dabar

La liturgia dell’Ascensione propone in questo anno «A» la lettura degli ultimi versetti del Vangelo secondo Matteo (28, 16-20), nei quali si descrive l’ultima apparizione del Cristo risorto agli undici discepoli, apparizione che avviene in Galilea, là dove lo stesso Gesù, il mattino di Pasqua, tramite le donne, aveva dato appuntamento ai suoi. La Galilea, territorio di confine, crocevia di popoli, luogo della non ortodossia, terra ove la purezza della fede israelitica è messa continuamente a confronto con le tante commistioni possibili, è pure il luogo che Gesù sceglie per iniziare il suo ministero (cfr. Mt 4,12ss) e per dare ai suoi l’ultima e definitiva consegna: «Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20).
È significativo che Gesù, nel Vangelo secondo Matteo, non scelga la città santa per iniziare e per concludere il suo ministero, ma – appunto – la regione semipagana della Galilea: lì chiama i suoi discepoli, lì inizia l’annuncio dell’Evangelo («Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”» - Mt 4,17), da lì invia i suoi per la missione universale. Mentre l’evangelista Luca colloca l’episodio dell’Ascensione di Gesù nella città santa, sul «monte detto degli Ulivi» (At 1,12) e Gerusalemme diventerà il centro di irradiazione dell’Evangelo («Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» At 1,8), Matteo sposta l’attenzione dei suoi lettori a quel «paese di Zabulon e […] di Neftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti» (Mt 4,15).
Nel vangelo secondo Matteo, l’Ascensione di Gesù è solo intuita, anziché narrata esplicitamente (come invece in Marco e in Luca); nei versetti interessati (Mt 28,16-20) Gesù apre ai suoi le porte della missione evangelizzatrice a tutti i popoli e dà loro, una duplice “garanzia”: i discepoli saranno in grado di «ammaestrare tutte le nazioni» perché a Gesù Risorto, il Padre (agente sottinteso del verbo al passivo) ha dato «ogni potere in cielo e sulla terra», e perché Egli sarà con i suoi «tutti i giorni, fino alla fine del mondo». L’Ascensione, pertanto, anziché segnare la conclusione definitiva dell’esperienza terrena del Figlio di Dio fatto uomo, per Matteo diventa non solo l’inaugurazione della missione universale della Chiesa, ma anche l’inizio di un nuovo modo di presenza del Risorto. La Liturgia, nel Prefazio della Messa della solennità odierna, canta questa consolante verità: «Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell’universo, non si è separato dalla nostra condizione umana, ma ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria». Non si è separato da noi, anzi, «io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»: la missione evangelizzatrice della Chiesa non è, dunque, altro che annunciare in continuazione, ad ogni uomo e ad ogni donna, in ogni tempo, che Gesù è il Vivente e che è presente, che è Lui stesso a sospingere la barca dell’Evangelo, perché possa solcare il mare del tempo, della storia, per traghettare i popoli tutti al porto dell’eternità!