Homo heidelbergensis. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista tedesca |
Post n°3004 pubblicato il 01 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet NUOVO STUDIO Lo squalo senese che spiega l'evoluzione climatica del Mediterraneo
Iresti di uno squalo rinvenuti sulle colline senesi forniscono nuovi indizi sull'evoluzione climatica del Mediterraneo. L'eccezionale scoperta è stata fatta da un'equipe di geologi e paleontolog i che sulle dolci pendici collinari di Castelnuovo Berardenga (SI) ha riportato alla luce alcuni resti fossili di un Lamna nasus, meglio noto come squalo smeriglio o vitello di mare. Si tratta di una scoperta di grande portata, dal momento che ritrovamenti di questa specie non erano mai stati fatti sul territorio italiano e nell'intera regione mediterranea. «Lo smeriglio è un predatore veloce e vorace strettamente imparentato con il più famoso squalo bianco - ha spiegato Alberto Collarete, ricercatore dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, ateneo che assieme al Gruppo AVIS Mineralogia Paleontologia Scandicci (GAMPS) ha condotto le ricerche -. Si tratta oggi di una specie molto rara nelle acque del Mar Mediterraneo e come fossile è principalmente noto da pochi reperti rinvenuti in Belgio e nei Paesi Bassi». Mari tropicali sulle coste della Toscana Cosa significa questa scoperta? Secondo i ricercatori, i fossili dello squalo fornirebbero nuovi, importanti indizi sull'evoluzione climatica del Mare Nostrum. «Durante il Pliocene, buona parte del territorio toscano era sommerso da un mare popolato da una grande varietà di organismi - spiegano Simone Casati e Andrea Di Cencio del GAMPS -. Le centinaia di denti fossili di squali "esotici" che sono stati rinvenuti negli anni a Castelnuovo Berardenga indicano che l'attuale campagna senese era un ambiente di mare profondo, il cui fondale era caratterizzato da acque fredde come quelle degli strati più profondi degli attuali oceani». Secondo gli autori dello studio, il fossile ritrovato nel senese sarebbe risalente al tardo Pliocene (circa 5,3 a circa 2,6 milioni di anni fa) e potrebbe testimoniare una delle prime fasi di raffreddamento del Mediterraneo, bacino che solo poche centinaia di migliaia di anni prima era popolato da molte specie tropicali simili a quelle che oggi abitano le acque Indo-Pacifiche. Circa 3 milioni di anni fa, infatti, una glaciazione avrebbe mutato sensibilmente le condizioni del mare, portando sia alla scomparsa di specie tropicali che all'arrivo di altre tipiche di ambienti temperati e freddi come lo smeriglio, giunto nel Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra. Rotte invertite La ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Neues Jahrbuch für Geologie und Paläontologie mostra anche un altro risvolto interessante: oggi le rotte si sono invertite e, dai mari caldi sempre più specie arrivano nel Mediterraneo. «Il riscaldamento globale e la pressione antropica stanno contribuendo a invertire nuovamente la rotta - conclude Alberto Collareta -. Pesci tropicali provenienti dall'Oceano Indiano sono sempre più frequentemente pescati nel Mar Mediterraneo, mentre molte popolazioni caratteristiche di questo bacino sono in forte sofferenza». Sono ancora tante, dunque, le prospettive di ricerca aperte, con le colline toscane che si riconfermano un eccezionale scrigno naturalistico per chi cerca di fare chiarezza sulla storia biologica del Mar Mediterraneo. © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°3003 pubblicato il 01 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Kilauea: il collasso del cratere visto da un droneIl cratere Halema'uma'u si è svuotato del suo lago di lava ed è sprofondato: le immagini aeree della trasformazione, avvenuta in poche settimane.
la superficie piatta al centro è il vecchio "pavimento" del cratere, che ora è sprofondato di almeno un centinaio di metri. | Non sono solo i fiumi di lava a impressionare, per l'attività del vulcano Kilauea (Hawaii), che prosegue, incessante, dal 3 maggio scorso. Un'altra drammatica conseguenza di questo evento geologico si sta consumando alla sommità del cratere Halema'uma'u, una depressione pressoché circolare all'interno della più ampia caldera del vulcano hawaiano. Dopo una prima, importante esplosione registrata il 17 maggio 2018, che ha scagliato una colonna di ceneri di 9.144 metri in atmosfera, il cratere è stato al centro di una moderata e intermittente attività esplosiva, che ne ha completamente cambiato l'aspetto. Questo "buco" un tempo quasi circolare (770 per 900 metri) che ospitava un lago di lava, sta progressivamente erodendo e inghiottendo terreno attorno a sé, come dimostrano le immagini girate con un drone dalla United States Geological Survey (USGS). Un modello 3D del cratere Halema'uma'u nell'aspetto odierno, elaborato dall'USGS. | USGS VOLCANOES/FACEBOOK BUCO NERO. Il cratere è andato espandendosi e si è fatto più profondo, mentre attorno alcune crepe radiali si sono espanse fino a lambire un vecchio osservatorio scientifico e turistico del parco vulcanico inghiottendo in parte anche il terreno adiacente adibito a parcheggio. Il lago di lava si è prosciugato già nelle prime settimane dell'evento, mentre la roccia fusa fuoriusciva dai fianchi del vulcano. La fuoriuscita del magma ha indebolito il supporto strutturale del cratere, rendendo i bordi sdrucciolevoli; inoltre, mentre il livello della lava nel cratere si riduceva fino a raggiungere le acque sotterranee, l'interazione tra magma e acqua ha creato un accumulo di vapore, sfociato in un'ulteriore attività esplosiva. "Ora la pressione del magma alla sommità è molto bassa - ecco perché la cima si sta sgonfiando e crollando", si legge sulla pagina Facebook dell'USGS. COME È CAMBIATO. Nelle immagini radar (video qui sopra) acquisite dall'Agenzia spaziale italiana si notano i cambiamenti delle dimensioni del cratere tra maggio e giugno: in particolare, si vede il crollo dei margini ovest e sud-ovest. Il lago di lava che prima iniziava a 150 metri sotto il bordo del cratere è scomparso: il fondo della depressione vulcanica si trova adesso a circa 300 metri sotto il bordo. |
Post n°3002 pubblicato il 01 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Le migliori scoperte scientifiche del 2019 secondo Science La foto del buco nero, l'analisi del genoma dei Denisovan, la supremazia quantistica del computer di Google: il meglio della scienza di quest'anno
Classifiche scientifiche di fine anno: Nature elenca i personaggi, Science le scoperte. E Wired vi racconta entrambi . Se nel 2018 l'ambito primo premio - quello della scoperta dell'anno - era andata allo studio della biologia dello sviluppo a livello cellulare, il 2019 celebra un successo in un campo totalmente diverso. Quello dell'astrofisica, come vedremo tra pochissimo (e come è evidente dall'immagine qui sopra). Ma nella top ten c'è anche altro: la paleontologia, con l'analisi del genoma dei Denisovan; la medicina, con le nuove molecole contro l'ebola; l'informatica, con la supremazia quantistica di Google. Ma non spoileriamo troppo, e andiamo con ordine. Breakthrough of the year: il buio diventa visibile In cima alla classifica delle migliori scoperte del 2019 non poteva esserci che lei. La foto che è partita dallo Spazio interstellare e ha fatto il giro del mondo. Un'immagine unica, che ha lasciato senza fiato scienziati e appassionati. Parliamo, chiaramente, della prima foto di un buco nero, la prima prova visiva diretta di un corpo diretto di questo genere, ottenuta dall'Event Horizon Telescope Consortium (Ehtc). Si tratta, per la precisione, del buco nero supermassiccio M87, al centro della galassia Messier 87, distante circa 55 milioni di anni luce dal nostro pianeta e dotato di una massa 7 miliardi di volte maggiore rispetto a quella del Sole. "Osservando questa immagine", ha commentato Heino Falcke, uno dei (tantissimi) scienziati che ha partecipato alla sua elaborazione, "mi sento come se stessi guardando le porte dell'inferno". L'asteroide che uccise i dinosauri
Pianeta Terra, 66 milioni di anni fa. Un enorme asteroide si schianta su quello che oggi è il golfo del Messico, dalle parti di Chicxulub. E devasta tutto, provocando incendi, tsunami e l'estinzione del 75% della vita sul nostro pianeta. Tra cui i dinosauri. Oggi, grazie a uno studio pubblicato a settembre scorso sulla rivista Pnas, sappiamo più o meno cosa successe quel giorno: i geologi della University of Texas hanno infatti analizzato le rocce presenti sul sito d'impatto osservandovi la presenza di roccia fusa, frammenti di carbone, materiali trasportati dal reflusso dello tsunami e soprattutto un'evidente assenza di zolfo. Il che ha permesso di ricostruire gli eventi come segue: quando l'asteroide si schiantò sul nostro pianeta, con una forza di circa 10 miliardi di bombe atomiche , l'impatto generò incendi per migliaia di chilometri, un enorme tsunami che raggiunse l'entroterra dell'attuale Illinois e oscurò parzialmente la luce del sole, causando un lungo raffreddamento della Terra e la conseguente estinzione di così tante forme di vita. People's choice #1: a tu per tu con i Denisovan
A sceglierlo non sono stati gli editori, ma i lettori di Science. Che hanno stabilito, votando in un sondaggio online, che il 2019 fosse l'anno dei Denisoviani. D'altronde, le avventure di questi nostri cugini hanno occupato le cronache scientifiche diverse volte negli ultimi mesi. A giugno, per esempio, è stata pubblicata una ricerca che racconta di un incrocio avvenuto tra gli antenati di Neanderthal e Denisoviani - cui ci riferisce con il nome di Neandersovan - e una popolazione superarcaica. Tutto grazie alle analisi del dna che, come ci raccontava Giorgio Manzi, paleoantropologo della Sapienza di Roma, "ha costituito uno strumento eccezionale per confrontare il genoma delle specie estinte con il nostro, come anche tra loro". E ci ha permesso, e ci permetterà, di comprendere meglio la nostra storia evolutiva e capire chi e come ha contribuito a renderci esseri umani fatti così. People's choice #2: una speranza contro ebola
Altra scelta dei lettori: l'identificazione di due famaci che riducono "significativamente" il tasso di morte da ebola (per cui, tra l'altro, l'Unione europea ha appena approvato il primo vaccino). Si tratta di due anticorpi, il primo isolato da un sopravvissuto a un'epidemia del 1996 e l'altro ottenuto dal mix di tre molecole prodotte da topi con sistema immunitario umanizzato. Circa il 70% dei pazienti che ha ricevuto uno dei due farmaci in un trial clinico randomizzato è sopravvissuto. Il che porta ottimisticamente a pensare che, con qualche altro sforzo, "il mondo sia finalmente equipaggiato a combattere al meglio il virus", come scrive Kai Kupferschmidt su Science. La supremazia quantistica di Google
Quantum supremacy using a programmable superconducting processor, ossia Supremazia quantistica usando un processore superconduttivo programmabile. Traduzione: Sycamore, il computer quantistico di Google, è riuscito a conseguire la cosiddetta supremazia quantistica, ossia a svolgere nel giro di pochi minuti, e per la prima volta al mondo, una serie di operazioni che i computer tradizionali impiegherebbero decine di migliaia di anni a svolgere. E pochi giorni fa i suoi programmatori lo hanno utilizzato per far girare un algoritmo che genera sequenze di numeri casuali, la prima vera applicazione pratica del processore quantistico. Cui ne seguiranno certamente molte altre. Arrokoth, l'oggetto lontanissimo
Southwest Research Institute/Roman Tkachenko) Si chiama Arrokoth, anche se il suo nome in codice è MU69. È l'oggetto avvistato da New Horizons, sonda Nasa da 800 milioni di dollari, in una regione di là del pianeta Nettuno, a oltre 6,6 miliardi di chilometri dal nostro pianeta. È grande appena 36 chilometri e somiglia a una specie di scamorza: relativa- mente privo di crateri, si pensa che i suoi due lobi si siano formati indipendente- mente l'uno dall'altro nei primi momenti di vita del Sistema solare. Tra l'altro, non abbiamo ancora finito di studiarlo come si deve: per il 2020 sono in programma altre osservazioni grazie alle quali impareremo a conoscerlo ancora meglio. People's choice #4: un farmaco per trattare la fibrosi cistica
Ancora una scelta dei lettori: l'approvazione, avvenuta a ottobre, di un farmaco efficace in molti casi di fibrosi cistica. Si chiama Trikafta, ed è una terapia a tripla combinazione rivolta ai pazienti con la mutazione più comune della malattia. Il farmaco, in particolare, si è dimostrato efficace nel convertire la malattia da degenerativa a cronica: in due studi condotti di 510 pazienti la sua somministrazione ha portato a un significativo miglioramento del volume espiratorio forzato, uno degli indicatori della progressione della malattia, così come nel cloruro del sudore, nel numero di esacerbazioni polmonari e nell'indice di massa corporea. Microbi contro la malnutrizione
Ogni anno, racconta Elizabeth Pennisi sullo speciale di Science, milioni di bambini gravemente malnutriti non riescono a guarire del tutto anche dopo essere stati opportunamente rifocillati. Oggi sappiamo il perché: colpevole è infatti la mancata restaurazione del microbioma. Quest'anno, un'équipe di scienziati è riuscita a mettere a punto un supplemento economico e semplice da realizzare che stimola efficacemente la crescita di un microbioma intestinale sano. Al momento, il supplemento si è rivelato sicuro in un piccolo trial clinico, e sono in atto esperimenti più ampi per validare i risultati. L'impatto della scoperta, come ha commentato a Science Eric Pamer, esperto della University of Chicago, potrebbe essere "molto significativo" per mitigare il problema della malnutrizione. Incrociamo le dita. |
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