vita nuova

UNA NUOVA PAGINA DEL "LIBRO DELLA VITA"

 
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RIFUGIO QUINTO ALPINI, NATURA, TREKKING E ALPINI

Nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio, a 2877 mt, fra le vette del gruppo dell’Ortles-Cevedale (Bormio, Alta Valtellina) il Rifugio Quinto Alpini offre un ambiente rinnovato e confortevole con cucina tipica e curata, bar e camere da 4 a 12 posti alcune con bagno privato. Situato su uno sperone di roccia che guarda verso il gruppo del Bernina, il rifugio è punto di partenza per numerose ascensioni ed escursioni con avvicinamento al ghiacciaio di soli 3 minuti, il rifugio, con i suoi 60 posti, è meta e base d’appoggio per escursionisti ed alpinisti alla ricerca della pace e delle emozioni che ancora pochi posti possono regalare…

 

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BRATTA TRA PASSATO E PRESENTE

La Bratta si trova a 1032 metri sul livello del mare ed e' una delle frazioni oggi disabitate del comune di Bianzone, da cui dista circa 6 chilometri .

Non vi sono notizie sulle origini del paese, mentre e' ancora possibile ottenere importanti informazioni sulla vita e gli avvenimenti del secolo passato dalle testimonianze dei "vecc brataroi" che vi hanno abitato e dalla meticolosa documentazione prodotta da don Cirillo Vitalini (1915-2003), per anni sacerdote alla Bratta.

 Nel 1939 Bratta contava 350 abitanti e un centinaio di famiglie la popolazione calo' in modo sensibile dopo la seconda guerra mondiale sia a causa dell'emigrazione in terre più lontante sia perche' molta gente si trasferì a Bianzone. Per la popolazione, dedita al lavoro dei campi e in alcuni casi all' allevamento di poche pecore o capre, la vita non era facile e tutti si arrangiavano come potevano. Gia' durante la seconda guerra mondiale, scarseggiando ogni genere di prima necessita' era consuetudine portare di nascosto oltre il confine svizzero prodotti  come formaggio, farina, castagne, riso  per scambiarli con il sale , introvabile in Valtellina . Una volta finita la guerra, questa attivita' si trasformo' nel contrabbando delle sigarette e poi del caffè.

Alla fine degli anni '60 riducendosi i vantaggio economico di importare prodotti dalla Svizzera ed essendo  migliorate le condizioni di vita e le opportunita' di lavoro, il contrabbando cesso' . Nei primi anni '70, le ultime due famiglie rimaste abbandonaro la frazione.  

Oggi sono in molti a tornare a Bratta durante l'estate , ed finalmente sara' in estate che riusciremo a trasferirci per dare forse nuova vita alla frazione .

 

"SGARBASACC"

Per la popolazione, dedita al lavoro dei campi e in alcuni casi all’allevamento di poche pecore e capre, la vita non era facile e tutti si arrangiavano come potevano .Erano numerosi i giovani e non più giovani , quelli che salla Svizzera, partendo dalle localita’ di Pescia e di Cavaione, valicavano il confine con sacco in spalla, scendevano a Bratta e poi più in basso dove depositavano il carico che veniva ripartito per varie destinazioni.Durante il tragitto, occorreva stare attenti a non incontrare le guardie di finanza della caserma in localita’ Campione che pattugliavano la zona. Nella caserma , costruita nel 1898, erano di stanza 20-25 fianzieri ; il rapporto della popolazione con i militari era controverso: da una parte la gente sapeva che dopo tutto, aveva a che fare con persone, spesso giovani, che vivevano lontano da casa e compivano il loro dovere, dall’altra essere costretti ad abbandonare un carico che poteva valere anche 150.000 lire ( indicativamente 4.000-5.000 euro al giorno d’oggi) era di sicuro fonte di astio nei loro confronti. Così ricorda un abitante della Bratta:…”in un sacco (paiun) c’erano dai 700 ai 1.000 pacchetti di sigarette che pesavano in tutto circa 35 chili. Andare con sacco, rendeva bene, però la fatica era tanta, soprattutto in inverno.Venivano fatti solitamente due viaggi alla settimana e per ognuno si ricevevano 8.000 lire. Anche il sacco del caffe’ pesava sui 35 chili, i viaggi però erano più frequenti, anche due al giorno e , a volte lo facevano anche le donne. La paga era di 6.000 lire a viaggio…Ogni tanto , scoperti dai “sgarbasac” (le guardie di finanza), si era costretti a lasciare qualche sacco, ma difficilmente le guardie cercavano di catturare lo “spallone” che lo trasportava. Il contrabbando , infatti per essendo illegale, nono fu mai osteggiato in modo particolare dalle autorita’ . e’ probabile  che la situazione economica disastrosa che la guerra aveva causato costituivauna attenunate e giustificava almeno moralmente questa attività svolta allo scopo di soddisfare il bisogno di sopravvivenza.

 
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DON CIRILLO

Parlando della  storia di Bratta , non si può non parlare di Don Cirillo Vitalini , montanaro “d.o.c. appena uscito dal Seminario di Como, scende dalla sia alpina e ombrosa vallata in Valfurva per diventare parroco di Bratta. Arriva in paese di notte, e al lume di una candela,fa le prime conoscenze. Don Cirillo vi rimane per 18 anni fino al 20 luglio 1957 condividendo con una popolazione che vive di un’economia agricola povera e marginale gli eventi anche drammatici della guerra e il difficile dopoguerra. Nel settembre del 1943 un primo centinaio di ebrei raggiungono Bratta per cercare salvezza  nella vicina Svizzera. Don Cirillo, parroco e uomo della Resistenza, decide di coprire, sostenere e guidare questi e i numerosi successivi trasferimenti; benché ciò lo esponesse a grossi rischi, anche grazie a trattative con le Guardie di Frontiera, si fa spesso carico di accompagnare i rifugiati sulle montagne. Il 15 agosto del 1944 riesce a scongiurare lo sfollamento della popolazione imposto per le contrade entro i tre chilometri dal confine svizzero. Nel mese di  settembre  dello stesso anno, i militari italiani abbandonano la caserma ed è occupata dal un distaccamento di tedeschi. La caserma verra’ scassinata ed asportate suppellettili e compiuti atti di vandalismo .I tedeschi minacciano di incendiare la frazione di Bratta , i militari sono gia’ in marcia per mettere in atto la ritorsione e la popolazione ha ormai lasciato le case quando il parroco don Cirillo , affronta il comandante , assumendosi una enorme responsabilita’ e un evidente rischio personale. Le trattative durano parecchio , diversa refurtiva viene restituita ,mentre per quella non più recuperata si deve compensare in denaro .

 

 

« PRIMO ANNIVERSARIO ALLA BRATTA

'Il rumore del fieno" il nuovo libro storico-fotografico di Antonio Stefanini

Post n°9 pubblicato il 20 Agosto 2010 da bratta08

Oltre cinquecento intriganti immagini in bianco e nero vecchie dai cinquanta ai centoventi anni, la maggior parte inedite, tra le quali alcune decine di vere e proprie "perle".

 

È il contenuto della nuova fatica libraria di Antonio Stefanini, dal titolo Il rumore del fieno, seguito naturale - anzi evoluzione, come asserisce l'autore nella premessa - del suo precedente e apprezzato Calzavamo scarpe chiodate del 2007.Corredate di concise ma chiare ed eloquenti didascalie, le fotografie compongono un ideale mosaico socio-ambientale di un secolo fa della zona d'indagine dello Stefanini, quella a cavallo, anzi d'incontro, tra Valcamonica e Valtellina, le due più grandi valli alpine lombarde, "poste una perpendicolarmente all'altra quasi a volersi prima o poi intersecare".Il punto di vista, suggerito anche dal poetico titolo, che sottende una punta di nostalgia, è quello di chi viene dalla cultura contadina e che della vita agreste alpina ha conosciuto, per esperienza diretta negli anni 1950-60, l'ultimo periodo precedente la meccanizzazione, ma anche il quasi contemporaneo inizio del progressivo abbandono.
Il filo conduttore del libro vuole però essere un altro, quello suggerito dal sottotitolo: "antiche scene dai luoghi d'incontro tra Valcamonica e Valtellina". Come a dire "il fieno e il mondo contadino sì, ma anche altro". Il percorso circolare, grosso modo est-sud-ovest-nord-est (Valcamonica-Adamello-Edolo-Corteno-Aprica-Teglio-Villa-Tirano-Trivigno-Mortirolo-Gavia), in effetti disegna un'ideale escursione della memoria a visitare in successione i centri degli opposti versanti camuno-tellino. Questi però visti anche come punti di partenza verso i passi di collegamento, attraverso magici luoghi d'incontro lungo le ardite vie di comunicazione e alla sommità dei valichi medesimi.

Ci sono luoghi, persone e gruppi, ma anche documenti che dire interessanti è poco: Cesare Battisti al centro del Gruppo Volontari Alpini costituito in Edolo nel 1916, la statale 39 fatta saltare dai partigiani della Brigata Schivardi in zona Valmane sotto l'Aprica, carrozze in piazza a Edolo o la colonna di prigionieri austriaci che arriva dal Tonale, la chiesa di Tresenda a lato della strada dello Stelvio con nel mezzo frotte di bambini, Tirano di 100 anni fa, documenti del Regno Lombardo-Veneto, contratti e obbligazioni scritti in calligrafie incredibili.
E su tutto il fieno, con il suo "rumore" di fondo, quello che esso produce, se mosso, quando è ben secco. Ma anche il rumore placido dei carri, degli zoccoli dei muli e delle scarpe chiodate sui selciati. Gli immensi balòcc da un quintale che i contadini si caricavano sulle spalle, lo stringente regolamento per l'irrigazione dei prati alle Gere, le ragnatele sul cappello del fiero Paol di Moz, ecc., ecc.
Una compilazione fotografica quanto mai variegata eppure armonica. Da non perdere.
IL RUMORE DEL FIENO

 

Autore Antonio Stefanini, pp. 280

Nelle edicole-librerie della Valcamonica da Breno a Corteno Golgi e della Valtellina da Sondrio a Tirano e Aprica, oppure scrivendo all'autore skyrun@tiscali.it.

 
 
 
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Un blog di: bratta08
Data di creazione: 16/08/2008
 

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