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Messaggi del 08/06/2020
Post n°3047 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Gli aggettivi esclamativi hanno la stessa forma degli aggettivi interrogativi. Sono, cioè, che, quale e quanto e servono a introdurre un'esclamazione (una proposizione conclusa con il punto esclamativo). Come abbiamo visto che è invariabile, quale da accordare in numero con il nome a cui si riferisce, e quanto si accorda in genere e in numero con il sostantivo. Che si utilizza indifferentemente per le cose e le persone. A volte, soprattutto nella lingua parlata, assistiamo alla giustapposizione di che ad aggettivi (Che interessante!, che intelligente!, che brutto!, ecc.). Che, essendo un aggettivo dovrebbe collegarsi a un nome, ma in questo caso non accade per cui le forme citate ad esempio dovrebbero essere errate. In realtà non lo sono perché supportate dall'uso. Gli esclamativi sono seguiti talvolta da parole d'uso c omune, o a volte volgari, che rinforzano il significato e amplificano l'enfasi. Es. Che accidenti di carattere ha! Rossella Monaco |
Post n°3046 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet L'avverbio è una parte invariabile del discorso, per questo motivo non va mai accordato in genere e in numero. La sua funzione è quella di accompagnarsi a un verbo, un sostantivo, un aggettivo, un altro avverbio o a un'intera frase modificandone o specificandone il significato. Es. Cammina lentamente (verbo) È una ragazza davvero bella (aggettivo) Mangi troppo veloce (avverbio) Non ti telefono da quasi un mese (nome) Forse, hanno suonato al citofono (frase) Come possiamo vedere nel terzo esempio, esistono degli aggettivi che a volte si comportano da avverbio (veloce) in questo caso si possono distinguere perché non si concordano in genere e in numero. Esistono anche gruppi di parole che funzionano da avverbio, chiamati locuzioni avverbiali (ad ogni modo, sempre di più, ecc.). LA POSIZIONE DELL'AVVERBIO L'avverbio di luogo può essere inserito ovunque nella proposi- zione senza alterare il significato, mentre in altri casi non è così e la posizione di un avverbio può modificare un concetto. Es. Anche Luisa canta (insieme ad altri) Luisa canta anche (oltre a fare altre cose) Solitamente se si riferisce al verbo lo accompagna subito dopo o va alla fine della frase. Questo avviene anche per i tempi composti (Luisa ha cantato divinamente), con alcuni avverbi di tempo e di valutazione però la posizione cambia e l'avverbio va a inserirsi tra l'ausiliare essere o avere e il participio passato che segue (Luisa ha sempre cantato, Non ha proprio mangiato). GRADI E ALTERAZIONI Inoltre l'avverbio presenta gli stessi gradi dell'aggettivo qualificativo: positivo, comparativo (di minoranza, di maggioranza, di uguaglianza), superlativo; e può essere alterato come i nomi (diminutivo, vezzeggiativo , accrescitivo, dispregiativo). Es. Ho mangiato benino Ho mangiato più velocemente di ieri Se l'avverbio è riferito a un aggettivo, a un avverbio o a un nome di solito li precede (Luisa è molto bella, Cammini troppo lentamente, Compro soprattutto pasta). TIPI DI AVVERBIO In base al significato gli avverbi si possono dividere in: Avverbi di tempo, che specificano quando si è svolta un'azione (ieri, domani, mai, sempre, solitamente, finora, di sera, ecc.); Avverbi di luogo, che indicano il luogo, comprese le particelle ci, vi, ne (lì, in basso, sotto, sopra, vicino, fuori, ecc.); Avverbi di quantità, che indicano una quantità spesso indefinita (troppo, poco, abbastanza, nulla, di gran lunga, ecc.); Avverbi di modo, che specificano il modo, di solito derivano da aggettivi a cui viene aggiunto il suffisso -mente oppure sono veri e propri aggettivi usati come avverbi o, ancora, locuzioni avverbiali e avverbi in -oni o -one (follemente, velocemente, piano, con voracità, cavalcioni, ecc.); Avverbi interrogativi o esclamativi, che introducono una domanda (interrogativa diretta o indiretta) o un'esclamazione (come, quando, perché, dove, ecc.); Avverbi di valutazione (o giudizio), che possono essere di affermazione (sì, certo, ecc.), di negazione (no, per niente, ecc.) o di dubbio (forse, quasi, ecc.) Avverbi olofrastici, che sostituiscono da soli un'intera frase come nelle risposte sì e no o forse. Rossella Monaco |
Post n°3045 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I nomi sovrabbondanti hanno sempre due forme al singolare e/o al plurale. Spesso, ma non sempre, i due sostantivi hanno significati diversi. In alcuni casi abbiamo due forme al singolare e due al plurale come con il sostantivo fronte = il fronte/i fronti - la fronte/le fronti. In altre circostanze esiste invece un singolare che genera due plurali differenti. Il sostantivo osso al plurale può essere ossi o ossa, nel primo caso parliamo generalmente di scheletri non umani (ho dato degli ossi al cane) mentre nel secondo caso si tratta di esseri umani (ho le ossa fragili). Lo stesso avviene per braccio che diventa bracci o braccia, per filo che diventa fili o fila, gesto che al plurale è gesti o gesta e molti altri nomi. Sono generalmente nomi maschili che al plurale presentano la forma normale in -i ma anche un'altra forma in -a. Bisogna fare attenzione con alcune forme perché se utilizzate indifferentemente possono portare ad errore. Dire "ho i diti sporchi" è scorretto, bisognerà dire "ho le dita sporche", ma "i diti medi sono i più lunghi" è corretto perché presuppone una categoria. Così come fondamenti si riferisce alle basi di una materia, di un discorso, di una disciplina e fondamenta invece si rifà alle basi costruttive degli edifici. Usando l'uno o l'altro termine cambiamo il significato della frase. Per alcuni nomi sovrabbondanti invece le due forme sono utilizzate indif- ferentemente anche in base ai regionalismi, non sempre però in maniera corretta. Ricordate che l'italiano ha moltissime sfumature di significato per cui, ad esempio, anche se indifferentemente si utilizza lenzuoli o lenzuola bisognerà quantomeno sapere che il primo termine si riferisce a pezzi presi o visti singolarmente, mentre il secondo sostantivo indica il paio. La sovrabbondanza della nostra bella lingua deve essere ricchezza e non errore e confusione. Se avete qualche dubbio consultate il dizionario. Rossella Monaco |
Post n°3044 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I nomi difettivi sono sostantivi che hanno o solo il singolare o solo il plurale. Es. Pepe, forbici, sangue, coraggio, occhiali, ecc. "Difettivo" deriva dal latino e significa "mancante di qualcosa, incompleto". Sono difettivi tanti nomi astratti, i sostantivi che indicano oggetti formati da più parti unite tra loro, nomi massa, alcuni nomi collettivi, sostantivi che designano qualcosa di unico, compresi alcuni nomi propri, sostantivi plurali che derivano dal latino. Luca Serianni indica, tra le altre definizioni, i nomi difettivi come «nomi che si riferiscono ad oggetti formati da due o più parti uguali», come ad esempio le forbici ma va molto cauto quando si tratta di generalizzare la definizione perché negli ultimi anni alcuni nomi difettivi hanno acquisito anche il singolare o il plurale per cui è entrato nell'uso l'utilizzo di occhiale al singolare o di pantalone insieme e al posto dell'originario pantaloni. Del resto la praticità e il contesto in cui le frasi vengono pronunciate possono incidere fortemente in questi cambiamenti grammaticali. Spesso per evitare confusione il nome al singolare può essere più pertinente. Nella frase "provo dei pantaloni" non possiamo capire se si tratta di un solo paio o di più paia. L'ambiguità si scioglie invece con l'utilizzo del singolare "provo un pantalone". |
Post n°3043 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
I nomi non numerabili (o nomi massa) indicano entità che non possono essere contate. Es. Un burro, due burri, ecc. Come vedete l'esempio riporta la formazione del plurale di burro e gli aggettivi numerali in modo erroneo. Non è infatti possibile fare il plurale dei nomi non numerabili, così come non è possibile contarli. L'articolo che può accompagnare a diritto i nomi massa è il partitivo. Es. Mi passi del burro? Se volessimo specificare la quantità di burro dovremmo ricorrere a un altro nome numerabile da far precedere a burro. Es. Mi passi due panetti di burro? E la stessa cosa avviene per altri nomi, come acqua, latte, sale, ecc. In genere si tratta di entità indistinte (spesso liquide) per cui è impossibile determinare la quantità se non in base al peso o ai contenitori utilizzati. Es. Mi passi dell'acqua?/Mi passi due bicchieri d'acqua?/Mi passi 1 litro di acqua? Alcuni nomi non numerabili, nell'italiano più recente, hanno assunto caratteristiche differenti e hanno preso a comportarsi come se fossero a tutti gli effetti dei numerabili. La parola caffè è diventata numerabile per questioni di praticità al bar. Es. Un caffè, due caffè, ecc. Si può dire anche "acque termali" o "acque minerali". Si tratta, come spiega l'Accademia della Crusca, di un fenomeno svilup- patosi a partire dalle campagne pubblicitarie che da poco tempo a questa parte hanno introdotto anche il plurale di latte, proprio in virtù della presenza di diversi tipi di prodotto sul mercato, un po' come era già accaduto con l'acqua. Luca Serianni in Grammatica Italiana cita anche altri esempi come mieli e risi. Sicuramente il primo impatto non è dei migliori soprattutto a livello sonoro, non siamo abituati a sentir pronunciare questi nuovi plurali e ci sembrano strani, ma spesso molte parole derivano dall'uso che se ne fa nella lingua, per cui bisogna solo attendere per verificare se queste forme entreranno o meno a diritto nella nostra quotidianità. Per ora conviene affidarsi alla grammatica ufficiale e utilizzare le forme singolari almeno per alcuni di questi nomi. Rossella Monaco |
Post n°3042 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Quando è possibile contare una quantità precisa di cose, persone e animali siamo di fronte ai cosiddetti nomi numerabili. I nomi numerabili sono quindi in grado di definire il numero esatto di entità considerate.
La distinzione tra nomi numerabili e non numerabili è considerata a partire dal sostrato culturale su cui la lingua si inserisce. È per questo motivo che molti nomi numerabili in italiano non lo sono in inglese o in francese o alcuni nomi "uncontable" inglesi non sono nomi massa in italiano. Tutto dipende da come un'entità viene percepita nel Paese di riferimento: come singole unità separate o come un insieme di cose non distinguibili e enumerabili. Non è quindi solamente una questione linguistica, inerente alla pura grammatica, né solo una questione logica che si rifà alla sfera del significato e alle relazioni logiche tra le parti della frase. La categoria "numerabili" è da ascrivere alla categoria dei nomi comuni e comprende sia nomi astratti che nomi concreti, sia i nomi individuali che quelli collettivi. Teniamo bene a mente questa struttura gerarchica per le nostre analisi. I nomi numerabili si possono distinguere grazie alla presenza degli articoli determinativi e indeterminativi. Se siamo in grado di dire un cane o il cane allora siamo sicuramente di fronte a nomi numerabili. In più potremo formare il plurale e farli precedere da aggettivi e avverbi di quantità al plurale quali molti, tanti, pochi e dall'articolo partitivo al plurale senza nessun problema. a seconda del contesto della frase. |
Post n°3041 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I nomi alterati, lo dice la parola stessa, sono nomi modificati di significato. Questo cambiamento semantico è possibile grazie a dei suffissi, per esprimere delle qualità senza aver bisogno dell'aggettivo qualificativo. I nomi alterati sono di quattro tipi: diminutivi, accrescitivi, vezzeggiativi, dispregiativi. Vediamo subito un esempio: Casa = casina (diminutivo); casone (accrescitivo); casetta ( vezzeggiativo); casaccia (dispregiativo). Grazie a questa alterazione veicoliamo attraverso il sostantivo molte informazioni senza aver bisogno di altre parole. I diminutivi forniscono qualità di piccolezza, i suffissi più utilizzati sono -ino, -etto, -icello, -icino, -ello, -icciolo. Gli accrescitivi servono ad indicare qualcosa di grande con i suffissi: -one, -ozzo, -otto. Per nominare qualcosa di carino, che fa tenerezza o genera simpatia utilizziamo i vezzeggiativi con i suffissi: -uccio, -etto, -uzzo, -ettino. Per esprimere disprezzo o repulsione o sentimenti negativi in generale, usiamo i dispregiativi con i suffissi: -accio, -astro,-ucolo; -accione, -ercolo, -onzolo. Esistono poi alcuni suffissi che hanno la funzione di alterare il significato degli aggettivi (bianco; bianchiccio). I suffissi si possono anche combinare tra loro come avviene in casettina (una casa piccola e carina). Ovviamente tutti questi suffissi vanno sempre concordati in genere e in numero. I nomi alterati si utilizzano, di solito, quando si vuole porre fortemente l'attenzione sul sostantivo senza confonderlo con aggettivi o altre parole che potrebbero distrarre. A volte però è bene non utilizzare i nomi alterati, soprattutto quando la formazione degli stessi risulta cacofonica (maglietta; magliettetta). In più alcuni nomi astratti non tollerano l'alterazione (bellezza, virtù, equità, ecc...). L'alterazione, poi, può favorire fraintendimenti (lupo; lupino; lupetto). In questo caso si parla di falsi alterati (pulce; pulcino). Gianni Rodari, famoso scrittore italiano del Novecento, ha incluso in molte sue produzioni per bambini i nomi alterati e i falsi alterati giocando sugli equivoci che si creano nella lingua italiana. Spesso in italiano gli accrescitivi dei nomi femminili vengono posti al maschile (casa; casone) per rinforzare l'accrescimento, la stessa cosa avviene spesso anche per i diminutivi (tasca; taschino). Come sempre accade bisogna fare molta attenzione al contesto in cui le parole sono inserite. Ad esempio bianchiccio può significare a seconda dei casi un bianco un po'scurito senza giudizi di valore oppure un bianco "brutto", non del tutto pulito o insignificante. Rossella Monaco |
Post n°3040 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I nomi astratti differiscono da quelli concreti perché si rifanno ad entità immateriali, non afferrabili attraverso i sensi; non si possono né toccare né sentire né gustare né vedere né annusare. Sono oggetti esistenti solo nella nostra mente, come concetti puramente separati dalla sostanza delle cose, sentimenti, idee, emozioni. Questi nomi terminano per lo più in -tà, -anza, -enza, -ezza, -ione, -izia, -igia, -ura. Alcuni derivano da verbi e esprimono l'azione o l'effetto di quella stessa azione (bellezza, ingiustizia, paura, deferenza, concordanza, felicità, scrittura ecc...) labile e dipendente dal contesto della frase nella sezione nomi concreti. Rossella Monaco |
Post n°3039 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I nomi concreti sono nomi comuni che stanno ad indicare cose, persone e animali che l'essere umano è in grado di percepire con almeno uno dei cinque sensi (donna, pane, bicicletta, libro, ecc...). Bisogna prestare molta attenzione nel categorizzare i nomi in "concreti" e "astratti" perché spesso la decisione può essere soggettiva o quanto meno può dipendere dal contesto. Serianni (1989) sottolinea la difficoltà di questa scelta. La nostra lingua è mutevole e i significati possono trasformarsi da epoca in epoca. L'etimologia di molte parole italiane è concreta, si rifà spesso alla quotidianità più spicciola ma a volte le parole cambiano significato e diventano concetti astratti o concreti in base al contesto . Sembra di capire che quasi tutto sia inizialmente concreto e che solo in seguito dal significato originario ne derivi un altro stratto, ma in realtà se ci pensiamo bene qualsiasi denominazione è frutto di uno sforzo mentale dell'uomo di distinguere le cose e le persone. Sensini (1997) scrive «Come si vede, se da un lato molti nomi sono indubbiamente "concreti" (Pierino, caffettiera, leone) e molti altri indubbiamente "astratti" (lealtà, giustizia, virtù) sono però moltissimi anche quelli che offrono un largo margine di incertezza [...]. Molto discussa, in particolare, è la definizione dei nomi che, come partenza, corsa, salto e lettura, indicano al tempo stesso un concetto astratto e un'azione percepibile con i sensi, anche se priva di consistenza materiale». Alcuni studiosi hanno deciso addirittura di abolire la differenza che comunque è percepibile ed esiste. Es. La bontà dell'essere umano è rara ("bontà" è astratto perché indica una qualità generica degli uomini, derivata e "astratta" da caratteristiche materiali: comportarsi bene, aiutare disinteressatamente gli altri ecc...) Il bignè è una bontà ("bontà" è concreto perché si riferisce a un oggetto specifico fatto di caratteristiche concrete, la qualità di essere buono al gusto). |
Post n°3038 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I nomi collettivi indicano gruppi di persone, cose e animali in un'unica parola al singolare. Hanno anche il plurale che serve invece a designare più raggrup- pamenti. Comitiva, stormo, gregge, truppa, squadra, flotta, pineta, scolaresca, mandria, coro sono tutti nomi collettivi e ne esistono molti altri. Il nome collettivo pone a volte delle difficoltà nella concordanza di verbi e aggettivi rispetto al numero, proprio per questa sua caratteristica di essere uno e allo stesso tempo indice di un insieme di oggetti, persone o animali. Secondo la grammatica italiana se il nome collettivo fa da soggetto ed è al singolare il verbo andrà coniugato al singolare. Es. La comitiva ha camminato per più di un'ora Spesso però capita di scrivere il verbo al plurale e questo succede in particolare in presenza di un complemento di specificazione a seguito del nome collettivo singolare. Es. Un gruppo di studenti hanno cantato alla festa di Natale Dal punto di vista grammaticale è sicuramente errato, mentre ritorna all'interno delle regole stabilite se il soggetto logico della frase viene sostituito grazie a un pronome relativo. Es. Un gruppo di studenti che hanno cantato alla festa di Natale In questo caso il verbo al plurale è corretto perché il soggetto della proposizione è il pronome relativo "che" il quale si può riferire alla parola studenti e non più a gruppo. Per quanto riguarda gli aggettivi invece è esatto scrivere Un gruppo di ragazzi irrequieti, ma anche Un gruppo di ragazzi irrequieto. Si ha però una leggera sfumatura di significato perché nella prima frase si sottintende che ogni ragazzo di quel gruppo è irrequieto e nel secondo caso si sottolinea il fatto che è il gruppo a essere irrequieto, nella sua totalità. Rossella Monaco |
Post n°3037 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I nomi propri indicano persone, animali e cose individualmente. Rosa tesse la tela Matisse beve il latte dalla ciotola sul pavimento Il Corriere della Sera è un quotidiano molto letto in Italia Questi esempi ci riportano rispettivamente a una donna in particolare, a un animale domestico preciso e alla denominazione di un quotidiano, una cosa inanimata che ha un nome specifico. I nomi propri di persona sono anche detti antroponomi; i nomi propri che indicano luoghi toponomi. Anche i nomi propri di città (Milano), di fenomeni atmosferici (uragano Katrina), di strade e di luoghi specifici (via Aldo Moro ; Grumellina), di eventi e festività (Natale, Comics Day), di istituzioni (L'arma - intesa come "corpo armato"), di correnti culturali, storiche e artistiche (Decadentismo, Rinascimento) sono nomi propri di cosa in analisi grammaticale. In generale è nome proprio di cosa tutto ciò che può essere identificato singolarmente da una denominazione. I nomi propri sono quasi sempre al singolare, soprattutto se si tratta di persone . Si possono però trovare, in alcuni casi, nomi propri intesi al plurale: Es. I Dominici sono una famiglia simpatica Dominici è nome proprio di persona al plurale perché indica una famiglia, un insieme di persone. Vediamo un altro esempio simile: Es. I Garibaldini sono sbarcati a Marsala Come potete notare, nonostante il plurale i nomi rimangono comunque invariati, per questo motivo in analisi grammaticale non si indicano, generalmente, il genere e il numero dei nomi propri. Ricordate infine che i nomi propri si scrivono sempre con la lettera maiuscola. Rossella Monaco |
Post n°3036 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il nome comune come abbiamo detto indica persone, cose e animali in modo generico; nei dizionari troviamo solo nomi comuni, mai propri, oltre ad altre parti del discorso. Per capire bene cosa si intende con "comune" facciamo un esempio: gatto è nome comune di animale, infatti indica ogni animale appartenente alla specie. Tutti gli appartenenti alla specie si chiamano gatto, per cui è un nome "comune" a molti. Allo stesso modo padre è nome comune di persona perché indica ogni padre e tavolo è nome comune di cosa perché è ogni oggetto della categoria. Per distinguere, invece, tra un gatto qualsiasi e un gatto in particolare è possibile utilizzare gli articoli oppure il nome proprio. Vediamo come: Se dico "il gatto ha mangiato tutto" sto intendendo un gatto in particolare perché l'articolo determinativo il ha la capacità di determinare un sostantivo. Se dico "un gatto ha mangiato tutto" l'articolo indeterminativo lascia intendere il nome in maniera generica, indicando un gatto qualsiasi, non so quindi bene quale individuo in particolare ha compiuto l'azione. Se scrivo "Matisse ha mangiato tutto" dove per Matisse intendo un gatto in particolare che è stato chiamato in questo modo, va da sé che siamo di fronte a un nome proprio di animale. I nomi comuni si scrivono generalmente con la lettera minuscola a meno che compaiano all'inizio di un nuovo periodo, è bene sempre seguire le regole delle maiuscole e delle minuscole che trattiamo qui. I nomi comuni al contrario dei nomi propri variano in genere e in numero, queste caratteristiche, sono indicare in sede di analisi grammaticale. Rossella Monaco |
Post n°3035 pubblicato il 08 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il sostantivo (o nome) è la parte del discorso che serve a indicare un oggetto - astratto o reale - , una persona o un animale con il nome designato. Insieme al verbo costituisce la parte essenziale della frase minima di significato. Esistono anche verbi e altre categorie grammaticali che si dicono sostantivati perché possono assumere la funzione di sostantivo all'interno della frase. Si può distinguere tra nomi propri e nomi comuni. I nomi propri indicano un elemento singolo di una categoria. Ad esempio, Carlo è nome proprio perché indica un singolo individuo all'interno della specie umana. I nomi comuni invece indicano gli oggetti, le persone e gli animali in senso complessivo, generalizzato. Persona è nome comune perché indica potenzialmente qualsiasi individuo del genere umano. Bisogna però fare attenzione perché anche i nomi comuni possono diventare nomi propri se presi a prestito per indicare negozi, attività, riviste, ecc... Ciò di cui dobbiamo tener presente nella distinzione è il contesto. È possibile poi operare una terza classificazione, esistono infatti i nomi collettivi che indicano un gruppo, un insieme di esseri della stessa specie con una sola parola (gregge, gente, popolo, ecc...) Ogni nome può poi essere: astratto, che distingue entità immateriali, concetti e idee che non si riferiscono a nessun oggetto, animale o persona concreti (felicità, testardaggine, anima, ecc...) o concreto, che si riferisce a realtà oggettive verificabili con i cinque sensi (matita, ombrello, scarpa, uomo, cane, ecc...); primitivo, che non deriva da nessun altro nome, verbo o aggettivo italiano (pane, arancia, automobile, ecc...), derivato, che al contrario proviene da altre parole (acquedotto/acqua, libreria/libro ecc..) o alterato, che utilizza dei suffissi per modificare parzialmente il suo significato esprimendo una qualità senza l'aggettivo qualificativo o per indicare lo stato d'animo nei confronti dell'oggetto; composto, che si crea dalla congiunzione di due parole distinte, aggettivo + aggettivo (pianoforte), nome + aggettivo (cassaforte), nome + nome (pescespada), verbo + nome (appendiabiti), verbo + verbo (saliscendi) e altre combinazioni che vedremo più approfonditamente qui; Il nome è variabile in genere (maschile, femminile) e in numero (singolare, plurale). Di solito i sostantivi che terminano in -o sono maschili e al plurale finiscono in -i (gatto/gatti, piatto/piatti, sandalo/sandali...). Anche se esistono nomi femminili che terminano in -o e al plurale vogliono la -i (mano/mani...). I sostantivi in -a sono in genere femminili e al plurale cambiano in -e (palla/palle, ventola/ventole, anima/anime...). Anche se esistono nomi maschili che terminano in -a e al plurale vogliono la -i (poeta/poeti, problema/problemi...) I nomi che terminano in -e, invece, possono essere sia maschili che femminili e il loro plurale è in -i (cenere/ceneri, limone/limoni, indice/indici...). Ci sono poi sostantivi che al singolare hanno un'unica forma e al plurale terminano in -i o in -e a seconda che si voglia esprimere il maschile o il femminile (dentista = dentisti/dentiste). Non dimentichiamo i plurali invariabili (la città/le città, l'autobus/gli autobus, la radio/ le radio, la tesi/le tesi...), i plurali irregolari (uomo/uomini, l'uovo/le uova, il dito/le dita...) e i plurali dei nomi composti che vedremo qui. Alcuni nomi hanno due plurali dal significato distinto, ad esempio il sostantivo osso che al plurale può essere ossi (per il cane) oppure ossa (umane o di altri esseri viventi). In caso di dubbi sul genere e sui plurali è sempre meglio affidarsi a un buon vocabolario. Rossella Monaco |
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