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L'ALBA
E' già l'alba
e sono sveglio da un pò.
Il treno per Roma
ha annunciato, come sempre,
con un fischio sfiatato
il suo passaggio.
Tendo la mano verso di te
che con fare pigro
ti giri dall'altro lato del letto
e riprendi il tuo ... dormire.
Un altro giorno è cominciato
e lieto gli sorrido.
Roberto
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Post n°252 pubblicato il 20 Gennaio 2009 da bobo5501
A Giovinazzo la domenica dopo il 17 gennaio, si celebra con dei grandi falò il culto di Sant'Antonio, il santo eremita protettore degli animali, custode dell’inferno e che sottrae con abili stratagemmi ai diavoli le anime dei malcapitati. La tradizione del paese vuole che si preparino delle grandi cataste di legno da incendiare durante le ore del pomeriggio, che vi si ponga accanto per cuocere negli originali contenitori di creta, detti Pegnéte, le fave e i ceci e che intorno ad essi la gente si ritrovi a chiacchierare e a mangiare i legumi e le favolose olive tipiche della zona, dal frutto carnoso e dolce, conservate in acqua e sale. Questo pasto che è sempre stato ricordato come Le Capriète viene accompagnato con vino novello e contornato di frutta secca. La tradizione inoltre vuole che quando il fuoco è ormai diventato brace, ognuno porti a casa un pezzo di carbone o un po' di cenere in segno di buon auspicio. Il gesto nasce dalla difficoltà che le classi povere del passato avevano nell'accensione del focolare domestico, per cui un tizzone ardente o la cenere ancora vivida e cosparsa di piccoli carboncini costituivano la risorsa primaria che consentiva l'accensione delle fascine nelle cucine dei poveri. Oggi, il gesto è puramente scaramantico. Un appuntamento quello che vi aspetta a Giovinazzo da non perdere ricco di suggestioni d’altri tempi e sapori unici! Questa è la descrizione che in più siti troverete della celebrazione di Sant’Antonio abate nel Paese che ormai da molti anni mi ospita e del quale inizio a sentirmi parte integrante: Giovinazzo. Ovviamente essendomi integrato sufficientemente ho iniziato a vivere le tradizioni paesane e così anche quest’anno con i soliti amici ci siamo dati appuntamento per la festa in questione; però quest’anno abbiamo scisso l’aspetto gastronomico (apportando alcune varianti a quella che è la tradizione su descritta) da quello celebrativo vero e proprio. Infatti sabato, girono in cui cadeva effettivamente la festività, ci siamo riuniti nella villa di campagna di una coppia di amici ed oltre a “Le Capriète” già descritte, abbiamo introdotto nel menù un’ innumerevole quantità e varietà di altre pietanze: dall’antipasto all’italiano con salumi dolci e piccanti e formaggi, alle pizze rustiche, alla parmigiana di melanzane, e non ultime le braciole (involtini per gli italiani) di carne di cavallo cucinate a fuoco lento per oltre 8 ore, il tutto innaffiato con un vino rosso molto corposo. Per non farci mancare nulla, le signore, che già tanto si erano espresse nella preparazione di quanto su elencato, hanno voluto strafare con la preparazione di tre torte, tutte veramente ottime. Inutile sottolineare quanto male ci siamo fatti, ma una volta ogni tanto (frase che diciamo spessissimo come attenuante al nostro comportamento non proprio salutare, ma che ormai non convince più nessuno) … Ieri invece ci siamo concessi una splendida passeggiata per il paese alla ricerca dei falò più belli, facendo anche un lungo giro nel paese vecchio. Tantissima (anzi troppa) la gente che aveva avuto la nostra idea e la passeggiata ha assunto presto i connotati di processione. Abbiamo chiuso la serata assistendo ad una manifestazione di un gruppo salentino che ha cantato e ballato, nella piazza principale del paese, esibendosi in una lunga serie di tarantelle e pizziche. Chiuso definitivamente da qualche giorno il capitolo feste natalizie, sabato si è dato il via a quello del carnevale e già ieri le prime maschere hanno fatto la loro apparizione con gesti scherzosi e tanti coriandoli. Adesso vi saluto, la moto mi aspetta per una bella gita in valle d’Itria. Buona giornata a tutti |
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