Creato da carlo_free il 21/09/2007
Un blog nato per far conoscere la storia di CARLO
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(Da circa un paio di mesi è avvenuto il miracolo: persone stupende hanno deciso di dedicare il loro tempo alla causa di Carlo. Seri professionisti sono intervenuti pro bono e facendosi carico di leggere centinaia di pagine di documentazione hanno tratto le loro conclusioni e rilasciato perizie tecniche...)
Dott.ssa Agnesina Pozzi
Dott. Matteo Pacini e Casapound
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L’esperimento carcerario di Standford
Era il 1971 quando il professore Philip Zimbardo decise di
confutare la tesi secondo cui i componenti degradati osservabili e nei
carcerati e nelle guardie dipendono da disfunzioni della personalità per
dimostrare che, invece, quei comportamenti sono imputabili alla situazione contestuale.
In un seminterrato della Facoltà di Psicologia dell’Università di Standford,
Zimbardo riprodusse un ambiente carcerario grazie all’adesione di 24 studenti
volontari, reclutati tra tutti quelli che avevano risposto all’annuncio
pubblicitario e che, tra tutti, avevano mostrato doti di equilibrio e maturità.
Tra i 24, i ruoli di detenuti e guardie furono scelti a caso.
Ai prigionieri vennero fatte indossare divise numerate, portavano una catena
alla caviglia ed erano costretti a regole rigidissime; le guardie, invece, indossavano l’uniforme color kaki e occhiali
da sole riflettenti di modo che i
prigionieri non potessero guardarle negli occhi, e nella loro dotazione c’erano
manganello, fischietto e manette; in loro era la discrezionalità nel metodo da
usare per mantenere l’ordine.
In un paio di giorni appena l’esperimento assunse toni drammatici perché gli
studenti che interpretavano il ruolo di guardia cominciarono ad usare comportamenti
vessatori e sadici costringendo i detenuti a cantare canzoni oscene, a defecare
i secchi che non potevano pulire prima dell’uso, a pulire latrine a mani nude.
Come prima reazione i detenuti si strapparono le tute di dosso, poi si
barricarono all’interno della cella, e, infine, tentarono la fuga.
L’esperimento era cominciato da meno di una settimana ma il tempo era stato
sufficiente a dimostrare la tesi avanzata da Zimbardo: in un gruppo coeso
costituente una folla, gli individui tendono a perdere l'identità personale, vengono meno la consapevolezza, il senso di responsabilità
mentre è alimentata la comparsa di impulsi antisociali, sono stimolati ad assumere una funzione di controllo sugli altri
nell'ambito di una istituzione come quella del carcere; le norme e le regole
dell'istituzione diventano l’ unico valore a cui il comportamento deve
adeguarsi; l'individuo pensa, in altri termini, che le proprie azioni facciano
parte di quelle compiute dal gruppo.
E’ quello che sta avvendendo nella prigione di Avenal
nei confronti di Carlo? Le guardie che limitano le sue telefonate, che
perquisiscono il suo armadietto e che
requisiscono alcuni suoi beni senza rilasciare ricevuta di quanto sottratto,
che rispediscono al mittente le lettere che Carlo riceve senza peraltro
avvertirlo né comunicargli le motivazioni.
E osservando quanto accade per l’uso del telefono, si nota che ha cominciato
una guardia a impedire che Carlo telefonasse se non aveva prima prenotato,
adesso sono in tre… Tutte donne… Sembrerebbe un caso, ma così non è… Una di loro ha detto a Carlo, così come già era
successo all’ospedale di Baskerfield, con toni più astiosi dell’episodio
precedente, “lo so che sei italiano, e
pensi di poter fare quello che vuoi ma è per questo che sei qua dentro”…
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