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Amo il bacio che non ho dato...

Post n°42 pubblicato il 20 Dicembre 2012 da LORISMANIA
Foto di LORISMANIA

Amo il bacio che non ho dato

 

La canzone dell'amore perduto . Mi cantavo sottovoce: “ricordi, sbocciavan le viole con le nostre parole – amore non ci lasceremo mai – mai e poi mai – Vorrei dirti ora le stesse cose – ma come fan presto amore ad appassire le rose – così per noi l'amore che strappa i capelli è perduto ormai – non resta che qualche svogliata carezza e un po' di tenerezza”. Le parole continuano: “e quando ti troverai in mano – quei fiori appassiti al sole di un aprile ormai lontano – li rimpiangerai – ma sarà la prima che incontri per strada – che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato – per un amore nuovo”. Due canzoni stupende di due poeti: Fabrizio De André e Luciano Ligabue. Trasudano di emozione e sentimento. La difficoltà di tener viva la prima e di far crescere il secondo. Ci si lascia per la delusione di aver visto svanire la fiamma iniziale e si va a riaccenderla da un’altra parte, salvo imbattersi nella dolorosa scoperta che il ciclo si ripete, secondo un copione già scritto. Primo atto: gli approcci, gli abbracci, i progetti. Secondo atto: gli sbadigli, i tradimenti, i sensi di colpa. A quel punto scende il sipario e certe volte nemmeno quello: si resta sul palco a recitare una trama stanca, in attesa di colpi di scena che non arrivano mai. Tutto parte da una verità che facciamo fatica ad accettare: la passione      (l'amore che strappa i capelli), dura poco. E tutto parte da una bugia che facciamo fatica a rinnegare: la passione non è il vero traguardo finale dell'amore. È soltanto la spinta che mette in movimento la slitta su cui ogni coppia è seduta. Ma perché la slitta arrivi a valle senza sfracellarsi è necessario che lungo il percorso i due atleti sincronizzino i movimenti e abbiano “capito per bene il termine insieme”, senza girarsi di continuo a rimpiangere le “briciole che restano dietro di noi”. Il “bacio mai dato” di De  André sembra sempre il più bello, ma se lo avessimo dato, anch'esso dopo qualche tempo si sarebbe tramutato in briciole.

La spinta della passione finisce, prima o poi. A quel punto ciò che permette alla coppia di non perdere velocità e di non limitarsi a “qualche svogliata carezza e un po' di tenerezza” è la forza del progetto comune. Come canta Ligabue, “ci si sceglie per farselo un po' in compagnia – questo viaggio in cui non si ripassa dal via”. La pista è piena di buche: si sbanda, ci si stacca, si ha la sensazione di essersi persi, ed “è un peccato per quelle promesse oneste ma grosse” (amore non ci lasceremo mai, mai e poi mai) che all'improvviso sembrano finte, dettate solo dagli ormoni che danzavano ancora impetuosi, nel momento in cui le pronunciammo.

Eppure. Se i due Io avranno saputo diventare un Noi, resisteranno a tutto, anche alla morte apparente dei sogni assoluti della giovinezza. E li faranno risorgere in modo nuovo, perché non esiste un solo modo di amarsi e la passione evolve nel corso della vita, si infila lungo sentieri sconosciuti, perde violenza, ma acquista profondità. Come conclude Ligabue, “l'amore conta: - conosci un altro modo per fregar la morte?”.

Io francamente no. Infatti la parola “Amore” deriva dal sanscrito A-mor, che significa : “oltre la morte”.

Le canzoni finiscono, ma il silenzio può non essere sempre un peso insopportabile. Se la musica è il linguaggio degli angeli, il silenzio è quello degli dei. Basta saperlo ascoltare...

 

 

 

 
 
 
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