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Essere cattolici cristiani nel terzo millennio

 

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Citazioni nei Blog Amici: 10
 

 

Dalla newsletter di Radio Maria...

Post n°2551 pubblicato il 30 Maggio 2013 da catholicmind

Cari amici,

la solennità del Corpus Domini ci porta al cuore della Chiesa che è alimentata dall’Eucaristia. Chiediamoci: “Per quale motivo la S. Messa è il culmine e la fonte della vita cristiana?”

Nella S. Messa è reso presente l’evento della nostra salvezza, che Gesù ci ha ottenuto con la sua Passione, Morte e Resurrezione. Partecipando alla S. Messa noi partecipiamo al mistero della nostra redenzione che Gesù ha compiuto una volta per tutte.

Sull’altare, sotto le apparenze del pane e del vino, è realmente presente il suo corpo offerto per amore e il suo sangue versato in remissione dei peccati ed abbiamo la grazia di unirci al suo sacrificio redentore.

Nella Santa Comunione veniamo assimilati a Cristo risorto, che sazia la nostra fame di Dio e ci offre la caparra della vita eterna: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui… e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 56).

Comprendiamo perché la Regina della Pace dice: “Io vi sono più vicina durante la Messa che durante l’apparizione …Fare la comunione è più che essere veggente” (12-11-1986).

La S. Messa è molto più che un obbligo. E’ una gioia che si rinnova ogni volta. In nessun altro momento Dio ci è più vicino e si dona a noi. Solo in Cielo e nell’Eucaristia Gesù è realmente presente col suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità.

Facciamo della Messa domenicale e se possibile quotidiana, il centro della nostra vita spirituale. Inginocchiamoci dinanzi al tabernacolo ogni volta che entriamo in Chiesa e adoriamo il Santissimo Sacramento. Disponiamoci a ricevere Gesù eucaristia col cuore puro, ricolmo di fede e di amore. Rinnoviamo le visite personali a Gesù eucaristico.

 
 
 

Messaggi da Medjugorje...

Post n°2550 pubblicato il 26 Maggio 2013 da catholicmind

Messaggio del 20 maggio 2013 (Ivan)
Cari figli, anche oggi in modo particolare vi invito, in questo tempo di grazia: apritevi allo Spirito Santo. Cari figli, non permettete che il mondo vi guidi. Perciò che lo Spirito Santo vi guidi! Pregate, perseverate nella preghiera. Che lo Spirito Santo scenda sulle vostre famiglie che sono nel buio. La Madre prega insieme con voi e intercede presso suo Figlio. Grazie, cari figli, perché anche oggi avete risposto alla mia chiamata.
Messaggio del 25 maggio 2013
Cari figli! Oggi vi invito ad essere forti e decisi nella fede e nella preghiera affinché le vostre preghiere siano tanto forti da aprire il cuore del mio amato Figlio Gesù. Pregate figlioli, senza sosta affinché il vostro cuore si apra all’amore di Dio. Io sono con voi, intercedo per tutti voi e prego per la vostra conversione. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

 
 
 

Dalla newsletter di Radio Maria...

Post n°2549 pubblicato il 24 Maggio 2013 da catholicmind

Cari amici,

i media si sono mobilitati quando, nei giorni scorsi, Papa Francesco ha pregato su una persona malata, ritenendo che si sia trattato di un esorcismo. La Sala Stampa vaticana ha smentito l’interpretazione, dichiarandola infondata.

Dopo decenni di silenzio oggi si è tornati a parlare diffusamente del diavolo e lo fanno volentieri anche i media laici. L’esorcista è divenuto un personaggio popolare e ricercato.


Potrebbe trattarsi di un fatto positivo, se nel frattempo non si tacesse sull’attività più diffusa e insidiose del diavolo, che è quella di allontanare le persone da Dio e trascinarle nel peccato.

Infatti gli stessi media hanno taciuto sui numerosi interventi di Papa Francesco dove smascherava la pericolosità del diavolo nella vita spirituale.

Nel primo discorso ai Cardinali ha detto: “Non cediamo mai al pessimismo, all’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno, alla scoraggiamento”. Il Papa ha anche denunciato la mondanità spirituale che entra nei cuori e nella Chiesa: “Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio”.

Papa Francesco rivela il diavolo nel suo vero volto di ingannatore e di seduttore, che semina tristezza, discordia e disperazione. “Satana vi distrugge con quello che vi offre “ (Regina della pace).

“Con la sua morte e resurrezione Gesù ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del principe di questo mondo. L’origine dell’odio è questa: siamo salvati e quel principe del mondo, che non vuole che siamo salvati, ci odia e fa nascere la persecuzione che, dai primi tempi di Gesù, continua fino ad oggi”. Con quel principe non si può dialogare; si può soltanto rispondere con la parola di Dio che ci difende”.

Seduzione, scoraggiamento, mondanità spirituale, vita di peccato, discordia, odio, disperazione: ecco il veleno che il diavolo ci somministra ogni giorno senza che ce ne accorgiamo.

La medicina è la fede, la preghiera, la rinuncia, i sacramenti. L’esorcista è necessario nei casi rari di possessione, ma è solo il confessore che ci rimette i peccati, ci dà la pace del cuore e la vita nuova dei figli di Dio.

 
 
 

Dalla newsletter di Radio Maria...

Post n°2548 pubblicato il 17 Maggio 2013 da catholicmind

Cari amici,

dobbiamo riscoprire la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, perché è l’autore della nostra santificazione. Infatti lo Spirito Santo è il dono per eccellenza della redenzione, che Gesù Cristo ha compiuto, in obbedienza alla volontà del Padre, per nostro amore.

La grazia dello Spirito Santo rimette i peccati nei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Da peccatori ci trasforma in figli di Dio, membra del Corpo mistico di Cristo ed eredi della vita eterna. Negli altri sacramenti ci rende sempre più conformi a Gesù Cristo, facendo risplendere in noi la sua divina immagine.

L’azione dello Spirito Santo fa crescere in noi le virtù teologali (Fede, Speranza e Carità) e le Virtù cardinali, che sono il cardine della vita cristiana (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza).

Attraverso le sue illuminazioni, ispirazioni e mozioni fa fiorire i setti santi doni (Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà, Santo timore di Dio), con i quali la nostra vita cristiana si eleva alle altezze della santità.

Le sue guarigioni e le sue consolazioni ci sono necessarie per procedere con perseveranza fino alla meta.

Preghiamo lo Spirito Santo, lasciamo che ci allarghi il cuore, siamo docili alla sua guida misteriosa.

La Grazia dello Spirito Santo scende dal Padre, attraverso i Cuori di Gesù e Maria, fino al nostro cuore.

 
 
 

Dalla newsletter di Radio Maria...

Post n°2547 pubblicato il 03 Maggio 2013 da catholicmind

 

Newsletter 2 maggio 2013

Cari amici,
la Regina della Pace nel messaggio a Mirjana del 2 Maggio ci fa riflettere sulle parole di Gesù: “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato” (Lcv 6,37) e ammonisce: “ Cari figli, vi invito nuovamente ad amare e a non giudicare”.
Al riguardo ci porta l’esempio di Gesù: “Mio Figlio, per volontà celeste, è stato in mezzo a voi per salvarvi e non per giudicarvi. Se volete seguire mio Figlio, non giudicherete ma amerete”.
Fare diversamente rischiamo di “correre verso la perdizione”. Come è possibile questo? Dove sta la gravità nel giudicare gli altri?
A questo riguardo occorre precisare che qui si tratta di giudicare le persone e non le idee o i comportamenti oggettivi, la cui conformità o difformità con la legge di Dio deve esserci chiara.
Le persone invece non vanno mai né giudicate, né condannate, perché ciò spetta a Dio soltanto, l’unico che conosce i cuori di ognuno.
Chi giudica e condanna gli altri è in grave pericolo perché non pensa alla sua personale conversione.  E’ come il Fariseo che giudicava il pubblicano un peccatore. E’ un presuntuoso che crede di essere giusto e che non vede i suoi peccati. Come potrà pentirsi e convertirsi?
La Madonna invece ci chiede di amare, specialmente quelli che vediamo sulla via della rovina. Non hanno bisogno della nostra condanna, ma dell’esempio della nostra fede e del nostro amore, “affinché la vostra vita benedica coloro che incontrate”. Tutte queste povere anime “non sanno che cosa significhi amare”.
In particolare la Madonna ci proibisce insistentemente di giudicare i Pastori della Chiesa. Essi non hanno bisogno delle nostre critiche e delle nostre pietre:” Custoditeli e pregate per loro”.

 

 

 
 
 

Messaggi da Medjugorje...

Post n°2546 pubblicato il 02 Maggio 2013 da catholicmind

Messaggio del 2 maggio 2013 (Mirjana)

Cari figli, vi invito nuovamente ad amare e non a giudicare. Mio Figlio, per volontà del Padre Celeste, è stato in mezzo a voi per mostrarvi la via della salvezza, per salvarvi e non per giudicarvi. Se volete seguire mio Figlio, non giudicherete ma amerete, come il Padre Celeste ama voi. Anche quando state più male, quando cadete sotto il peso della croce, non disperatevi, non giudicate, ma ricordate che siete amati e lodate il Padre Celeste per il suo amore. Figli miei, non deviate dalla strada per cui vi guido. Non correte verso la perdizione. La preghiera ed il digiuno vi rafforzino, affinché possiate vivere come il Padre Celeste vorrebbe; affinché siate i miei apostoli della fede e dell'amore; affinché la vostra vita benedica coloro che incontrate; affinché siate una cosa sola col Padre Celeste e con mio Figlio. Figli miei, questa è l'unica verità, la verità che porta alla vostra conversione e poi alla conversione di tutti coloro che incontrate e che non hanno conosciuto mio Figlio, di tutti coloro che non sanno cosa significa amare. Figli miei, mio Figlio vi ha donato i pastori: custoditeli, pregate per loro. Vi ringrazio!

 
 
 

Messaggi da Medjugorje...

Post n°2545 pubblicato il 28 Aprile 2013 da catholicmind

Messaggio del 25 aprile 2013

Cari figli! Pregate, pregate, soltanto pregate affinché il vostro cuore si apra alla fede come il fiore si apre ai raggi caldi del sole. Questo è il tempo di grazia che Dio vi da attraverso la mia presenza e voi siete lontani dal mio cuore. Perciò vi invito alla conversione personale ed alla preghiera in famiglia. La Sacra scrittura sia sempre l’esortazione per voi. Vi benedico tutti con la mia benedizione materna. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

 
 
 

Regina Coeli del 21/04/2013

Post n°2544 pubblicato il 25 Aprile 2013 da catholicmind

La giovinezza bisogna metterla in gioco per grandi ideali

Fiducia piena, intima comunione, intesa profonda: con queste espressioni Papa Francesco parla del rapporto di amicizia che possiamo avere con Gesù ascoltando la sua voce. Usa l’immagine del pastore con le sue pecore, richiamandosi all’odierno Vangelo di Giovanni. E ricorda la Giornata Mondiale delle vocazioni. Poi la preoccupazione di Papa Francesco per la situazione in Venezuela, la preghiera per quanti sono stati colpiti dal terremoto in Cina e il pensiero a don Niccolo’ Rusca proclamato oggi Beato.

[Video]

Cari fratelli e sorelle,
Buongiorno!

La Quarta Domenica del Tempo di Pasqua è caratterizzata dal Vangelo del Buon Pastore che si legge ogni anno. Il brano di oggi riporta queste parole di Gesù: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola» (10,27-30). In questi quattro versetti c’è tutto il messaggio di Gesù, c’è il nucleo centrale del suo Vangelo: Lui ci chiama a partecipare alla sua relazione con il Padre, e questa è la vita eterna.

Gesù vuole stabilire con i suoi amici una relazione che sia il riflesso di quella che Lui stesso ha con il Padre: una relazione di reciproca appartenenza nella fiducia piena, nell’intima comunione. Per esprimere questa intesa profonda, questo rapporto di amicizia Gesù usa l’immagine del pastore con le sue pecore: lui le chiama ed esse riconoscono la sua voce, rispondono al suo richiamo e lo seguono. E’ bellissima questa parabola! Il mistero della voce è suggestivo: pensiamo che fin dal grembo di nostra madre impariamo a riconoscere la sua voce e quella del papà; dal tono di una voce percepiamo l’amore o il disprezzo, l’affetto o la freddezza. La voce di Gesù è unica! Se impariamo a distinguerla, Egli ci guida sulla via della vita, una via che oltrepassa anche l’abisso della morte.

Ma Gesù a un certo punto disse, riferendosi alle sue pecore: «Il Padre mio, che me le ha date…» (Gv 10,29). Questo è molto importante, è un mistero profondo, non facile da comprendere: se io mi sento attratto da Gesù, se la sua voce riscalda il mio cuore, è grazie a Dio Padre, che ha messo dentro di me il desiderio dell’amore, della verità, della vita, della bellezza… e Gesù è tutto questo in pienezza! Questo ci aiuta a comprendere il mistero della vocazione, specialmente delle chiamate ad una speciale consacrazione. A volte Gesù ci chiama, ci invita a seguirlo, ma forse succede che non ci rendiamo conto che è Lui, proprio come è capitato al giovane Samuele. Ci sono molti giovani oggi, qui in Piazza. Siete tanti voi, no? Si vede… Ecco! Siete tanti giovani oggi qui in Piazza.  Vorrei chiedervi: qualche volta avete sentito la voce del Signore che attraverso un desiderio, un’inquietudine, vi invitava a seguirlo più da vicino? L’avete sentito? Non sento? Ecco… Avete avuto voglia di essere apostoli di Gesù? La giovinezza bisogna metterla in gioco per i grandi ideali. Pensate questo voi? Siete d’accordo? Domanda a Gesù che cosa vuole da te e sii coraggioso! Sii coraggiosa! Domandaglielo! Dietro e prima di ogni vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata, c’è sempre la preghiera forte e intensa di qualcuno: di una nonna, di un nonno, di una madre, di un padre, di una comunità… Ecco perché Gesù ha detto: «Pregate il signore della messe – cioè Dio Padre – perché mandi operai nella sua messe!» (Mt 9,38). Le vocazioni nascono nella preghiera e dalla preghiera; e solo nella preghiera possono perseverare e portare frutto. Mi piace sottolinearlo oggi, che è la “Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni”. Preghiamo in particolare per i nuovi Sacerdoti della Diocesi di Roma che ho avuto la gioia di ordinare stamani. E invochiamo l’intercessione di Maria. Oggi c’erano 10 giovani che hanno detto “sì” a Gesù e sono stati ordinati preti stamane… E’ bello questo! Invochiamo l’intercessione di Maria che è la Donna del “sì”. Maria ha detto “sì”, tutta la vita! Lei ha imparato a riconoscere la voce di Gesù fin da quando lo portava in grembo. Maria, nostra Madre, ci aiuti a conoscere sempre meglio la voce di Gesù e a seguirla, per camminare nella via della vita! Grazie.

Grazie tante per il saluto, ma salutate anche Gesù. Gridate “Gesù”, forte… Preghiamo tutti insieme alla Madonna.


Dopo il Regina Coeli

Seguo con attenzione gli avvenimenti che stanno succedendo in Venezuela. Li accompagno con viva preoccupazione, con intensa preghiera e con la speranza che si cerchino e si trovino vie giuste e pacifiche per superare il momento di grave difficoltà che il Paese sta attraversando. Invito il caro popolo venezuelano, in modo particolare i responsabili istituzionali e politici, a rigettare con fermezza qualsiasi tipo di violenza e a stabilire un dialogo basato sulla verità, nel mutuo riconoscimento, nella ricerca del bene comune e nell’amore per la Nazione. Chiedo ai credenti di pregare e di lavorare per la riconciliazione e la pace. Uniamoci in una preghiera piena di speranza per il Venezuela, mettendola nelle mani di Nostra Signora di Coromoto.

*****

Un pensiero va anche a quanti sono stati colpiti dal terremoto che ha interessato un’area del sud-ovest della Cina Continentale. Preghiamo per le vittime e per quanti sono nella sofferenza a causa del violento sisma.

*****

Oggi pomeriggio, a Sondrio, verrà proclamato Beato Don Nicolò Rusca, sacerdote valtellinese vissuto tra i secoli sedicesimo e diciassettesimo. Fu a lungo parroco esemplare a Sondrio e venne ucciso nelle lotte politico-religiose che travagliarono l’Europa in quell’epoca. Lodiamo il Signore per la sua testimonianza!

Saluto con affetto tutti i pellegrini, venuti da diversi Paesi: le famiglie, i tanti gruppi parrocchiali, le associazioni, i cresimandi, le scuole. Saluto in particolare i numerosi ragazzi della diocesi di Venezia, accompagnati dal Patriarca; ma ricordate voi, ragazzi e ragazze: la vita bisogna metterla in gioco per i grandi ideali! Saluto i catechisti della diocesi di Gubbio guidati dal loro Vescovo; la comunità del Seminario di Lecce con i ministranti della diocesi; la rappresentanza dei Lions Club d’Italia. In questa “Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni”, nata cinquant’anni fa da una felice intuizione di Papa Paolo VI, invito tutti ad una speciale preghiera affinché il Signore mandi numerosi operai nella sua messe. Sant’Annibale Maria Di Francia, apostolo della preghiera per le vocazioni, ci ricorda questo importante impegno. A tutti auguro una buona domenica!

Buona domenica e buon pranzo!

© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

Fonte: www.pastoralespiritualita.it

 
 
 

Dalla newsletter di Radio Maria...

Post n°2543 pubblicato il 15 Aprile 2013 da catholicmind

Newsletter  11  Aprile 2013

Cari amici,
Papa Francesco ci invita a uscire da noi stessi e ad andare verso gli altri per portare la gioia. Ogni vero cristiano è un missionario della gioia. Papa Francesco ce lo insegna innanzitutto con l’esempio della sua persona: ovunque egli vada, porta la gioia.
Da dove nasce la gioia, quella vera che non si spegne mai, neppure nei passaggi più dolorosi della vita? Non viene dal possesso delle cose, dice Papa Francesco, ma dall’incontro con una Persona. Chi incontra Gesù ha trovato una sorgente inesauribile di gioia, alla quale può attingere in ogni momento.
Guardiamo alla nostra esperienza e chiediamoci quando siamo felici. Chiediamoci soprattutto se sia possibile essere felici senza Dio.
La Regina della Pace ci ha aperto il cuore alla gioia pasquale con queste parole: “Vi invito a benedire il nome del Signore con fiducia totale e gioia e a ringraziarlo col cuore di giorno in giorno. Mio Figlio, attraverso questo amore dimostrato con la Croce, vi ha dato la possibilità che tutto vi sia perdonato, cosicché non abbiate a vergognarvi, a nascondervi e, per paura, a non aprire la porta del proprio cuore a Dio” (03-08-2013).
Non vi è gioia più grande e più vera di quella di essere accolti, perdonati e amati  da Dio, perché Lui è il sole che illumina la vita e ne fa scoprire la bellezza e la grandezza.
E’ questa gioia che deve riempire il nostro cuore, in modo tale da portarla ovunque andiamo e donarla a chiunque incontriamo: “Con la vostra gioia aprite la via a tutti coloro che stanno ancora vagando in cerca della verità. Figli miei siate apostoli che non hanno vissuto invano” (02-04-2013)

 
 
 

Udienza del 10/04/2013

Post n°2542 pubblicato il 15 Aprile 2013 da catholicmind

Il Papa all'udienza generale: testimoniare al mondo la gioia della Risurrezione

Il Papa, stamattina all'udienza generale in Piazza San Pietro, ha svolto la sua catechesi sul significato salvifico della Risurrezione di Gesù e sul perché senza di essa la nostra fede è vana.“La nostra fede – ha detto - si fonda sulla Morte e Risurrezione di Cristo, proprio come una casa poggia sulle fondamenta: se cedono queste, crolla tutta la casa. 

Cari fratelli e sorelle, buon giorno!

Nella scorsa Catechesi ci siamo soffermati sull’evento della Risurrezione di Gesù, in cui le donne hanno avuto un ruolo particolare. Oggi vorrei riflettere sulla sua portata salvifica. Che cosa significa per la nostra vita la Risurrezione? E perché senza di essa è vana la nostra fede? La nostra fede si fonda sulla Morte e Risurrezione di Cristo, proprio come una casa poggia sulle fondamenta: se cedono queste, crolla tutta la casa. Sulla croce, Gesù ha offerto se stesso prendendo su di sé i nostri peccati e scendendo nell’abisso della morte, e nella Risurrezione li vince, li toglie e ci apre la strada per rinascere a una vita nuova. San Pietro lo esprime sinteticamente all’inizio della sua Prima Lettera, come abbiamo ascoltato: «Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce» (1,3-4).

L’Apostolo ci dice che con la Risurrezione di Gesù qualcosa di assolutamente nuovo avviene: siamo liberati dalla schiavitù del peccato e diventiamo figli di Dio, siamo generati cioè ad una vita nuova. Quando si realizza questo per noi? Nel Sacramento del Battesimo. In antico, esso si riceveva normalmente per immersione. Colui che doveva essere battezzato scendeva nella grande vasca del Battistero, lasciando i suoi vestiti, e il Vescovo o il Presbitero gli versava per tre volte l’acqua sul capo, battezzandolo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Poi il battezzato usciva dalla vasca e indossava la nuova veste, quella bianca: era nato cioè ad una vita nuova, immergendosi nella Morte e Risurrezione di Cristo. Era diventato figlio di Dio. San Paolo nella Lettera ai Romani scrive: voi «avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,15). È proprio lo Spirito che abbiamo ricevuto nel battesimo che ci insegna, ci spinge, a dire a Dio: “Padre”, o meglio, “Abbà!” che significa “papà”. Così è il nostro Dio: è un papà per noi. Lo Spirito Santo realizza in noi questa nuova condizione di figli di Dio. E questo è il più grande dono che riceviamo dal Mistero pasquale di Gesù. E Dio ci tratta da figli, ci comprende, ci perdona, ci abbraccia, ci ama anche quando sbagliamo. Già nell’Antico Testamento, il profeta Isaia affermava che se anche una madre si dimenticasse del figlio, Dio non si dimentica mai di noi, in nessun momento (cfr 49,15). E questo è bello!

Tuttavia, questa relazione filiale con Dio non è come un tesoro che conserviamo in un angolo della nostra vita, ma deve crescere, dev’essere alimentata ogni giorno con l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, la partecipazione ai Sacramenti, specialmente della Penitenza e dell’Eucaristia, e la carità. Noi possiamo vivere da figli! E questa è la nostra dignità - noi abbiamo la dignità di figli -. Comportarci come veri figli! Questo vuol dire che ogni giorno dobbiamo lasciare che Cristo ci trasformi e ci renda come Lui; vuol dire cercare di vivere da cristiani, cercare di seguirlo, anche se vediamo i nostri limiti e le nostre debolezze. La tentazione di lasciare Dio da parte per mettere al centro noi stessi è sempre alle porte e l’esperienza del peccato ferisce la nostra vita cristiana, il nostro essere figli di Dio. Per questo dobbiamo avere il coraggio della fede e non lasciarci condurre dalla mentalità che ci dice: “Dio non serve, non è importante per te”, e così via. E’ proprio il contrario: solo comportandoci da figli di Dio, senza scoraggiarci per le nostre cadute, per i nostri peccati, sentendoci amati da Lui, la nostra vita sarà nuova, animata dalla serenità e dalla gioia. Dio è la nostra forza! Dio è la nostra speranza!

Cari fratelli e sorelle, dobbiamo avere noi per primi ben ferma questa speranza e dobbiamo esserne un segno visibile, chiaro, luminoso per tutti. Il Signore Risorto è la speranza che non viene mai meno, che non delude (cfr Rm 5,5). La speranza non delude. Quella del Signore! Quante volte nella nostra vita le speranze svaniscono, quante volte le attese che portiamo nel cuore non si realizzano! La speranza di noi cristiani è forte, sicura, solida in questa terra, dove Dio ci ha chiamati a camminare, ed è aperta all’eternità, perché fondata su Dio, che è sempre fedele. Non dobbiamo dimenticare: Dio sempre è fedele; Dio sempre è fedele con noi. Essere risorti con Cristo mediante il Battesimo, con il dono della fede, per un’eredità che non si corrompe, ci porti a cercare maggiormente le cose di Dio, a pensare di più a Lui, a pregarlo di più. Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui; è lasciare che Lui prenda possesso della nostra vita e la cambi, la trasformi, la liberi dalle tenebre del male e del peccato.

Cari fratelli e sorelle, a chi ci chiede ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15), indichiamo il Cristo Risorto. Indichiamolo con l’annuncio della Parola, ma soprattutto con la nostra vita di risorti. Mostriamo la gioia di essere figli di Dio, la libertà che ci dona il vivere in Cristo, che è la vera libertà, quella che ci salva dalla schiavitù del male, del peccato, della morte! Guardiamo alla Patria celeste, avremo una nuova luce e forza anche nel nostro impegno e nelle nostre fatiche quotidiane. E’ un servizio prezioso che dobbiamo dare a questo nostro mondo, che spesso non riesce più a sollevare lo sguardo verso l’alto, non riesce più a sollevare lo sguardo verso Dio.


APPELLO

Ho appreso la notizia del forte terremoto che ha colpito il sud dell’Iran e che ha causato morti, numerosi feriti e gravi danni. Prego per le vittime ed esprimo la mia vicinanza alle popolazioni colpite da questa calamità. Preghiamo per tutti questi fratelli e sorelle dell'Iran.

© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

Fonte: www.pastoralespiritualita.it

 
 
 

Regina Coeli del 07/04/2013

Post n°2541 pubblicato il 15 Aprile 2013 da catholicmind

Regina Caeli. Il Papa: non abbiate paura di essere e vivere da cristiani, portate Cristo nelle piazze

La pace è frutto del perdono e beati sono coloro credono nell’amore di Dio testimoniato dai cristiani, che hanno il coraggio della fede. Sono queste le affermazioni che hanno caratterizzato ieri mattina la prima recita del Regina Caeli di Papa Francesco. In una Piazza S. Pietro gremita da circa 100 mila persone, il Pontefice ha invitato tutti ad annunciare Cristo “nelle piazze”.

Cari fratelli e sorelle! Buon giorno!

In questa domenica che conclude l’Ottava di Pasqua, rinnovo a tutti l’augurio pasquale con le parole stesse di Gesù Risorto: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21.26). Non è un saluto, e nemmeno un semplice augurio: è un dono, anzi, il dono prezioso che Cristo offre ai suoi discepoli dopo essere passato attraverso la morte e gli inferi. Dona la pace, come aveva promesso: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). Questa pace è il frutto della vittoria dell’amore di Dio sul male, è il frutto del perdono. Ed è proprio così: la vera pace, quella profonda, viene dal fare esperienza della misericordia di Dio. Oggi è la Domenica della Divina Misericordia, per volontà del beato Giovanni Paolo II, che chiuse gli occhi a questo mondo proprio alla vigilia di questa ricorrenza.

Il Vangelo di Giovanni ci riferisce che Gesù apparve due volte agli Apostoli chiusi nel Cenacolo: la prima, la sera stessa della Risurrezione, e quella volta non c’era Tommaso, il quale disse: se io non vedo e non tocco, non credo. La seconda volta, otto giorni dopo, c’era anche Tommaso. E Gesù si rivolse proprio a lui, lo invitò a guardare le ferite, a toccarle; e Tommaso esclamò: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Gesù allora disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (v. 29). E chi erano questi che avevano creduto senza vedere? Altri discepoli, altri uomini e donne di Gerusalemme che, pur non avendo incontrato Gesù risorto, credettero sulla testimonianza degli Apostoli e delle donne. Questa è una parola molto importante sulla fede, possiamo chiamarla la beatitudine della fede. Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto: questa è la beatitudine della fede!

In ogni tempo e in ogni luogo sono beati coloro che, attraverso la Parola di Dio, proclamata nella Chiesa e testimoniata dai cristiani, credono che Gesù Cristo è l’amore di Dio incarnato, la Misericordia incarnata. E questo vale per ciascuno di noi!

Agli Apostoli Gesù donò, insieme con la sua pace, lo Spirito Santo, perché potessero diffondere nel mondo il perdono dei peccati, quel perdono che solo Dio può dare, e che è costato il Sangue del Figlio (cfr Gv 20,21-23). La Chiesa è mandata da Cristo risorto a trasmettere agli uomini la remissione dei peccati, e così far crescere il Regno dell’amore, seminare la pace nei cuori, perché si affermi anche nelle relazioni, nelle società, nelle istituzioni. E lo Spirito di Cristo Risorto scaccia la paura dal cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire dal Cenacolo per portare il Vangelo. Abbiamo anche noi più coraggio di testimoniare la fede nel Cristo Risorto! Non dobbiamo avere paura di essere cristiani e di vivere da cristiani! Noi dobbiamo avere questo coraggio, di andare e annunciare Cristo Risorto, perché Lui è la nostra pace, Lui ha fatto la pace, con il suo amore, con il suo perdono, con il suo sangue, con la sua misericordia.

Cari amici, oggi pomeriggio celebrerò l’Eucaristia nella Basilica di San Giovanni in Laterano, che è la Cattedrale del Vescovo di Roma. Preghiamo insieme la Vergine Maria, perché ci aiuti, Vescovo e Popolo, a camminare nella fede e nella carità, fiduciosi sempre nella misericordia del Signore: Lui sempre ci aspetta, ci ama, ci ha perdonato con il suo sangue e ci perdona ogni volta che andiamo da Lui a chiedere il perdono. Abbiamo fiducia nella sua misericordia!


© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

 
 
 

Udienza del 03/04/2013

Post n°2540 pubblicato il 15 Aprile 2013 da catholicmind

Udienza generale. Il Papa: donne e giovani, protagonisti della fede in un mondo che ha bisogno di speranza

Le donne del Vangelo sono state le più pronte a credere alla Risurrezione di Gesù. Ora, i giovani hanno il compito di diffonderne la speranza in un mondo “invecchiato” dal male. Si può riassumere così la seconda udienza generale di Papa Francesco, presieduta mercoledì mattina in Piazza San Pietro davanti a migliaia di persone. Il Papa ha ripreso la catechesi sull’Anno della Fede, riflettendo sul versetto del Credo che parla della Risurrezione di Cristo.

Cari fratelli e sorelle,
buongiorno,

oggi riprendiamo le Catechesi dell’Anno della fede. Nel Credo ripetiamo questa espressione: «Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture». E’ proprio l’evento che stiamo celebrando: la Risurrezione di Gesù, centro del messaggio cristiano, risuonato fin dagli inizi e trasmesso perché giunga fino a noi. San Paolo scrive ai cristiani di Corinto: «A voi… ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto; cioè che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture, e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1Cor 15,3-5). Questa breve confessione di fede annuncia proprio il Mistero Pasquale, con le prime apparizioni del Risorto a Pietro e ai Dodici: la Morte e la Risurrezione di Gesù sono proprio il cuore della nostra speranza. Senza questa fede nella morte e nella risurrezione di Gesù la nostra speranza sarà debole, ma non sarà neppure speranza, e proprio la morte e la risurrezione di Gesù sono il cuore della nostra speranza. L’Apostolo afferma: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati» (v. 17). Purtroppo, spesso si è cercato di oscurare la fede nella Risurrezione di Gesù, e anche fra gli stessi credenti si sono insinuati dubbi. Un po’ quella fede “all’acqua di rose”, come diciamo noi; non è la fede forte. E questo per superficialità, a volte per indifferenza, occupati da mille cose che si ritengono più importanti della fede, oppure per una visione solo orizzontale della vita. Ma è proprio la Risurrezione che ci apre alla speranza più grande, perché apre la nostra vita e la vita del mondo al futuro eterno di Dio, alla felicità piena, alla certezza che il male, il peccato, la morte possono essere vinti. E questo porta a vivere con più fiducia le realtà quotidiane, affrontarle con coraggio e con impegno. La Risurrezione di Cristo illumina con una luce nuova queste realtà quotidiane. La Risurrezione di Cristo è la nostra forza!

Ma come ci è stata trasmessa la verità di fede della Risurrezione di Cristo? Ci sono due tipi di testimonianze nel Nuovo Testamento: alcune sono nella forma di professione di fede, cioè di formule sintetiche che indicano il centro della fede; altre invece sono nella forma di racconto dell’evento della Risurrezione e dei fatti legati ad esso. La prima: la forma della professione di fede, ad esempio, è quella che abbiamo appena ascoltato, oppure quella della Lettera ai Romani in cui san Paolo scrive: «Se con la tua bocca proclamerai: “Gesù è il Signore!”, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (10,9). Fin dai primi passi della Chiesa è ben salda e chiara la fede nel Mistero di Morte e Risurrezione di Gesù. Oggi, però, vorrei soffermarmi sulla seconda, sulle testimonianze nella forma di racconto, che troviamo nei Vangeli. Anzitutto notiamo che le prime testimoni di questo evento furono le donne. All’alba, esse si recano al sepolcro per ungere il corpo di Gesù, e trovano il primo segno: la tomba vuota (cfr Mc 16,1). Segue poi l’incontro con un Messaggero di Dio che annuncia: Gesù di Nazaret, il Crocifisso, non è qui, è risorto (cfr vv. 5-6). Le donne sono spinte dall’amore e sanno accogliere questo annuncio con fede: credono, e subito lo trasmettono, non lo tengono per sé, lo trasmettono. La gioia di sapere che Gesù è vivo, la speranza che riempie il cuore, non si possono contenere. Questo dovrebbe avvenire anche nella nostra vita. Sentiamo la gioia di essere cristiani! Noi crediamo in un Risorto che ha vinto il male e la morte! Abbiamo il coraggio di “uscire” per portare questa gioia e questa luce in tutti i luoghi della nostra vita! La Risurrezione di Cristo è la nostra più grande certezza; è il tesoro più prezioso! Come non condividere con gli altri questo tesoro, questa certezza? Non è soltanto per noi, è per trasmetterla, per darla agli altri, condividerla con gli altri. E' proprio la nostra testimonianza.

Un altro elemento. Nelle professioni di fede del Nuovo Testamento, come testimoni della Risurrezione vengono ricordati solamente uomini, gli Apostoli, ma non le donne. Questo perché, secondo la Legge giudaica di quel tempo, le donne e i bambini non potevano rendere una testimonianza affidabile, credibile. Nei Vangeli, invece, le donne hanno un ruolo primario, fondamentale. Qui possiamo cogliere un elemento a favore della storicità della Risurrezione: se fosse un fatto inventato, nel contesto di quel tempo non sarebbe stato legato alla testimonianza delle donne. Gli evangelisti invece narrano semplicemente ciò che è avvenuto: sono le donne le prime testimoni. Questo dice che Dio non sceglie secondo i criteri umani: i primi testimoni della nascita di Gesù sono i pastori, gente semplice e umile; le prime testimoni della Risurrezione sono le donne. E questo è bello. E questo è un po’ la missione delle donne: delle mamme, delle donne! Dare testimonianza ai figli, ai nipotini, che Gesù è vivo, è il vivente, è risorto. Mamme e donne, avanti con questa testimonianza! Per Dio conta il cuore, quanto siamo aperti a Lui, se siamo come i bambini che si fidano. Ma questo ci fa riflettere anche su come le donne, nella Chiesa e nel cammino di fede, abbiano avuto e abbiano anche oggi un ruolo particolare nell’aprire le porte al Signore, nel seguirlo e nel comunicare il suo Volto, perché lo sguardo di fede ha sempre bisogno dello sguardo semplice e profondo dell’amore. Gli Apostoli e i discepoli fanno più fatica a credere. Le donne no. Pietro corre al sepolcro, ma si ferma alla tomba vuota; Tommaso deve toccare con le sue mani le ferite del corpo di Gesù. Anche nel nostro cammino di fede è importante sapere e sentire che Dio ci ama, non aver paura di amarlo: la fede si professa con la bocca e con il cuore, con la parola e con l’amore.

Dopo le apparizioni alle donne, ne seguono altre: Gesù si rende presente in modo nuovo: è il Crocifisso, ma il suo corpo è glorioso; non è tornato alla vita terrena, bensì in una condizione nuova. All’inizio non lo riconoscono, e solo attraverso le sue parole e i suoi gesti gli occhi si aprono: l’incontro con il Risorto trasforma, dà una nuova forza alla fede, un fondamento incrollabile. Anche per noi ci sono tanti segni in cui il Risorto si fa riconoscere: la Sacra Scrittura, l’Eucaristia, gli altri Sacramenti, la carità, quei gesti di amore che portano un raggio del Risorto. Lasciamoci illuminare dalla Risurrezione di Cristo, lasciamoci trasformare dalla sua forza, perché anche attraverso di noi nel mondo i segni di morte lascino il posto ai segni di vita. Ho visto che ci sono tanti giovani nella piazza. Eccoli! A voi dico: portate avanti questa certezza: il Signore è vivo e cammina a fianco a noi nella vita. Questa è la vostra missione! Portate avanti questa speranza. Siate ancorati a questa speranza: questa àncora che è nel cielo; tenete forte la corda, siate ancorati e portate avanti la speranza. Voi, testimoni di Gesù, portate avanti la testimonianza che Gesù è vivo e questo ci darà speranza, darà speranza a questo mondo un po’ invecchiato per le guerre, per il male, per il peccato. Avanti giovani!

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Notizie dal mondo e dalla chiesa

Post n°2539 pubblicato il 15 Aprile 2013 da catholicmind

Papa Francesco celebra la Messa di Pasqua in Piazza San Pietro

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buona Pasqua! Buona Pasqua!
Che grande gioia per me potervi dare questo annuncio: Cristo è risorto! Vorrei che giungesse in ogni casa, in ogni famiglia, specialmente dove c’è più sofferenza, negli ospedali, nelle carceri…
Soprattutto vorrei che giungesse a tutti i cuori, perché è lì che Dio vuole seminare questa Buona Notizia: Gesù è risorto, c’è la speranza per te, non sei più sotto il dominio del peccato, del male! Ha vinto l’amore, ha vinto la misericordia! Sempre vince la misericordia di Dio!

Anche noi, come le donne discepole di Gesù, che andarono al sepolcro e lo trovarono vuoto, possiamo domandarci che senso abbia questo avvenimento (cfr Lc 24,4). Che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore. E questo può farlo l’amore di Dio!

Questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è andato fino in fondo nella via dell’umiltà e del dono di sé, fino agli inferi, all’abisso della separazione da Dio, questo stesso amore misericordioso ha inondato di luce il corpo morto di Gesù, lo ha trasfigurato, lo ha fatto passare nella vita eterna. Gesù non è tornato alla vita di prima, alla vita terrena, ma è entrato nella vita gloriosa di Dio e ci è entrato con la nostra umanità, ci ha aperto ad un futuro di speranza.

Ecco che cos’è la Pasqua: è l’esodo, il passaggio dell’uomo dalla schiavitù del peccato, del male alla libertà dell’amore, del bene. Perché Dio è vita, solo vita, e la sua gloria siamo noi: l’uomo vivente (cfr Ireneo, Adversus haereses, 4,20,5-7).

Cari fratelli e sorelle, Cristo è morto e risorto una volta per sempre e per tutti, ma la forza della Risurrezione, questo passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ogni giorno. Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (cfr Ez 37,1-14).

Allora, ecco l’invito che rivolgo a tutti: accogliamo la grazia della Risurrezione di Cristo! Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace.

E così domandiamo a Gesù risorto, che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace per il mondo intero.

Pace per il Medio Oriente, in particolare tra Israeliani e Palestinesi, che faticano a trovare la strada della concordia, affinché riprendano con coraggio e disponibilità i negoziati per porre fine a un conflitto che dura ormai da troppo tempo. Pace in Iraq, perché cessi definitivamente ogni violenza, e, soprattutto, per l’amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi, che attendono aiuto e consolazione. Quanto sangue è stato versato! E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi?

Pace per l’Africa, ancora teatro di sanguinosi conflitti. In Mali, affinché ritrovi unità e stabilità; e in Nigeria, dove purtroppo non cessano gli attentati, che minacciano gravemente la vita di tanti innocenti, e dove non poche persone, anche bambini, sono tenuti in ostaggio da gruppi terroristici. Pace nell’est della Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centroafricana, dove in molti sono costretti a lasciare le proprie case e vivono ancora nella paura.

Pace in Asia, soprattutto nella Penisola coreana, perché si superino le divergenze e maturi un rinnovato spirito di riconciliazione.

Pace a tutto il mondo, ancora così diviso dall’avidità di chi cerca facili guadagni, ferito dall’egoismo che minaccia la vita umana e la famiglia, egoismo che continua la tratta di persone, la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo; la tratta delle persone è proprio la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo! Pace a tutto il mondo, dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali! Pace a questa nostra Terra! Gesù risorto porti conforto a chi è vittima delle calamità naturali e ci renda custodi responsabili del creato.

Cari fratelli e sorelle, a tutti voi che mi ascoltate da Roma e da ogni parte del mondo, rivolgo l’invito del Salmo: «Rendete grazie al Signore perché è buono, / perché il suo amore è per sempre. / Dica Israele: / “Il suo amore è per sempre”» (Sal 117,1-2).

SALUTO

Cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questa Piazza, cuore della cristianità, e tutti voi che siete collegati attraverso i mezzi di comunicazione, rinnovo il mio augurio: Buona Pasqua!

Portate nelle vostre famiglie e nei vostri Paesi il messaggio di gioia, di speranza e di pace, che ogni anno, in questo giorno, si rinnova con forza.

Il Signore risorto, vincitore del peccato e della morte, sia di sostegno a tutti, specie ai più deboli e bisognosi. Grazie per la vostra presenza e la testimonianza della vostra fede. Un pensiero e un grazie particolare per il dono dei bellissimi fiori, che provengono dai Paesi Bassi. A tutti ripeto con affetto: Cristo risorto guidi tutti voi e l’intera umanità su sentieri di giustizia, di amore e di pace.


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Fonte: www.pastoralespiritualita.it

 
 
 

Prima Udienza Generale di Papa Francesco

Post n°2538 pubblicato il 15 Aprile 2013 da catholicmind

Prima udienza generale. Papa Francesco: no a fede stanca, uscire da se stessi per aprire a tutti le porte di Dio

Vivere la Settimana Santa vuole dire uscire da sé stessi e portare aiuto ai dimenticati delle periferie del mondo. È l’esortazione che emerge dalla prima udienza generale che Papa Francesco ha presieduto ieri mattina in Piazza San Pietro. Il Pontefice ha dedicato la catechesi al significato della Settimana Santa, ma ha anche annunciato - raccogliendo “il testimone” di Benedetto XVI” – di voler riprendere dopo Pasqua la riflessione sull’Anno della Fede.

Fratelli e sorelle, buongiorno!

Sono lieto di accogliervi in questa mia prima Udienza generale. Con grande riconoscenza e venerazione raccolgo il “testimone” dalle mani del mio amato predecessore Benedetto XVI. Dopo la Pasqua riprenderemo le catechesi dell’Anno della fede. Oggi vorrei soffermarmi un po’ sulla Settimana Santa. Con la Domenica delle Palme abbiamo iniziato questa Settimana – centro di tutto l’Anno Liturgico – in cui accompagniamo Gesù nella sua Passione, Morte e Risurrezione.

Ma che cosa può voler dire vivere la Settimana Santa per noi? Che cosa significa seguire Gesù nel suo cammino sul Calvario verso la Croce e la Risurrezione? Nella sua missione terrena, Gesù ha percorso le strade della Terra Santa; ha chiamato dodici persone semplici perché rimanessero con Lui, condividessero il suo cammino e continuassero la sua missione; le ha scelte tra il popolo pieno di fede nelle promesse di Dio. Ha parlato a tutti, senza distinzione, ai grandi e agli umili, al giovane ricco e alla povera vedova, ai potenti e ai deboli; ha portato la misericordia e il perdono di Dio; ha guarito, consolato, compreso; ha dato speranza; ha portato a tutti la presenza di Dio che si interessa di ogni uomo e ogni donna, come fa un buon padre e una buona madre verso ciascuno dei suoi figli. Dio non ha aspettato che andassimo da Lui, ma è Lui che si è mosso verso di noi, senza calcoli, senza misure. Dio è così: Lui fa sempre il primo passo, Lui si muove verso di noi. Gesù ha vissuto le realtà quotidiane della gente più comune: si è commosso davanti alla folla che sembrava un gregge senza pastore; ha pianto davanti alla sofferenza di Marta e Maria per la morte del fratello Lazzaro; ha chiamato un pubblicano come suo discepolo; ha subito anche il tradimento di un amico. In Lui Dio ci ha dato la certezza che è con noi, in mezzo a noi. «Le volpi – ha detto Lui, Gesù – le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8,20). Gesù non ha casa perché la sua casa è la gente, siamo noi, la sua missione è aprire a tutti le porte di Dio, essere la presenza di amore di Dio.

Nella Settimana Santa noi viviamo il vertice di questo cammino, di questo disegno di amore che percorre tutta la storia dei rapporti tra Dio e l’umanità. Gesù entra in Gerusalemme per compiere l’ultimo passo, in cui riassume tutta la sua esistenza: si dona totalmente, non tiene nulla per sé, neppure la vita. Nell’Ultima Cena, con i suoi amici, condivide il pane e distribuisce il calice “per noi”. Il Figlio di Dio si offre a noi, consegna nelle nostre mani il suo Corpo e il suo Sangue per essere sempre con noi, per abitare in mezzo a noi. E nell’Orto degli Ulivi, come nel processo davanti a Pilato, non oppone resistenza, si dona; è il Servo sofferente preannunciato da Isaia che spoglia se stesso fino alla morte (cfr Is 53,12).

Gesù non vive questo amore che conduce al sacrificio in modo passivo o come un destino fatale; certo non nasconde il suo profondo turbamento umano di fronte alla morte violenta, ma si affida con piena fiducia al Padre. Gesù si è consegnato volontariamente alla morte per corrispondere all’amore di Dio Padre, in perfetta unione con la sua volontà, per dimostrare il suo amore per noi. Sulla croce Gesù «mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). Ciascuno di noi può dire: Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Ciascuno può dire questo “per me”.

Che cosa significa tutto questo per noi? Significa che questa è anche la mia, la tua, la nostra strada. Vivere la Settimana Santa seguendo Gesù non solo con la commozione del cuore; vivere la Settimana Santa seguendo Gesù vuol dire imparare ad uscire da noi stessi - come dicevo domenica scorsa - per andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di aiuto. C’è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e ricco di amore!

Vivere la Settimana Santa è entrare sempre più nella logica di Dio, nella logica della Croce, che non è prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell’amore e del dono di sé che porta vita. E’ entrare nella logica del Vangelo. Seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”, uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza. Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo “uscire”, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lontana. Ricordate bene: uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per tutti noi.

Qualcuno potrebbe dirmi: “Ma, padre, non ho tempo”, “ho tante cose da fare”, “è difficile”, “che cosa posso fare io con le mie poche forze, anche con il mio peccato, con tante cose? Spesso ci accontentiamo di qualche preghiera, di una Messa domenicale distratta e non costante, di qualche gesto di carità, ma non abbiamo questo coraggio di “uscire” per portare Cristo. Siamo un po’ come san Pietro. Non appena Gesù parla di passione, morte e risurrezione, di dono di sé, di amore verso tutti, l’Apostolo lo prende in disparte e lo rimprovera. Quello che dice Gesù sconvolge i suoi piani, appare inaccettabile, mette in difficoltà le sicurezze che si era costruito, la sua idea di Messia. E Gesù guarda i discepoli e rivolge a Pietro forse una delle parole più dure dei Vangeli: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33). Dio pensa sempre con misericordia: non dimenticate questo. Dio pensa sempre con misericordia: è il Padre misericordioso! Dio pensa come il padre che attende il ritorno del figlio e gli va incontro, lo vede venire quando è ancora lontano… Questo che significa? Che tutti i giorni andava a vedere se il figlio tornava a casa: questo è il nostro Padre misericordioso. E’ il segno che lo aspettava di cuore nella terrazza della sua casa. Dio pensa come il samaritano che non passa vicino al malcapitato commiserandolo o guardando dall’altra parte, ma soccorrendolo senza chiedere nulla in cambio; senza chiedere se era ebreo, se era pagano, se era samaritano, se era ricco, se era povero: non domanda niente. Non domanda queste cose, non chiede nulla. Va in suo aiuto: così è Dio. Dio pensa come il pastore che dona la sua vita per difendere e salvare le pecore.

La Settimana Santa è un tempo di grazia che il Signore ci dona per aprire le porte del nostro cuore, della nostra vita, delle nostre parrocchie - che pena tante parrocchie chiuse! - dei movimenti, delle associazioni, ed “uscire” incontro agli altri, farci noi vicini per portare la luce e la gioia della nostra fede. Uscire sempre! E questo con amore e con la tenerezza di Dio, nel rispetto e nella pazienza, sapendo che noi mettiamo le nostre mani, i nostri piedi, il nostro cuore, ma poi è Dio che li guida e rende feconda ogni nostra azione.

Auguro a tutti di vivere bene questi giorni seguendo il Signore con coraggio, portando in noi stessi un raggio del suo amore a quanti incontriamo.

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto gli universitari che partecipano all’incontro internazionale promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei. Cari amici, siete venuti a Roma in occasione della Settimana Santa per un’esperienza di fede e di arricchimento spirituale. Vi ringrazio per la vostra preghiera e per il vostro affetto al Papa. Con la vostra presenza nel mondo universitario, ognuno di voi possa realizzare quanto auspicava San Josemaria Escrivá: «è in mezzo alle cose più materiali della terra che ci dobbiamo santificare, servendo Dio e tutti gli uomini» (Colloqui, n. 13).

Saluto i fedeli della diocesi di Firenze e i numerosi studenti di varie scuole. Tutti ringrazio per questa visita, augurando a ciascuno che i giorni della Settimana Santa siano occasione propizia per rafforzare la fede e l'adesione al Vangelo.

Rivolgo infine il mio cordiale pensiero ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli. La contemplazione della passione, morte e risurrezione di Gesù, cari giovani, vi renda sempre più saldi nella testimonianza cristiana. E voi, cari ammalati, traete dalla Croce di Cristo il sostegno quotidiano per superare i momenti di prova e di sconforto. A voi, cari sposi novelli, venga dal mistero pasquale, la grazia per fare della vostra famiglia un luogo di amore fedele e fecondo.

APPELLO

Seguo con attenzione quanto sta accadendo in queste ore nella Repubblica Centroafricana e desidero assicurare la mia preghiera per tutti coloro che soffrono, in particolare per i parenti delle vittime, i feriti e le persone che hanno perso la propria casa e che sono state costrette a fuggire. Faccio appello perché cessino immediatamente le violenze e i saccheggi, e si trovi quanto prima una soluzione politica alla crisi che ridoni la pace e la concordia a quel caro Paese, da troppo tempo segnato da conflitti e divisioni.

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Messaggi da Medjugorje...

Post n°2537 pubblicato il 03 Aprile 2013 da catholicmind

Messaggio del 2 aprile 2013 (Mirjana)

Cari figli, vi invito ad essere nello spirito una cosa sola con mio Figlio. Vi invito affinché, attraverso la preghiera e per mezzo della Santa Messa, quando mio Figlio si unisce a voi in modo particolare, cerchiate di essere come Lui. Affinché siate, come Lui, sempre pronti a compiere la volontà di Dio, e non a chiedere che si realizzi la vostra. Perché, figli miei, per volontà di Dio siete ed esistete ma, senza la volontà di Dio, siete un nulla. Io, come Madre, vi chiedo di parlare della gloria di Dio con la vostra vita, perché in questo modo glorificherete anche voi stessi, secondo la sua volontà. Mostrate a tutti umiltà ed amore verso il prossimo. Per mezzo di questa umiltà e di questo amore, mio Figlio vi ha salvato e vi ha aperto la via verso il Padre Celeste. Io vi prego di aprire la via verso il Padre Celeste a tutti coloro che non l'hanno conosciuto e non hanno aperto il proprio cuore al suo amore. Con la vostra vita aprite la via a tutti coloro che stanno ancora vagando in cerca della verità. Figli miei, siate miei apostoli che non hanno vissuto invano. Non dimenticate che verrete davanti al Padre Celeste e gli parlerete di voi. Siate pronti! Di nuovo vi ammonisco: pregate per coloro che mio Figlio ha chiamato, ha benedetto le loro mani e li ha donati a voi. Pregate, pregate, pregate per i vostri pastori. Vi ringrazio.

 
 
 

Dalla newsletter di Radio Maria...

Post n°2536 pubblicato il 24 Marzo 2013 da catholicmind

Cari amici,

Papa Francesco ci ha preparato alla confessione pasquale invitandoci, nel suo primo Angelus, a non stancarci di chiedere perdono a Dio, nella consapevolezza che Lui non si stanca mai di perdonarci. La divina pazienza è infinita.
Il giorno dopo la Regina della Pace, nel messaggio annuale a Mirjana, rinnovava l’invito, additandoci l’amore del Padre che, nella croce del Figlio, ci ha dato la possibilità che tutto ci sia perdonato, “cosicché non abbiate a vergognarvi, a nascondervi e, per paura, a non aprire la porta del proprio cuore a mio Figlio”. 
Celebriamo la resurrezione della Pasqua se moriamo al peccato e risorgiamo a vita nuova nella grazia dello Spirito Santo.
Presentiamo alla divina Misericordia tutto il male che ci tormenta e ci sfigura e lasciamo che scorrano sulla nostra anima le acque purificatrici del perdono. Nulla è più prezioso dell’assoluzione del Sacerdote.
Facciamo dono  al Crocifisso di un cuore umile e contrito, deciso nel proposito di non peccare più e di amarlo sopra ogni cosa. 
La riconciliazione con Dio è la più grande gioia della vita e ci permette di essere in pace con noi stessi e di riconciliarci con gli altri. 
Nulla è più dolce della pace divina che ci dona la Pasqua.

 
 
 

Messaggi da Medjugorje...

Post n°2535 pubblicato il 23 Marzo 2013 da catholicmind

Messaggio del 18 marzo 2013 (Mirjana)

Cari figli! Vi invito a benedire il nome del Signore con fiducia totale e gioia e a ringraziarLo col cuore di giorno in giorno per il grande amore. Mio Figlio, attraverso questo amore dimostrato con la croce, vi ha dato la possibilità che tutto vi sia perdonato, cosicché non abbiate a vergognarvi, a nascondervi e per paura a non aprire la porta del proprio cuore a mio Figlio. Al contrario, figli miei, riconciliatevi con il Padre celeste perché possiate amare voi stessi come vi ama mio Figlio. Quando comincerete ad amare voi stessi, amerete anche gli altri uomini e in loro vedrete mio Figlio e riconoscerete la grandezza del suo amore. Vivete nella fede! Mio Figlio tramite Me vi prepara per le opere che desidera fare tramite voi, attraverso le quali desidera glorificarsi. RingraziateLo. In modo particolare ringraziateLo per i pastori, vostri intermediari nella riconciliazione con il Padre Celeste. Io ringrazio voi, i miei figli. Vi ringrazio.

 
 
 

Notizie dal mondo e dalla chiesa...

Post n°2534 pubblicato il 19 Marzo 2013 da catholicmind

Messa di inizio Pontificato. Papa Francesco: vero potere è servire gli ultimi e custodire il creato

Il “vero potere” di un Papa è nel servizio umile ai più piccoli e nel custodire con bontà e tenerezza tutta l’umanità. Sono le toccanti parole con le quali Papa Francesco ha inaugurato il Pontificato, presiedendo questa mattina in Piazza San Pietro la solenne Messa di inizio del ministero petrino. Circa 200 mila le persone presenti, tra le quali le delegazioni di oltre 130 Stati e organismi internazionali, salutati dal Pontefice al termine della celebrazione.

 

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Cari fratelli e sorelle!

 

Ringrazio il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di inizio del ministero petrino nella solennità di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale: è una coincidenza molto ricca di significato, ed è anche l’onomastico del mio venerato Predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di riconoscenza.

 

Con affetto saluto i Fratelli Cardinali e Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli laici. Ringrazio per la loro presenza i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure i rappresentanti della comunità ebraica e di altre comunità religiose. Rivolgo il mio cordiale saluto ai Capi di Stato e di Governo, alle Delegazioni ufficiali di tanti Paesi del mondo e al Corpo Diplomatico.

 

Abbiamo ascoltato nel Vangelo che «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). In queste parole è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa, come ha sottolineato  il beato Giovanni Paolo II: «San Giuseppe, come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò con gioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, così custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine Santa è figura e modello» (Esort. ap. Redemptoris Custos, 1).

 

Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l'amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù.

 

Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio; ed è quello che Dio chiede a Davide, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito. E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!

 

La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!

 

E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna.

 

Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!

 

E qui aggiungo, allora, un’ulteriore annotazione: il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!

 

Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire!

 

Nella seconda Lettura, san Paolo parla di Abramo, il quale «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio.

 

Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato!

 

Chiedo l’intercessione della Vergine Maria, di san Giuseppe, dei santi Pietro e Paolo, di san Francesco, affinché lo Spirito Santo accompagni il mio ministero, e a voi tutti dico: pregate per me! Amen.

 © Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

Fonte: www.pastoralespiritualita.it

 
 
 

Oggi la chiesa ricorda...

Post n°2533 pubblicato il 19 Marzo 2013 da catholicmind

San Giuseppe, Sposo della SS.ma Vergine e Patrono della Chiesa universale

triduisangiuseppe
Una dolce gioia ci viene a consolare nel cuore della Quaresima la cara presenza di Giuseppe, lo Sposo di Maria e il Padre putativo del Figlio di Dio.
Al Figlio di Dio che veniva sulla terra a rivestire l'umanità, occorreva una Madre, e questa Madre non poteva essere che la più pura delle Vergini, perché la sua divina maternità non doveva affatto alterarne l'incomparabile verginità. Ora, sino a quando il Figlio di Maria non fosse riconosciuto per il Figlio di Dio, l'onore della Madre esigeva un protettore: un uomo doveva essere destinato alla gloria di Sposo di Maria; e quest'uomo fu Giuseppe, il più casto degli uomini.

 

Il Padre putativo di Gesù.

La sua gloria non consiste soltanto nell'essere stato, scelto a proteggere la Madre del Verbo incarnato; egli doveva esercitare una paternità adottiva sullo stesso Figlio di Dio. I Giudei ritenevano Gesù figlio di Giuseppe. Nel tempio, alla presenza dei dottori della legge, che il divino adolescente aveva meravigliato con la sapienza delle risposte e delle domande, Maria rivolse così la parola a suo figlio: "Tuo padre ed io ti cercavamo ansiosi" (Lc 2,48); ed il santo Vangelo aggiunge che Gesù era soggetto a Giuseppe ed a Maria.

Grandezza di san Giuseppe.
Chi potrebbe concepire e degnamente narrare i sentimenti che riempivano il cuore di quell'uomo che il Vangelo ci descrive con una sola parola, chiamandolo l'uomo giusto? (Mt 1,19). Un affetto coniugale rivolto alla più santa e alla più perfetta delle creature di Dio; l'ambasciata celeste portata dall'Angelo che gli rivelò il frutto della salvezza che portava in seno la sua sposa e l'associava come unico testimone sulla terra all'opera divina dell'Incarnazione; le gioie di Betlem nell'assistere alla nascita del Bambino, nel colmare di onori la Vergine-Madre e nell'udire gli angelici concenti; quando vide arrivare presso il neonato i pastori, seguiti dai Magi; l'allarme che venne ad interrompere sì bruscamente tanta felicità, quando, nel cuore della notte, dovette fuggire in Egitto con il Fanciullo e la Madre; le asprezze dell'esilio, la povertà, la nudità, alle quali furono esposti il Dio nascosto del quale egli era il sostegno e la sposa verginale di cui ammirava sempre più la dignità; il ritorno a Nazaret, la vita umile e laboriosa che condusse in questa città, dove tante volte i suoi occhi inteneriti contemplarono il Creatore del mondo che s'univa a lui in un umile lavoro; finalmente, le delizie di questa esistenza senza pari, nella casa abbellita dalla presenza della Regina degli Angeli e santificata dalla maestà del Figlio eterno di Dio; mentre entrambi onoravano lui, Giuseppe, come capo della famiglia che univa intorno a lui coi vincoli più teneri il Verbo increato, Sapienza del Padre, e la Vergine, capolavoro senza confronti della potenza e della santità di Dio.

Il primo Giuseppe.
No, nessuno mai al mondo potrà comprendere le grandezze di Giuseppe. Per penetrarne la profondità, bisognerebbe abbracciare tutta l'estensione del mistero col quale la sua missione lo mise in rapporto quaggiù, quale strumento necessario. Non ci meravigliamo perciò che il Padre putativo del Figlio di Dio sia stato raffigurato nell'Antica Alleanza sotto le sembianze d'un Patriarca del popolo eletto. San Bernardo spiega molto bene tale relazione: "Il primo Giuseppe, egli dice, venduto dai fratelli, e per questo figura di Cristo, fu portato in Egitto; il nuovo, che sfugge alla gelosia d'Erode, porta Cristo in Egitto. Il primo Giuseppe, serbando fedeltà al suo padrone, rispettò la sposa di costui; il secondo, non meno casto, fu il custode della sua Sovrana, della Madre del suo Signore, e il testimone della sua verginità. Al primo fu data l'intelligenza dei segreti rivelati nei sogni; al secondo furono confidati gli stessi misteri del cielo. Il primo conservò le provviste del grano non per sé ma per tutto il popolo; il secondo ebbe in sua custodia il Pane vivo disceso dal cielo, per sé e per il mondo intero" (2.a Omelia sul Missus est).

Morte di san Giuseppe.
Una vita così meravigliosa non poteva terminare che con una morte altrettanto degna. Era giunta l'ora che Gesù doveva uscire dall'oscurità di Nazaret e manifestarsi al mondo. Ormai la sua celeste origine doveva ricevere la testimonianza delle opere: dunque il ministero di Giuseppe era terminato. Era tempo che lasciasse questo mondo, per andare ad attendere, nel riposo del seno d'Abramo, il giorno in cui le porte dei cieli si sarebbero spalancate ai giusti. Accanto al suo letto di morte vegliava il padrone della vita, che tante volte l'aveva chiamato col nome di Padre; la più pura delle vergini, la sua Sposa, ricevette il suo ultimo respiro. Assistito e circondato dal loro affetto, Giuseppe s'addormentò nel sonno della pace. Ora lo Sposo di Maria ed il Padre putativo di Gesù regna in cielo in una gloria senza dubbio inferiore a quella di Maria, ma ornato di prerogative che nessun altro possiede.

Patrono della Chiesa.
Di lassù egli spande, su coloro che lo invocano, il suo potente patrocinio. Ecco quanto dice, con linguaggio ispirato, la liturgia della Chiesa: "O Giuseppe, vanto dei celesti, speranza dei mortali, sostegno del mondo!" Quale grande potere in un uomo! Ma nessuno, come lui, ebbe sulla terra rapporti così intimi col Figlio di Dio. Gesù si degnò di essergli sottomesso e in cielo, ora, vuole glorificare colui al quale affidò, quaggiù, la sua infanzia e l'onore di sua Madre. Non ci sono limiti al potere di san Giuseppe e la Chiesa ci invita, oggi, a ricorrere, con molta fiducia, a questo potente protettore. Invochiamolo nelle terribili prove della vita ed egli ci proteggerà: nei pericoli dell'anima e del corpo, nelle prove e nelle crisi sia temporali che spirituali, abbiamo fiducia in lui e la nostra speranza non verrà ingannata. Diceva il Re d'Egitto al suo popolo affamato: "Andate da Giuseppe"; il Re del Cielo ci ripete quello stesso invito; e il fedele custode della Vergine Maria ha, presso Dio, assai più potere di quanto ne avesse, presso il Faraone, il sovraintendente ai granai di Menphis.

La rivelazione di questo aiuto potente predisposto dall'eternità, è stata dapprima fatta conoscere da Dio a certe anime privilegiate alle quali venne affidata come un prezioso germe: precisamente come si verificò per la festa del Santissimo Sacramento, per la festa del Sacro Cuore e per altre ancora. Nel XVI secolo, santa Teresa, i cui scritti saranno in seguito conosciuti in tutto il mondo, ricevette una rivelazione divina a questo riguardo e ne parlò nella sua Vita.

Santa Teresa e san Giuseppe.
Ecco quanto dice: "Invoco san Giuseppe come patrono e protettore e non cesso di raccomandarmi a lui: il suo soccorso si manifesta in modo visibilissimo. Questo tenero protettore dell'anima mia, questo amabilissimo padre, si degnò di trarmi dallo stato in cui languiva il mio corpo e di liberarmi da pericoli assai più gravi che minacciavano il mio onore e la mia salvezza eterna. In più, mi ha esaudita sempre, più di quanto sperassi e di quanto chiedessi. Non ricordo di avergli chiesto qualcosa e che non me l'abbia accordato. Quale ampio quadro io potrei esporre, se mi fosse accordato di conoscere tutte le grazie di cui Iddio m'ha colmata e i pericoli, sia dell'anima che del corpo, da cui m'ha liberata per intercessione di questo amabilissimo Santo! L'Altissimo dona ai santi quelle grazie che servono per aiutarci in certe circostanze; il glorioso san Giuseppe - e lo dico per esperienza - estende il suo potere su tutto. Con questo, il Signore vuole mostrarci che, come un giorno fu sottomesso all'autorità di Giuseppe, suo padre putativo, così ancora in cielo, si degna di accettare la sua volontà, esaudendo i suoi desideri. Come me, l'hanno costatato per esperienza, quelle persone alle quali ho consigliato di raccomandarsi a questo incomparabile protettore; il numero delle anime che lo onorano cresce di giorno in giorno, e i felici successi della sua mediazione confermano la verità delle mie parole".

Per soddisfare questi desideri e per venire incontro alla devozione del popolo cristiano, il 10 settembre 1847, Pio IX estese alla Chiesa universale la festa del Patrocinio di san Giuseppe che fino allora era celebrata soltanto dai Carmelitani e da qualche chiesa. In seguito, san Pio X aumentò il valore di questa festa, onorandola di una Ottava e Pio XII, volendo dare un particolare patrono a tutti gli operai del mondo, ha istituito una nuova festività da celebrarsi il 1° Maggio; per questo motivo, venne soppressa quella del secondo mercoledì dopo Pasqua, e la festa del 19 marzo ricorda san Giuseppe quale Sposo della Vergine e Patrono della Chiesa universale.

Dignità di san Giuseppe.
Non meno caro a Dio e non meno benedetto dal popolo, Giuseppe non è soltanto l'amico di Dio (Es 33,11), l'intermediario fra il cielo ed una nazione privilegiata. Il sommo genitore gli comunica i diritti della sua paternità sul proprio Figlio; a questo Figlio, capo degli eletti, e non solamente al popolo egli trasmette gli ordini dall'alto. L'autorità che così esercita è uguale al suo amore; e non di passaggio o alla sfuggita egli vede il Signore (ivi 22): il Figlio di Dio lo chiama padre e si comporta da vero figlio; e riconosce nella sua obbedienza e nel suo affetto i tesori di dedizione riposti nel suo cuore mite e fedele. Quale gloria in cielo e quale potenza sulle creature, rispondente al potere ed alla santità di quaggiù, sono ora l'eredità di colui che, meglio di Mosè, penetrò i segreti della misteriosa nube e conobbe ogni bene! (ivi 33,19).

La prova di Giuseppe.
Dio impose allo Sposo di Maria una prova ben dura. Giuseppe - e lo sperimentarono i santi - sarebbe stato per i suoi devoti la guida incomparabile della vita spirituale; e per questo doveva provare l'angoscia, crogiolo necessario nel quale si perfeziona ogni santità. Ma la Saggezza non abbandona coloro che camminano sulla sua strada. Come canta la Chiesa in questo stesso giorno, la Sapienza lo conduceva per le diritte vie senza che egli ne avesse coscienza, e nella notte in cui i suoi pensieri cercavano a fatica di aprirsi una via verso la giustizia, gli mostrò la sua luce divina; egli godeva la conoscenza dei celesti segreti; in cambio dei patimenti del suo cuore, poteva vedere il posto che gli riservava l'imperscrutabile disegno della Provvidenza nel regno di Dio, i cui splendori dovevano irradiarsi per sempre dalla sua dimora in tutto il mondo. Veramente poteva dire che la divina Sapienza aveva oltremodo nobilitato il suo lavoro e fecondate le sue pene. Così ella suole dare ai giusti il premio delle loro fatiche e li guida per vie ammirabili.


Preghiera di lode a san Giuseppe.
Padre e protettore dei fedeli, glorioso Giuseppe, noi ringraziamo la nostra santa Madre Chiesa che, in questa agonia del mondo, ci ha insegnato ad avere speranza in te. Sono passati molti secoli prima che le tue grandezze fossero conosciute; e tu non sei soltanto un potente, intercessore in ciclo in favore del genere umano. Capo di quella Sacra Famiglia di cui è membro Dio stesso, tu continui la tua paterna intercessione in nostro favore. La tua protezione nascosta ebbe gran peso nella salvezza dei popoli e degli uomini, e il mondo approvava il tuo patrocinio senza aver ancora istituito, per riconoscerlo, quell'omaggio che oggi ti attribuisce. La conoscenza completa della tua grandezza e della tua potenza, la proclamazione del tuo Patrocinio e della tua solenne Protezione, è stata riservata a questo tempo infelice nel quale il mondo, all'estremo delle sue forze, abbisogna di aiuti che non sono ancora stati accordati alle epoche che ci hanno preceduti. Ci prostriamo ai tuoi piedi, o Giuseppe, per rendere omaggio, in te, ad una forza d'intercessione che non ha limiti, a una bontà che abbraccia, con una stessa adozione, tutti i fratelli di Gesù.

Le nostre necessità non ti sono sconosciute e i più umili figli della Chiesa vogliono ricorrere a te, giorno e notte, sicuri di ricevere l'aiuto di un padre tenero e compassionevole. Non lo dimenticheremo, o Giuseppe, e per le necessità dell'anima ricorreremo a te. Ti chiederemo di aiutarci a conseguire quelle virtù che Dio desidera siano nella nostra anima, ti invocheremo nelle lotte contro il Maligno, nei sacrifici che così spesso dobbiamo sostenere. Rendici degni d'essere chiamati tuoi figli, o padre dei fedeli! Il tuo grande potere, però, non riguarda soltanto la vita futura; l'esperienza di ogni giorno dice quanto sei potente anche per le cose del tempo, quando i nostri desideri non sono contrari ai disegni di Dio. Quindi, osiamo deporre nelle tue mani, gli interessi di questa nostra vita, le nostre speranze, i nostri voti, e i nostri timori. Un giorno ti fu affidata la cura della casa di Nazaret e degnati quindi, ora, di essere il consiglio e il soccorso di quanti affidano a te le loro preoccupazioni temporali.

Tu sei stato il Capo della Sacra Famiglia e oggi la famiglia cristiana è sotto la tua protezione: veglia su di essa in questi tempi difficili. Rispondi a quanti si rivolgono a te in quel momento difficile, quando si tratta di trovare la forza per lasciare questa vita e per preparare la via a un'altra migliore. Mantieni tra gli sposi la mutua dignità e il mutuo rispetto, salvaguardia dell'onore del matrimonio, e concedi loro la fecondità, simbolo delle benedizioni del ciclo. Fa' in modo che i cristiani abbiano in orrore quelle pratiche che disonorano quanto vi è di più santo, attirano la maledizione di Dio sui discendenti e rovinano la società, materialmente e moralmente. Dissipa i pregiudizi tanto colpevoli quanto disonorevoli, rimetti in onore la continenza che gli sposi cristiani devono stimare e alla quale devono talvolta sottomettersi, se non vogliono ridursi al rango di quei pagani di cui parlava l'Apostolo, quelli "che seguono soltanto l'istinto perché non conoscono Dio".

Ancora una preghiera, glorioso san Giuseppe. Esiste, nella nostra vita, un momento da cui dipende tutta l'eternità: il momento della morte. Quando pensiamo che la bontà divina ne ha fatto oggetto del tuo potere sovrano, noi siamo portati a guardare quell'istante con meno inquietudine. Ti è stato affidato il misericordioso compito di facilitare, al cristiano che ricorre a te, il passaggio dal tempo all'eternità. Dobbiamo rivolgerci a te per assicurarci una buona morte. Ed è giusto che sia tua questa prerogativa, perché tu sei morto tra le braccia di Gesù e Maria, ammirazione per il cielo e sublime spettacolo per la terra. Sii dunque tu, il nostro soccorso, in quel solenne e ultimo istante della nostra vita terrena. Noi abbiamo fiducia in Maria e ogni giorno la preghiamo affinché ci sia propizia in quell'ora suprema, ma noi sappiamo che Maria è felice della confidenza che noi abbiamo in te e che lei è presente là ove ci sei tu. Resi fiduciosi dalla speranza nella tua paterna bontà, noi aspetteremo con calma quell'ora decisiva, perché sappiamo che tu ci aiuterai se ti avremo invocato.

PREGHIAMO
Ci venga in aiuto, o Signore, lo Sposo della tua SS. Madre, affinché ciò che non possiamo ottenere da soli, ci sia concesso per i suoi meriti.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 859-868

 
 
 

Angelus del 17/03/2013 (Primo Angelus di Papa Francesco)

Post n°2532 pubblicato il 19 Marzo 2013 da catholicmind

Primo Angelus di Papa Francesco: "La misericordia di Dio cambia il mondo"

Angelus_Papa_FrancescoUna folla immensa, circa 300mila fedeli secondo il Comune di Roma, per il primo Angelus di Papa Francesco: stracolma Piazza San Pietro, ma affollatissime anche Via della Conciliazione e le strade vicine. Il Papa, prendendo spunto dal Vangelo odierno, ha parlato del mistero dell’infinita misericordia di Dio.

 

[Video]

 

Fratelli e sorelle, buongiorno!

Dopo il primo incontro di mercoledì scorso, oggi posso rivolgere di nuovo il mio saluto a tutti! E sono felice di farlo di domenica, nel giorno del Signore! Questo è bello è importante per noi cristiani: incontrarci di domenica, salutarci, parlarci come ora qui, nella piazza. Una piazza che, grazie ai media, ha le dimensioni del mondo.

In questa quinta domenica di Quaresima, il Vangelo ci presenta l’episodio della donna adultera (cfr Gv 8,1-11), che Gesù salva dalla condanna a morte. Colpisce l’atteggiamento di Gesù: non sentiamo parole di disprezzo, non sentiamo parole di condanna, ma soltanto parole di amore, di misericordia, che invitano alla conversione. “Neanche io ti condanno: va e d’ora in poi non peccare più!” (v. 11). Eh!, fratelli e sorelle, il volto di Dio è quello di un padre misericordioso, che sempre ha pazienza. Avete pensato voi alla pazienza di Dio, la pazienza che lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui con il cuore contrito. “Grande è la misericordia del Signore”, dice il Salmo.

In questi giorni, ho potuto leggere un libro di un Cardinale – il Cardinale Kasper, un teologo in gamba, un buon teologo – sulla misericordia. E mi ha fatto tanto bene, quel libro, ma non crediate che faccia pubblicità ai libri dei miei cardinali! Non è così! Ma mi ha fatto tanto bene, tanto bene … Il Cardinale Kasper diceva che sentire misericordia, questa parola cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza … Ricordiamo il profeta Isaia, che afferma che anche se i nostri peccati fossero rossi scarlatti, l’amore di Dio li renderà bianchi come la neve. E’ bello, quello della misericordia! Ricordo, appena Vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires la Madonna di Fatima e si è fatta una grande Messa per gli ammalati. Io sono andato a confessare, a quella Messa. E quasi alla fine della Messa mi sono alzato, perché dovevo amministrare una cresima. E’ venuta da me una donna anziana, umile, molto umile, ultraottantenne. Io l’ho guardata e le ho detto: “Nonna – perché da noi si dice così agli anziani: nonna – lei vuole confessarsi?”. “Sì”, mi ha detto. “Ma se lei non ha peccato …”. E lei mi ha detto: “Tutti abbiamo peccati …”. “Ma forse il Signore non li perdona …”. “Il Signore perdona tutto”, mi ha detto: sicura. “Ma come lo sa, lei, signora?”. “Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”. Io ho sentito una voglia di domandarle: “Mi dica, signora, lei ha studiato alla Gregoriana?”, perché quella è la sapienza che dà lo Spirito Santo: la sapienza interiore verso la misericordia di Dio. Non dimentichiamo questa parola: Dio mai si stanca di perdonarci, mai! “Eh, padre, qual è il problema?”. Eh, il problema è che noi ci stanchiamo, noi non vogliamo, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti. Invochiamo l’intercessione della Madonna che ha avuto tra le sue braccia la Misericordia di Dio fatta uomo.

Adesso tutti insieme preghiamo l’Angelus:

[preghiera dell’Angelus]

Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini. Grazie della vostra accoglienza e delle vostre preghiere. Pregate per me, ve lo chiedo. Rinnovo il mio abbraccio ai fedeli di Roma e lo estendo a tutti voi, e lo estendo a tutti voi, che venite da varie parti dell’Italia e del mondo, come pure a quanti sono uniti a noi attraverso i mezzi di comunicazione. Ho scelto il nome del Patrono d’Italia, San Francesco d’Assisi, e ciò rafforza il mio legame spirituale con questa terra, dove – come sapete – sono le origini della mia famiglia. Ma Gesù ci ha chiamati a far parte di una nuova famiglia: la sua Chiesa, in questa famiglia di Dio, camminando insieme sulla via del Vangelo. Che il Signore vi benedica, che la Madonna vi custodisca. Non dimenticate questo: il Signore mai si stanca di perdonare! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere il perdono.

Buona domenica e buon pranzo!

© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

Fonte: www.pastoralespiritualita.it

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 01/07/2007
 

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