Creato da arth2006 il 26/10/2007
tracce

osterie

la piu'antica osteria del mondo si trova a Ferrara,e si chiama "Il calice".Era frequentata da personaggi illustri quali Torquato Tasso e Ludovico Ariosto.E aperta dal 1400 circa,e si gustano tutt'ora salumi,tortelli di zucca ,pane squisito ovviamente di Ferrara e naturalmente vino.(dal guinness dei primati)
 

SAN PETRONIO

La basilica di San Petronio affascinò Giosuè Carducci, che le dedicò la poesia Nella piazza di San Petronio:
Surge nel chiaro inverno la fosca turrita Bologna,
e il colle sopra bianco di neve ride.
È l'ora soave che il sol morituro saluta
le torri e 'l tempio, divo Petronio, tuo;
le torri i cui merli tant'ala di secolo lambe,
e del solenne tempio la solitaria cima.
Il cielo in freddo fulgore adamàntino brilla;
e l'aër come velo d'argento giace
su 'l fòro, lieve sfumando a torno le moli
che levò cupe il braccio clipeato de gli avi.
Su gli alti fastigi s'indugia il sole guardando
con un sorriso languido di vïola,
che ne la bigia pietra nel fosco vermiglio mattone
par che risvegli l'anima de i secoli,
e un desio mesto pe 'l rigido aëre sveglia
di rossi maggi, di calde aulenti sere,
quando le donne gentili danzavano in piazza
e co' i re vinti i consoli tornavano.
Tale la musa ride fuggente al verso in cui trema
un desiderio vano de la bellezza antica.
 

S.PETRONIO 2

LA CHIESA DI S.PETRONIO FU INIZIATA NEL 1390 E COMPIUTA MA MAI TERMINATA NEL 1479. AL SUO INTERNO SI TROVA L'ORGANO PIU'ANTICO DEL MONDO.COME DIMENSIONI E' COMUNQUE LA QUINTA CHIESA AL MONDO.
 

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IL FUOCO SACRO

Post n°8 pubblicato il 15 Novembre 2007 da arth2006

 

Ci sono donne
e uomini che hanno l'abitudine di non scherzare col fuoco e la capacità
di saperlo dominare ed estinguere. Conoscono la ricetta per affrontare una malattia
che nel nome è, allo stesso tempo, dolorosa metafora e invocazione sofferta
di esserne liberati.

I
guaritori del fuoco di Sant'Antonio sono in tutta Italia, la loro sapienza ha
diversi modi e rituali ma, pare, la stessa efficacia. L'unica possibile secondo
loro, perché il fuoco di Sant'Antonio (o herpes zoster, infezione
dei nervi che si estende ad alcune zone della pelle provocando un'eruzione dolorosa
di vescicole che in seguito formano una crosta, con il dolore che può perdurare
per mesi o addirittura per anni, anche dopo la guarigione dell'eruzione cutanea)
è malattia difficilissima da curare e, senza il loro intervento, senza
i loro segni, continua ad allargarsi e non dà tregua. Tanto che, spesso,
sono gli stessi medici a indirizzare i pazienti verso queste cure "alternative".



Sant'Antonio abate. L'iconografia tradizionale lo rappresenta sempre con due elementi inscindibili: il fuoco e un maiale.
Sant'Antonio
Abate, che curava il "fuoco"

In
effetti, conferma l'enciclopedia medica, "una volta che l'eruzione cutanea
è comparsa in fase totale, non esistono molte possibilità per influire
sul decorso della malattia; per alleviare il dolore si può provare con
stimolazione della pelle mediante frizioni intermittenti, passaggio di corrente
elettrica alternata attraverso la pelle, applicazione locale di calore, nebulizzazioni
fredde e resezione chirurgica dei nervi, ma - conclude sconsolata la stessa enciclopedia
- nessuno di questi sistemi si è dimostrato costantemente efficace".
E allora davvero non resta che rimettersi nelle mani "antiche" dei guaritori
popolari.

Alcuni
si sentono dei predestinati, come in alcune zone della Toscana, dove, per poter
curare, bisogna essere l'ultimo di sette figli, tutti maschi o tutte femmine,
e non c'è possibilità di tramandare questa capacità a nessuno:
è qualcosa che uno ha già al momento della nascita o non potrà
avere mai. Naturalmente, con queste condizioni, era più facile trovare
un guaritore anni fa piuttosto che oggi e ormai la "virtù", questo
segno del destino, dovrebbe essere in mano a pochi. Ma quei pochi sanno che non
possono sottrarsi, rifiutare non si può, e allora al malato con pazienza
si ripetono i segni della croce quattro, cinque volte, fino a quando si "sente"
che si deve smettere; ma poi si ricomincia dopo mezz'ora, e poi ancora e ancora,
fino a stremare il male, prima che il male non stremi il paziente, o il guaritore.
Ogni paziente è accolto, che creda o no nelle loro mani e nelle loro formule
fa lo stesso, tanto una volta guarito si ravvederà, e nulla è dovuto
in cambio, al massimo un presente di riconoscenza che, si può esserne sicuri,
arriverà.

Non
sempre la "virtù" è un segno, a volte è il risultato
di un antico sapere che si tramanda con scrupolo, parola dopo parola, gesto dopo
gesto. Come dall'altra parte degli Appennini, in Emilia, dove il fuoco si segna
in un cerchio con la biro e su quel segno si fanno delle croci, dispari, mi raccomando,
e non meno di tredici; si pronunciano formule e invocazioni da non rivelare a
nessuno (se non a chi si vuole che impari), da tenere segrete perché sono
cose serie, sono cose che danno aiuto. Il male, circondato dal segno, si ritrae
e il dolore sparisce, ma il paziente deve tornare per tre giorni di seguito: se
si vuole guarire del tutto ci vuole tempo e pazienza.

Ma
il fuoco che è fuori è anche dentro e allora in Basilicata, per
curarlo, si prende il sambuco (le foglie se è estate, gli steli se è
inverno), si fa bollire, e si fa bere l'acqua al malato; poi, con l'acqua che
resta, si fanno gli impacchi. Ma non basta, ci vuole anche l'altra cura. Per tre
martedì di seguito (il martedì è il giorno di S. Antonio)
si accende un fuoco, si mette il dito nella cenere e si ripete questa formula:
"S. Antonio da Padova venisti, tredici grazie facesti, dispensane una
a quest'anima di Dio, spegni questo fuoco a quest'anima di Dio
". Infine
si prendono tutte le braci, si spargono per strada e si ricomincia la litania:
"Come si spegne questo fuoco in mezzo alla strada, spegni questo fuoco
a quest'anima di Dio. Tu sei il patrono del fuoco. La virtù è tua
e non mia…
". Una formula che questa volta, dunque, non è
segreta ma ha la stessa efficacia. Garantiscono i "miracolati".



 
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