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Da una terribile notizia di oggi, un bambino in un sacchetto morto

Post n°132 pubblicato il 27 Ottobre 2007 da kanedda

Oggi al telegiornale ascoltavo l'ennesima villania, indecenza l'ennesimo bambino trovato in un sacchetto della spazzatura, morto, ma santo iddio, siamo nel 2007 esistono preservativi, esistono ospedali dove puoi dare un bimbo in affidamento, ci sono un sacco di coppie che vorrebbero adottare un bimbo, invece la solita incivilta' e volevo provorvi un articolo di Carlo scritto un po di mesi fa per news italia press

E’ purtroppo tornato recentemente alla ribalta il problema dell’abbandono dei neonati e lo ha fatto di nuovo con una delle sue forme più ripugnanti: il cassonetto.

Di sicuro ognuno di noi si sarà chiesto, in un momento od in un altro, che cosa spinga una donna, una madre a condannare il proprio figlio alla morte sicura abbandonandolo tra i rifiuti. E di sicuro ognuno di noi avrà fallito nel cercare la tanta malvagità che sarebbe necessaria a giustificare un tale atto. Non c’è probabilmente nessuna premeditazione, nessuna spinta omicida, solo una qualche disperazione che alberga nell’inconscio, forse al limitare della malattia; di sicuro qualcosa così pesante da far sembrare una “soluzione” l’orrore di uccidere un neonato. Il ben pensante e borghese in me a questo punto urla “ma più che garantire assistenza per qualunque neonato, nessuna domanda chiesta, cosa dovrebbe fare la società?” Ma poi, torno a pensare a quella donna ed a cercare di immedesimarmi; è forse la vergogna per una qualche macchia oppure la paura dell’ostracismo sociale? L’allontanamento dal gruppo per aver compiuto “atti impuri” fa così tanta paura da arrivare a cancellare le “prove della colpa” per cercare di ricominciare da zero? E diventa così inevitabile pensare che forse di fronte a queste disgrazie abbiamo un po’ fallito tutti; ma in cosa esattamente? Probabilmente è il meccanismo educativo che governa gli sbagli ad essere proprio lui stesso sbagliato, perdonatemi se potete l’infantile gioco di parole. Sbagliamo, e la nostra mente salta terrorizzata alla punizione, alla espiazione; è quanto di meno costruttivo si possa insegnare. Una mente efficiente, con un’attitudine positiva, dovrebbe saltare subito alla ricerca di una possibile correzione, quando si accorge di aver commesso un errore. Non è proprio questa la differenza tra bigotto ed illuminato? Cosa può esserci di così brutto dietro ad un figlio sia pure illegittimo? Una brutta storia, la povertà, un abbandono, dei famigliari intransigenti? Ognuna di queste cose è sicuramente molto meno grave dell’omicidio di un essere umano; ognuna di queste cose potrebbe essere affrontata se solo una certa spinta educativa ci aiutasse nella ricerca di una soluzione invece di annegarci nella disperata attesa dell’espiazione. Ogni grossa tragedia dovrebbe farci piangere e poi farci pensare “Ed adesso come la metto a posto?” Ed invece qualche volta cadiamo nella più profonda disperazione, senza la capacità di reagire, al punto da distruggere letteralmente tutto nell’insensata speranza di poter ricominciato da zero. A rischio di sembrare scontato ripeterò che probabilmente nel nostro processo educativo dovremmo rimuovere un po’ di bigotta attesa della punizione e magari aggiungere un po’ di fondato ottimismo, un po’ di bicchiere mezzo pieno. Insegniamolo quel costruttivo approccio alla vita che ti dice che dopo aver sbagliato il meglio che puoi fare è rimboccarti le maniche e mettere a posto o per lo meno fare il massimo per rimettere in ordine. Avvolte penso che sia un intera “fetta” di filosofia mancante nella nostra cultura occidentale. In molte culture orientali i bambini studiano e praticano meditazione imparando a vivere nel presente. Questo perché ossessionarsi per il passato significa bruciare inutilmente tra rabbia e falsi giudizi ed angosciarsi per il futuro significa lottare contro mulini al vento che il più delle volte non si materializzano neppure. Infondo se qualcosa può essere fatto per risolvere il problema, perché preoccuparsi? E se niente può essere fatto per risolvere il problema perché preoccuparsi?

 
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