Pensieri in libertà
Pensieri, parole, magari qualche idea... chissà... prolissa o sintetica, riflessiva, concreta o astratta, confusa, un po' nebulosa, magari irrazionale, empatica e... chissà
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Post n°146 pubblicato il 26 Agosto 2013 da bluestella
... Non ho mai saputo il vero nome di Chahine, non aveva neppure più la forza di pronunciarlo. Gli ho dato questo soprannome perché a volte, la notte, in preda ai deliri della febbre, parlava nel sonno e invocava un uccello bianco perché venisse a liberarlo, chahine, in arabo, il falco pellegrino dal piumaggio candido. Ho cercato il significato di questa parola dopo la guerra, quando ero immerso nelle memorie di quei giorni. Prigioniero da mesi, Chahine moriva lentamente. Il suo corpo era sempre più debole e lo stomaco gli si era ristretto al punto che ormai non tollerava nemmeno la zuppa. Una mattina, mentre ero intento a spidocchiarmi, ho incrociato il suo sguardo che mi invocava in silenzio. Mi sono avvicinato e lui ha chiamato a raccolta tutte le sue energie per regalarmi un sorriso. appena accennato, ma pur sempre un sorriso. poi ha rivolto lo sguardo alle sue gambe, devastate dalla scabbia. ho compreso la sua supplica. Presto la morte se lo sarebbe portato via, ma Chahine voleva accoglierla con decoro e, per quanto possibile, pulito. Ho avvicinato la mia branda alla sua e così, la notte, gli toglievo le pulci, snidavo i pidocchi nascosti tra le pieghe della sua camicia. Di tanto in tanto si sforzava di rivolgermi uno dei suoi fragili sorrisi: era il suo modo di ringraziarmi. In realtà ero io che avrei voluto farlo. Quando distribuivano il rancio della sera, mi faceva cenno che dessi la sua razione a Claude. "A che serve nutrire un corpo già morto?" sussurrava. "Salva tuo fratello, è giovane, ha tanto da vivere." Chahine aspettava la sera per parlare. Forse aveva bisogno di essere circondato dal silenzio della notte per ritrovare un bricciolo di forza. In quei momenti passati insieme ci regalavamo un po' di umanità. Padre Joseph, il cappellano della prigione, usava le sue tessere annonarie per lui. Ogni settimana portava a Chahine un piccolo pacco di biscotti. Io li spezzettavo e costringevo il mio amico a mangiarli. Per sgranocchiarne un pezzettino ci metteva più di un'ora, a volte anche due. finché, spossato, mi pregava di dare il resto ai compagni, in modo che il sacrificio di padre Joseph non andasse sprecato. Come vedi ti sto raccontando la storia di un prete che si priva del cibo per un arabo, di un arabo che salva un ebreo dandogli ancora un motivo di speranza, di un ebreo che tiene un arabo tra le braccia mentre muore, nell'attesa che venga il proprio turno. Vedi, è la storia del mondo degli uomini, con i suoi momenti di inaspettata meraviglia.
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