IL CASELLANTE

La domenica è il giorno del Signore. Vado a messa, per abitudine, insieme a mia sorella Francesca. Gli altri  giorni ognuno va e viene per conto proprio, senza obblighi di saluto o preavviso. Io, per esempio, esco di casa sbattendo la porta.  A volte dico ciao.

-         Esci?

-         Non so.

-         Torni tardi?

-         Non mi aspettare.

-         Chi ti aspetta?  Portati le chiavi. Io dormo fuori.

-         Da Roberto?

-         Non so.

-         Torni domani?

-         Non mi aspettare.

Io e mia sorella ci ignoravamo anche prima che morissero i nostri genitori. Abbiamo ereditato la casa metà per uno. E’ chiaro a entrambi  che conviene una separazione.   Ho concordato con Francesca di venderle la mia quota. Vale una discreta cifra, di molto eccedente i suoi risparmi. Mia sorella investe in trattamenti di bellezza  e soprammobili. Adora il design. Trecento  euro per le tende nuove in salotto, affrescate con una riproduzione del Giudizio Universale. 

-         Carine!

-         Non ho chiesto il tuo parere.

-         Ho solo detto: ca-ri-ne. Posso almeno dire ‘carine?’.

-         Anche se lo dici, so benissimo che non ti piacciono.

-         No, veramente, hai fatto bene. Mi garba. Però aggiunerei un altare di marmo e il tabernacolo. Magari là, di fronte alla porta. Vendono anche portacenere a forma di confessionale?       

-         Hai finito?

L’accordo tra noi  deve ancora perfezionarsi, ma Francesca ha già avviato i lavori di ammodernamento. Ormai la casa è sua. Appena avrà i soldi, pagherà.   Intanto posso restarmene zitto e quieto dentro la mia cameretta, mentre Francesca stravolge gli spazi della nostra infanzia. Convertirà lo studio di papà in saletta dell’home theatre, con un divano angolare collocato così, lo schermo  plasmare appeso alla  parete, e un tappeto etnico proprio qua. Era il solo spazio della casa interdetto ai bambini: una stanza molto seria in cui non erano ammessi i giochi: il mondo segreto degli adulti. Svanirà sotto due mani di vernice colorata. Rosa laccato. Con venature in corallo antico. L’effetto spugna ringiovanisce gli ambienti. Soprattutto Francesca vuole arieggiare. Butteremo giù qualche inutile divisorio tra il soggiorno e la cucina. Piastrelleremo il bagno. Intanto ha fatto sradicare la vecchia vasca.  

Quanto costa una colonna idrica con pioggia fitta e  pioggerellina,  stereo impermeabile  e spruzzi oscillanti? Meravigliosa! Trascorro sedute  interminate di profondissima quiete dentro il tubo di vetro della nuova cabina-doccia.   Mi inebrio nel vortice dei vapori aromatici.  Scivolo in una tiepida sonnolenza. Regredisco. In piedi dentro la vasca ingiallita, mia madre mi strofinava la schiena con un asciugamano insaponato. Era un momento sgradevole: acqua bollente  e shampoo negli occhi. A cinque anni, non facevo volentieri il bagnetto. Credo però di non essermi sentito mai altrettanto pulito. Mia madre mi scartavetrava. C’era, nel suo fermo precetto della pulizia, un rigore etico. Il bravo bambino è pulito, il buon cristiano, l’uomo onesto. La retta coscienza è pulita. L’idromassaggio da urlo mi lava, ma non mi purifica. Rivoglio la vecchia vasca per le mie sacre abluzioni. Lo studio di papà è zona off-limits. Michelangelo e l’interior design no pasaran!