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Messaggi del 02/10/2020
Post n°3269 pubblicato il 02 Ottobre 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet. 28 luglio 2020 Una data controversa per il popolamento delle Americhe all'Ultimo massimo glaciale (©Ciprian Ardelean) Nuovi scavi in un sito nel Messico centrale hanno riportato alla luce resti archeologici che retrodatano di 15.000 anni il popolamento del continente americano. Ma secondo alcuni esperti le prove raccolte non sono sufficienti per una revisione così drastica di un passaggio fondamentale della storia umana. Gli archeologi che hanno condotto una serie di scavi in una grotta nelle montagne del Messico centrale hanno portato alla luce prove che esseri umani hanno occupato l'area più di 30.000 anni fa, suggerendo che il primo popolamento del Nord America è avvenuto almeno 15.000 anni prima di quanto si pensava. Il ritrovamento, che riguarda centinaia di antichi utensili in pietra, è supportato da una nuova analisi statistica che integra dati provenienti da altri siti. Ma la conclusione ha suscitato polemiche tra alcuni ricercatori. "Di fronte a un'affermazione così drastica, devono esserci le prove necessarie per supportarla", commenta l'archeologo Kurt Rademaker della State University a East Lansing. I primi esseri umani giunti nelle Americhe provenivano dall'Asia orientale, ma si discute molto su quando abbiano iniziato ad arrivare. Alcuni ricercatori pensano che potrebbe essere stato già 130.000 anni fa, anche se la maggior parte delle prove archeologiche a sostegno di questa teoria è contestata; per esempio, alcuni dei manufatti in pietra sono così semplici che gli scettici sostengono che probabilmente sono stati prodotti da processi geologici naturali e non da esseri umani. L'opinione condivisa è che il popolamento delle Americhe sia iniziato circa 15.000 o 16.000 anni fa, sulla base delle prove genetiche e dei reperti trovati i n diversi siti, tra cui quello di Monte Verde II, in Cile, risalente a 14.000 anni fa. Le ultime scoperte, pubblicate il 22 luglio su "Nature", mettono in discussione questo consenso. Un gruppo guidato da Ciprian Ardelean, dell'Università Autonoma di Zacatecas, in Messico, sta conducendo dal 2012 scavi nella grotta di Chiquihuite, situata a 2740 metri sul livello del mare, sui Monti Astillero. I ricercatori hanno scoperto quasi 2000 utensili in pietra, 239 dei quali erano inglobati in strati di ghiaia che una datazione al carbonio situa cronologicamente tra i 25.000 e i 32.000 anni fa. Utensili più antichi sono talmente pochi che Ardelean pensa che il sito sia stato visitato solo occasionalmente, e che forse veniva usato come rifugio a intervalli di qualche decennio, durante inverni particolarmente rigidi. Al culmine dell'ultima era glaciale, 26.000 anni fa, il Nord America era un luogo pericoloso. "Ci devono essere state terribili tempeste, grandine, neve", spiega. E aggiunge che la grotta di Chiquihuite è ben isolata e avrebbe potuto offrire un riparo agli esseri umani che si fossero trovati nella zona. Dati controversi Il gruppo presenta buoni argomenti a favore di possibile occupazione umana antica, dice François Lanoë, archeologo e antropologo dell'Università dell'Arizona a Tucson. Ma aggiunge che i dati provenienti dalle grotte sono "notoriamente problematici" da interpretare. Gli utensili in pietra potrebbero essere stati spostati in strati più profondi dall'attività geologica o biologica - forse mossi da animali che scavavano tane - facendoli apparire più vecchi di quanto siano. E dando per scontato che siano davvero utensili di pietra. "Se un artefatto è un utensile di pietra, si vedono numerose schegge rimosse dal bordo", dice Rademaker, che non vede alcuna chiara prova di questo nelle immagini dell'articolo, sottolineando un punto rilevato anche dall'archeologo Ben Potter dell'Università di Liaocheng, in Cina. Ardelean ammette che alcuni degli strumenti potrebbero essersi spostati in strati più profondi, ma sottolinea che i 239 strumenti più antichi giacciono sotto uno strato impenetrabile di fango formatosi durante l'Ultimo massimo glaciale, quindi devono essere almeno altrettanto antichi. E insiste che si tratta di utensili: secondo lui, alcuni segni suggeriscono che sono stati prodotti da principianti che imparavano da esperti. "In questo sito, qualcuno stava insegnando a qualcun altro", afferma il ricercatore. A parte gli utensili in pietra, il team ha trovato un numero relativamente esiguo di prove di presenza umana. I genetisti guidati da Eske Willerslev dell'Università di Copenaghen hanno cercato DNA umano antico nei detriti della grotta, ma senza fortuna. "Naturalmente sono rimasta deluso", spiega Ardelean. I primi coloni In un secondo studio, anch'esso pubblicato su "Nature", due dei colleghi di Ardelean, gli archeologi Thomas Higham e Lorena Becerra-Valdivia dell'Università di Oxford, hanno combinato le prove della grotta Chiquihuite con i dati di altri 41 siti archeologici del Nord America e di una regione della Siberia orientale e dell'Alaska occidentale, la Beringia, e costruito un modello statistico dei primi insediamenti umani, concludendo che gli esseri umani erano presenti in tutto il Nord America molto prima della data condivisa di 15.000-16.000 anni fa. (©Mads Thomsen) Alcuni archeologi ritengono che sia giunto il momento di prendere sul serio queste idee. "Il numero crescente di prove sulla presenza di esseri umani in Beringia 15.000 anni fa rende meno sorprendente la loro comparsa in luoghi come il Messico di 20.000 o 30.000 anni fa", dice John Hoffecker, archeologo dell'Università del Colorado a Boulder. Nuovi pionieri per la colonizzazione delle Americhe? che Becerra-Valdivia e Higham presuppongono che i siti arcaici come la grotta di Chiquihuite e le Bluefish Caves, nello Yukon, in Canada, dove i manufatti sono stati datati a 24.000 anni fa, offrono prove inequivocabili dell'attività umana. "Questo è lungi dall'essere vero", dice. Becerra-Valdivia accetta che le prove provenienti dalla maggior parte dei siti - a eccezione del sito di Monte Verde II - sono contestate, ma afferma che l'analisi ha volutamente omesso informazioni dai siti più controversi per rendere più forte la loro argomenta- zione. Se davvero c'erano esseri umani in Nord America in un'epoca così antica, non è chiaro che cosa ne sia stato di loro. "Non ci sono ancora prove genetiche convincenti di una presenza umana nelle Americhe prima di 15.000 anni fa", commenta il genetista David Reich, della Harvard Medical School di Boston, nel Massachusetts. Ardelean sostiene che c'è una semplice ragione per cui gli studi genetici suggeriscono che gli esseri umani si siano diffusi nelle Americhe solo relativamente di recente: gruppi arcaici come quello che secondo lui era presente nella grotta di Chiquihuite non sono sopravvissuti tanto da contribuire ai corredi genetici moderni. "Sono decisamente a favore dell'idea dei cosiddetti gruppi perduti", conclude il ricercatore. (L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Nature" il 22 luglio 2020. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.) |
Post n°3268 pubblicato il 02 Ottobre 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Come 4000 anni fa: in Italia si può rivivere l'esperienza preistorica nelle palafitte Un tempo un villaggio di palafitte sorgeva qui: vienilo a scoprire 28 Luglio 2020 Condividi su Facebook+ Esiste un luogo, in Trentino, bello e affascinante come tutti gli specchi d'acqua che appartengono a questo incredibile territorio. Illago di Ledro, come molti altri della zona, è caratterizzato da uno splendido celeste delle acque e dal panorama naturale che lo circonda tutto intorno. Eppure questo luogo, ha nascosto per secoli un affascinante segreto: le fondamenta di un villaggio di palafitte risalente all'Età del Bronzo. Se vi state chiedendo come si viveva 4000 anni fa, una visita nella Valle di Ledro potrà darvi le risposte che cercate. Qui le palafitte, ora patrimonio Unesco, abbracciano le acque cristalline e color cobalto del lago. Le palafitte della Valle di Ledro_Fonte I-stock Le palafitte sono state scoperte solo nel 1929, in seguito ad un abbassamento della centrale idroelettrica del Ponale. Fu però il successivo abbassamento del livello lacustre.che si verificò intorno al 1936, a portare alla luce l'intero villaggio suscitando l'interesse della comunità archeologica internazionale Le Palafitte di Ledro rappresentano oggi una delle testimonianze palafitticole più importanti d'Europa, riconosciute nel 2021 come Patrimonio Mondiale dell'UNESCO insieme ad altri 110 siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino. Il villaggio è oggi diventato un vero e proprio percorso didattico alla scoperta del mondo di 4000 anni fa. Le capanne in legno e paglia costruite sull'acqua e collegate alla terra attraverso una pedana rimovibile consentivano alle popolazioni del villaggio di rimanere isolati ed evitare gli attacchi di animali feroci. Oggi le strutture sono state ricostruite e, oltre a conservare i reperti e gli utensili dell'epoca del bronzo, svolgono la funzione di contenitori tematici. Esiste, infatti, la capanna dello sciamano, quella dell'artigiano e quella del capovillaggio, tutte mostrano attraverso reperti dell'epoca del Bronzo, tra i quali frecce, archi e altri utensili, com'era la vita all'interno della comunità. Adiacente al villaggio, è stato costruito un museo, oggi sezione territoriale del Muse: qui sono esposti tutti i reperti trovati nei pressi delle palafitte durante gli scavi effettuati negli anni. Ceramiche, stoviglie, strumenti per la caccia, per la pesca e l'agricoltura mostrano le abitudini dei nostri antenati. Il Consorzio Turistico della Valle di Ledro, organizza oggi tantissime attività in questa zona e in passato ha anche offerto la possibilità, attraverso un concorso di dormire nelle palafitte o di assaporare una cena preistorica.
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Post n°3267 pubblicato il 02 Ottobre 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet. SCIENZA A due anni dalla scoperta di un lago sotto la calotta polare sud del pianeta Marte, ricercatori italiani scoprono una rete di laghi di acqua salata Scoperti con il radar Marsis, fornito dall'Agenzia Spaziale Italiana (Asi) alla missione Mars Express dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) Tweet Uno dei laghi scoperti su Marte 28 settembre 2020 C'è una rete di laghi salati sotto i ghiacci del polo Sud di Marte, che potrebbe aiutare a riscrivere la storia del clima sul pianeta e a far luce sull'eventuale esistenza di forme di vita elementare. Intorno al lago scoperto nel 2018 da un gruppo italiano, ce ne sono altri tre descritti sulla rivista Nature Astronomy dagli stessi autori del primo studio, coordinati da Elena Pettinelli e Sebastian Emanuel Lauro, dell'Università di Roma Tre, con Roberto Orosei, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Hanno partecipato ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e italiani che lavorano in Australia (University of Southern Queensland) e Germania (Jacobs University di Brema). Anche i nuovi laghi sono stati scoperti con il radar Marsis, fornito dall'Agenzia Spaziale Italiana (Asi) alla missione Mars Express dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa). "Rispetto al 2018 abbiamo allargato molto l'area di studio e utilizzato un diverso metodo di analisi, ora i dati indicano che esiste un sistema idrico più ampio" afferma Elena Pettinelli. Se due anni fa la ricerca era stata condotta su un'area di 20 chilometri quadrati,ora è stata passata in rassegna un'area di 250 chilometri per 300 e "il fatto che ci siano strutture idrologiche complesse suggerisce che possano essercene altre". L'entusiamo dei ricercatori è alle stelle: "la scoperta del 2018 è stata solo la prima prova di un sistema molto più ampio di corpi idrici liquidi nel sottosuolo marziano: è esattamente quello che avrei sperato, un grande risultato, davvero!" osserva Enrico Flamini, presidente della Scuola Internazionale di Ricerche per le Scienze Planetarie (IRSPS) presso l'Università di Chieti-Pescara e fra gli autori della ricerca di due anni fa, quando era responsabile scientifico dell'Asi. Soddisfatto anche il responsabile scientifico del radar Marsis, Roberto Orosei, per il quale "la scoperta di un intero sistema di laghi implica che il loro processo di formazione sia relativamente semplice e comune, e che questi laghi probabilmente siano esistiti per gran parte della storia di Marte. Per questo - ha rilevato - potrebbero conservare ancora oggi le tracce di eventuali forme di vita che abbiano potuto evolversi quando Marte aveva un'atmosfera densa, un clima più mite e la presenza di acqua liquida in superficie, similmente alla Terra dei primordi". La scoperta spiegata da Roberto Orosei "Se c'è mai stata una forma di vita che si è evoluta nel periodo in cui Marte aveva un clima più temperato dell'attuale, questi laghi potrebbero aver fornito un rifugio per la vita e aver permesso alla vita di sopravvivere fino a oggi". - See more at: http://www.rainews.i t/dl/rainews/articoli/Marte-italiani-scoprono-una-rete- di-laghi-salati-69be82e1-3049-4d0d-82fe-911e 24679147.html |
Post n°3266 pubblicato il 02 Ottobre 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Gli alieni esistono eci stanno studiandocome in uno zoosu Libero CashbackVIRGILIO CURIOSITÀ29 MARZO 201925.949 visualizzazioni E se esistesse un Grande Fratello galattico che gli alieni accendono ogni sera pigramente sul loro divano e del quale i protagonisti siamo noi? Ci potrebbero guardare, guardare come noi andiamo a vedere gli animali allo zoo, ci divertiamo a stuzzicarli e speriamo vivamente che facciano qualcosa per intrattenerci. Ecco, se fossimo noi gli animali, la cosa sarebbe meno divertente per non dire inquietante. Questa ipotesi è stata sondata da un gruppo di ricercatori internazionali in occasione di una riunione indetta dall'organizzazione no-profit Messaging to Extraterrestrial Intelligence (METI). Il raduno, che ha avuto luogo presso il museo della Città della Scienza e dell'Industria a Parigi, ha riunito circa 60 scienziati intenti a studiare la possibilità di comunicazione con extraterrestri i ntelligenti. Una prima ipotesi stesa dagli scienziati è che gli alieni siano consapevoli dell'esistenza della Terra e la stiano osservando proprio come allo zoo, e che quindi gli umani dovrebbero aumentare i loro sforzi per creare messaggi in grado di raggiungere le orecchie aliene, per dimostrare come il nostro pianeta sia abitato da creature intelligenti. Un'altra teoria è invece che gli extraterrestri ci stiano isolando volontariamente dal loro contatto per salvaguardarci. Basterebbe pensare a che impatto sconvolgente sarebbe per l'uomo interagire con delle creature aliene. Insomma, un'ipotesi quest'ultima che vede i Marziani come esseri buoni. Infine, gli scienziati prendono anche in considera- zione che gli alieni siano intenti a sopravvivere in un clima avverso e che quindi non si curino di noi umani. Insomma, tutto plausibile, o quasi... |
Post n°3265 pubblicato il 02 Ottobre 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Ragazzo si fa operare per sembrare un alieno2Se condividi l'articolo su Facebook guadagni crediti vip su Libero Cashback VIRGILIO EMOZIONI01 OTTOBRE 20203 .250 visualizzazioni "La vita di plastica è fantastica" cantava nel 1997 la band danese degli Aqua nella famosa hit "Barbie Girl", ma negli ultimi anni la realtà ha spesso superato l'ironia di quel testo apparentemente leggero: dopo i ragazzi che hanno voluto trasformarsi inKen-umani, ha fatto scalpore l'incredibile metamorfosi di un giovane di origine francese. Anthony Loffredo, un trentaduenne nato in Francia ma emigrato in Australia all'età di 24 anni, è salito alla ribalta delle cronache per aver scelto di modificare drasticamente il suo volto per assomigliare il più possibile ad una creatura aliena. Quella che non è inopportuno definire come una vera e propria "mutazione", era iniziata anni fa con tatuaggi che avevano ricoperto completamente la testa e il viso del giovane e cambiato il colore dei suoi bulbi oculari, proseguendo con l'impianto di protesi in rilievo sotto il cuoio capelluto e diversi piercing qua e là, la biforcazione della lingua e, più recentemente, l'asportazione dei padiglioni auricolari. L'ultimo atto di Anthony per perdere quasi ogni parvenza di aspetto umano, si è compiuto quest'anno a Barcellona, dove un chirurgo lo ha operato per rimuovergli il naso: le scioccanti immagini del risultato finale sono state orgogliosamente postate da Loffredo sul profilo Instagram "the_black_alien_project". Aldilà delle contrastanti reazioni che sa di poter creare nel pubblico, il neo extraterrestre, - anche se forse sarebbe più opportuno definirlo "ex terrestre" -, ha dichiarato di essere finalmente felice e di sentirsi davvero bene nei panni di un personaggio spaventoso. |
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