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ERBA DI SAN GIOVANNI

Post n°22 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da centerfit
 




L' Hypericum perforatum è conosciuto anche come "erba di
san Giovanni". Ovviamente il "mistero" di questo nome può essere chiarito
soltanto facendo ricorso a varie leggende, le quali tuttavia concordano sul fatto che
"Giovanni " sia da identificare con il Battista e non con l'apostolo. Ecco
alcune di queste leggende.

 

• La prima si basa sulla Bibbia, nella quale si afferma che
Giovanni si nutriva di locuste e di miele selvatico. Il termine greco per locusta (akron),
però, non indica tanto l'insetto quanto la cima delle piante su cui la locusta si posa.
È vero che di solito, nella Bibbia, akron indica l'insetto, tuttavia, quando la leggenda
si sofferma a descrivere le preferenze culinarie del Battista, utilizza lo stesso termine
sia per l'insetto sia per la pianta.

 

L'iperico e la
depressione

 

Altre leggende hanno poi compiuto un vero "balzo da
locusta" nel ritenere che la pianta ingerita da san Giovanni con i suoi insetti
coperti di miele fosse Hypericum perforatum...

 

• Un'altra spiegazione prende spunto dai "puntini"
neri sui petali e dai "forellini" sulle foglie: i primi rappresenterebbero il
sangue versato da san Giovanni decapitato, i secondi le lacrime sparse da chi assistette a
quel crudele spettacolo.

 

• La terza spiegazione si basa sul fatto che l'Hypericum
perforatum è una pianta selvatica (nel Colorado e in Australia viene considerata
addirittura un'erba infestante) che fiorisce in estate, più o meno all'epoca in cui si
festeggia san Giovanni (24 giugno). Ed ecco perché l'iperico, i cui fiori ricoprono i
prati di un colore giallo vivo, fù soprannominato "erba di san Giovanni".

 

Quale che sia l'origine del nome, è certo che nel Medioevo, la
notte della vigilia di san Giovanni, era costume dormire con un mazzolino d'iperico sotto
il cuscino, nella convinzione che, così facendo, il santo apparisse in sogno e
proteggesse il dormiente dalla morte per un anno intero.

 

L'iperico come medicina

 

nel suo libro Thè Healing Power of Herbs, il dottor Michael T.
Murray afferma:
 

 

L'erba di san Giovanni ha una lunga tradizione nell'uso
popolare:

 

Ippocrate (il padre della medicina), Dioscoride, il più
rinomato medico dell'antica Grecia, e Plinio il Vecchio (nell'antica Roma) la impiegarono
per curare molte malattie.

 

Il nome latino Hypericum perforatum deriva dal greco e
significa "contro i fantasmi": questo perché si credeva che l'erba respingesse
gli spiriti maligni, i quali non potevano sopportarne l'odore. Difatti un altro
appellativo popolare dell'iperico è "erba scacciadiavoli".

 

Nella medicina popolare, l'erba di san Giovanni è stata
impiegata per curare sia ferite (date le sue elevate proprietà antibatteriche e
antivirali) sia disturbi ai reni e ai polmoni... ma anche per sanare quella che oggi
definiamo depressione.

 

Nella Rodale's Illustrateci Encyclopedia of Herbs leggiamo:

 

Quest'erba viene considerata benefica per l'apparato
digerente; in particolare si è sempre ritenuto che i suoi componenti alleviassero i
disturbi dovuti all'ulcera e alla gastrite. Inoltre è stata usata per combattere la
nausea e la diarrea. Anche i lividi e le emorroidi sembrano trarre giovamento dalla sua
applicazione. E stata impiegata per scopi sedativi e analgesici. I fiori, aggiunti a un
particolare olio di uso medico, hanno effetto lenitivo sulle ferite da taglio. Gli
erboristi infine le attribuiscono la proprietà di indurre (o aumentare) un senso di
benessere.

 

Molto tempo prima che la depressione venisse identificata dalla
medicina tradizionale come una malattia dai connotati precisi, i suoi sintomi
"preoccupazione", "inquietudine nervosa", disturbi del sonno e altri
ancora venivano curati con l'erba di san Giovanni. E anche nella moderna medicina
erboristica l'erba di san Giovanni è impiegata soprattutto nella cura della depressione.
Se vi siete rivolti a un erborista per curare la depressione, quasi sicuramente vi avrà
consigliato l'iperico.

 

Per quanto riguarda invece l'uso estensivo dell'iperico nella
medicina tradizionale, si può dire che siamo soltanto agli inizi. Le premesse tuttavia
sono più che incoraggianti. Attualmente infatti l'efficacia dell'iperico viene studiata
per la cura dell'AIDS, di varie forme di cancro, dell'enuresi notturna nei bambini, di
alcune malattie della pelle (come la psoriasi), dell'artrite reumatoide, delle ulcere
peptiche e, non ultimo, del mal di testa da sbornia. (L'iperico si solubilizza bene e si
conserva nell'alcool. Chissà, forse, tra qualche tempo, l'iperico sarà aggiunto alle
bevande alcoliche perché agisca come "riduttore" dei postumi delle sbronze...)

 

Le novità positive

 

A questo punto, dopo aver esaminato le caratteristiche generali
dell'iperico e della depressione, possiamo approfondire le novità positive riguardanti i
rapporti tra la pianta e la malattia.

 

La ricerca medica ha dimostrato che l'iperico è un trattamento
efficace per la depressione: altrettanto efficace, nella maggior parte dei pazienti, degli
antidepressivi tradizionali. In sintesi, le ricerche cliniche dimostrano che dal 50 all'80
per cento dei pazienti depressi manifesta una significativa diminuzione dei sintomi e un
corrispondente aumento dello stato di benessere. L'entità del successo è comparabile a
quella degli antidepressivi tradizionali; tuttavia, a differenza di questi ultimi:

 

1) gli effetti collaterali dell'iperico sono pochi e lievi,

 

2) l'iperico costa molto meno,

 

3) l'iperico non ha bisogno di ricetta medica.

 

Tutto ciò rende chiaro fino a che punto questa pianta può
essere usata nel trattamento sia della depressione a lungo termine e a bassa intensità
sia della depressione maggiore nella sua forma lieve e in quella moderata.

 

Oltre cinquemila pazienti sono stati coinvolti nel suo studio
iniziale e oltre duemila tra loro sono stati inclusi in studi in doppio cieco. Otto
comparazioni testa a testa hanno dimostrato un'efficacia dell'iperico paragonabile a
quella dei tarmaci tradizionali, ma con minori effetti collaterali. In Germania, più di
venti milioni di persone assumono regolarmente l'iperico contro la depressione.

 

Gli
effetti collaterali dell 'iperico

 

utilizzata per secoli dalla medicina popolare, l'erba di san
Giovanni vanta un eccellente record di sicurezza, confermato da ricerche mediche recenti.
L'uso massiccio di iperico in Germania (sessantasei milioni di dosi giornaliere all'anno)
non ha prodotto referti medici che denuncino un grave impatto con il farmaco o un effetto
tossico in seguito a un iperdosaggio accidentale.

 

D'altro canto, non esiste sostanza che possa dirsi del tutto
sicura. Infatti, qualunque elemento tra quelli essenziali alla nostra vita, se assunto in
eccesso, è molto dannoso. Ecco perché su tutte le confezioni dei farmaci è riportata
l'indicazione: "da vendersi soltanto dietro presentazione di ricetta medica ".
Anche il comune sale da cucina un minerale necessario per la nostra vita è mortale se
ingerito in quantità eccessiva.

 

Nell'analizzare gli effetti collaterali di una certa sostanza,
bisogna anzitutto valutare il pericolo relativo. In altri termini, ci si deve chiedere:
quanto è tossica una data sostanza rispetto a un'altra? L'aspirina è meno tossica della
morfina, ma più tossica, per esempio, della vitamina C.

 

Vanno altresì confrontati i rischi con i benefici relativi, il
danno causato dalla malattia e il danno potenziale derivabile dal trattamento. La
chemioterapia utilizza alcune tra le sostanze chimiche più tossiche, ma, se pensiamo alle
conseguenze del non utilizzo di tali sostanze la morte per cancro, esse diventano
clinicamente accettabili.

 

Che cosa possiamo dire dell'iperico a questo riguardo?

 

Dal punto di vista della tossicità, l'iperico è più sicuro
dell'aspirina. Negli Stati Uniti, ogni anno da cinquecento a mille persone muoiono a causa
dell'aspirina, in genere per emorragie inteme. L'iperico, al confronto, non ha registrato
un solo decesso in almeno 2400 anni di impiego farmacologico.

 

Infatti l'unico effetto tossico di cui siamo a conoscenza si
manifesta in alcuni animali a pelo corto, come la pecora, che muore non tanto per avere
ingerito, brucando, grandi quantità di erba di san Giovanni, ma per essersi esposta al
sole successivamente: questa è la ragione per cui in Australia l'iperico è considerato
un'erba dannosa. L'iperico aumenta la sensibilità dell'animale alla luce, per cui questo
si ammala e talvolta muore a causa delle ustioni (in termini medici si parla di
fototossicità).

 

Questo fenomeno, per quanto teoricamente possibile negli uomini,
non è mai stato documentato in rapporto alle dosi di iperico raccomandate per la cura
della depressione. Anche nel caso della ricerca sull'AIDS, che implica la somministrazione
di iperico per via endovenosa in quantità trentacinque volte superiori a quelle per la
depressione, gli effetti fototossici sono stati scarsi e comunque mai letali. (E allo
studio la possibilità di ricorrere a dosi più elevate di iperico sfruttandone le
proprietà antivirali).

 

Tuttavia il rischio della fototossicità va considerato se il
paziente ha già manifestato una sensibilità specifica alla luce solare o se è in cura
con altri farmaci fotosensibilizzanti, come la Clorpromazina o le Tetracicline.

 

In uno studio condotto su 3250 pazienti sottoposti a iperico,
solo il 2,4 per cento ha manifestato effetti collaterali.

 

Tali effetti collaterali tendono a essere lievi. Le affezioni
gastrointestinali rappresentano lo 0,6 per cento, le reazioni allergiche lo 0,5 per cento,
l'astenia lo 0,4 per cento, l'agitazione lo 0,3 per cento.

 

(E interessante tuttavia notare che, in quindici studi condotti
su 1008 pazienti, gli effetti collaterali nel gruppo di controllo, cui era stato
somministrato un innocuo placebo, sono stati leggermente superiori a quelli del gruppo
sottoposto a iperico: 4,8 per cento nel gruppo del placebo contro 4,1 per cento nel gruppo
dell'iperico. Anche il tasso delle interruzioni si è dimostrato superiore nel gruppo del
placebo: 1,8 per cento rispetto allo 0,4 per cento nel gruppo dell'iperico.)

 

Un valore superiore viene riportato dal British Medical Journal
in una rassegna di sei studi sull'iperico: il 10,8 per cento dei pazienti ha manifestato
effetti collaterali con l'iperico (simili a quelli elencati sopra) contro il 35,9 per
cento di effetti collaterali nei pazienti trattati con farmaci antidepressivi
tradizionali. Anche in base a questo valore, il British Medicai Journal ha concluso che
gli effetti collaterali dell'iperico sono "rari e di lieve entità".

 
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