Ricordo ancora come fosse ieri, quel giorno assolato di settembre del 1988, quando per la prima volta, varcando il basso sottoportego del Bacino Orseolo, misi piede in Piazza San Marco; mi prese un'emozione intensa, unica e quasi mi bloccò sulla soglia di quella meravigliosa apertura. Il mio sguardo girava da destra verso sinistra e incontrava i profili dei palazzi che compongono il famosissimo slargo veneziano. Quando mi voltai verso il campanile e poi verso la basilica rimasi davvero abbagliato da tanto splendore. Guadagnai lentamente il centro della piazza e, avvicinandomi alla facciata del duomo, cominciai a godere della magnificenza di Palazzo Ducale. L'edificio, detto anticamente anche Palazzo Dogale in quanto dimora del doge, è sicuramente uno dei simboli più straordinari di Venezia ed è ritenuto, non a torto, un autentico capolavoro del gotico veneziano. Lo stile architettonico del palazzo, trae spunti essenziali dalle linee bizantine e orientali e lascia chiaramente intendere a che livello fossero i rapporti commerciali e culturali tra la Repubblica Serenissima e gli altri stati europei. E' straordinario ammirare come quelli che appaiono esili colonnati intarsiati, riescano a sorreggere la pesante mole del corpo dell'edificio. Gli interni, conservano ancora un'ampia pinacoteca con numerose opere realizzate dai più grandi e famosi maestri veneziani, tra i quali Jacopo e Domenico Tintoretto, Tiziano Vecellio, Francesco Bassano, Paolo Veronese, Giambattista Zelotti, Jacopo Palma il Giovane, Andrea Vicentino, Antonio Vassillacchi. Il palazzo, fondato intorno all'815, oltre a divenire la sede in cui regnava il Doge, fu anche il luogo dove furono sistemate le magistrature veneziane. Esso, è stato più volte colpito da incendi e poi ricostruito e, ha seguito la storia della Serenissima, dagli albori sino alla caduta. Quando Venezia fu annessa al Regno d'Italia e l'edificio fu passato sotto la sua giurisdizione, divenne sede museale, per conservare tutt'oggi quest'ultima funzione. Infatti, ospita la sede del Museo civico di Palazzo Ducale e, nel 2012, è stato visitato da 1.319.527 persone. Meraviglia delle meraviglie, in una città che non esaurisce mai la sua capacità di stupire. |
C'era una volta una nave, dallo scafo di grandi dimensioni, bella a vedersi, elegante e addobbata in modo tale da raffigurare l'emblema della potenza sui mari da parte della città che rappresentava. La città era Venezia e la nave era il Bucintoro. Quando riposava, era sistemato in un bacino all'Arsenale in un apposito scalo coperto detto Casa del Bucintoro. Qui, la nave veniva tenuta all'asciutto e priva degli addobbi. Ogni volta che doveva uscire dall'Arsenale, lo scafo veniva calafato, cioè veniva impermeabilizzato e riaddobbato. Come rematori, erano chiamati gli operai dell'Arsenale; al comando l'Ammiraglio dell'Arsenale che veniva coadiuvato a poppa dell'ammiraglio di Malamocco che teneva il timone e a prua dall'Ammiraglio del Lido che verificava la rotta. Sembra che questa grande nave, sia stata utilizzata da Venezia già dal lontano 836 quando era doge Pietro Tradonico. Ma, una delle più antiche notizie certe relative al Bucintoro risale al 1253 quando fu citato nella promissione del doge Renier Zeno. Da questo momento le attestazioni sono molteplici. Dagli inizi del Quattrocento assume la caratteristica struttura che conserverà nei secoli successivi. L'imbarcazione, intorno al 1300, si presentava già con due ponti, uno per i rematori e uno di rappresentanza, sovrastato dal tiemo, la peculiare copertura a volta con ampie aperture laterali, tale da ricreare sulla nave una vasta sala destinata alle autorità, sopraelevata verso poppa, nella zona destinata al trono ducale. La prua già recava una grande statua raffigurante Venezia nelle vesti della Giustizia. Ma, nel 1526, venne varato un nuovo e ancor più grande Bucintoro. Anche questa nave era munita come la precedente, di due speroni prodieri, simili a quelli delle galee, caratteristici poi delle versioni successive. Inoltre, Questo Bucintoro si presentava più grande e riccamente decorato con la sua grande statua della giustizia attualmente conservata presso il Museo Storico Navale di Venezia. Nel 1606, fu varato un nuovo Bucintoro. Questo, era cresciuto nelle dimensioni rispetto al precedente e, a poppa, luogo dove sedeva il doge, presentava un tiemo sopraelevato. La prua, priva di copertura, consentiva una più agile esposizione delle insegne dogali (vessilli e trombe d'argento) e culminava con la polena in forma di Giustizia. Ma, il più bello dei Bucintori, venne consegnato nel 1729. Esso, fu soggetto di numerosissimi dipinti dei vedutisti veneziani del settecento, sopravvisse fino alla caduta della Serenissima per poi venir distrutto il 9 gennaio 1798 dai Francesi occupanti in spregio verso l'abolita Repubblica e dei sopraggiungenti austriaci, ma soprattutto per ricavarne l'oro delle decorazioni che vennero arse sull'isola di San Giorgio Maggiore. Lo scafo venne convertito in prigione galleggiante col nome di Hydra. Alcuni resti sono conservati nel Museo Correr e nell'Arsenale, dove si trova inoltre un modello in scala, realizzato nell'Ottocento dagli addetti alla demolizione dello scafo. |
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