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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 05 Febbraio 2006 da al_lu_po

IL FILO DI ARIANNA E…… I MODELLI SCIENTIFICI
ELEONORA AQUILINI (*)
Vicepresidente DD-SCI
ele.aquilini@tin.it

Premessa
Ho scritto queste riflessioni sull’uso dei modelli nella scuola elementare e media in seguito alla cortese lettera (pag. 31) che Alfredo Tifi ha scritto dopo la lettura del mio articolo “Quale concetto di acido e base nella parte terminale dell’obbligo scolastico?”.Non è stato facile chiarire a me stessa i termini del problema e metterli per scritto. Ringrazio Tifi per avermi
indotto a farlo.

“Il filo che la mano di Arianna lasciò nella mano di Teseo (nell’altra c’era la spada) perché egli si inoltrasse nel labirinto e ne scoprisse il centro, l’uomo con la testa di toro o, come vuole Dante, il toro con la testa di uomo, lo uccidesse e potesse, eseguita la prodezza, disfare le reti di pietra e tornare da lei, al suo amore. Le cose accaddero in questo modo. Teseo non poteva sapere che dall’altro lato del labirinto c’era un altro labirinto, quello del tempo, e che in qualche luogo stabilito c’era Medea. Il filo si è perduto; il labirinto pure si è perduto. Ora non sappiamo neanche se ci circonda un labirinto, un segreto cosmo, o un caos azzardato. Il nostro meraviglioso compito è immaginare che esista un labirinto e un filo. …”[1].
L’uso sapiente e ardito della similitudine,della metafora e dell’allegoria ha contribuito a rendere straordinari gli scritti di Borges, dove viene espresso l’inesprimibile alludendo e non dicendo. Nel nostro colloquiare corrente, senza pretese poetiche, facciamo uso di figure retoriche e anche nell’insegnamento delle scienze il loro impiego è frequente. Ricordiamo una semplice definizione di similitudine, metafora e allegoria prendendola in prestito da un libro fatto per la scuola: “Calvino racconta l’Orlando Furioso” [2].
La similitudine “consiste normalmente in un confronto o in un paragone fra due immagini (termini) istituito sul piano linguistico da come, simile a, tale, sembra, pare ed altre espressioni equivalenti. Due immagini, possono essere paragonate perché pur essendo diverse, presentano uno o più elementi in comune”. Viene fatto un esempio: Achille è coraggioso come un leone. In una similitudine del tipo “Achille ruggisce di fronte al nemico ”, attribuire ad Achille l’azione di ruggire costituisce un’altra figura retorica : la metafora che è una similitudine implicita. Si analizza quindi il passaggio da similitudine a metafora e viceversa esplicitando le corrispondenze implicite:

I termine di paragone_________________II termine di paragone
Achille______________________________ leone
Emette grida roche e terrificanti__________ruggisce
Di fronte al nemico____________________ di fronte alla preda

Quindi “se noi abbattiamo la barriera fra la sfera di Achille e quella del leone (barriera costituita sul piano linguistico dal come…), operiamo una sovrapposizione, quasi una identificazione delle due sfere, per cui possiamo usare in modo intercambiabile alcuni elementi dell’una o dell’altra, otteniamo: “di fronte al nemico Achille ruggisce”, ma possiamo ottenere anche “di
fronte alla preda Achille ruggisce”. Per cui la frase Achille è un leone (metafora) è ben diversa dalla similitudine: Achille è come un leone. La presenza del come nella similitudine, infatti, tiene ancora distinte, separate le due sfere, i due mondi, di Achille e del leone: l’eliminazione del come li unifica. Come per la metafora, anche all’origine dell’allegoria sta una similitudine. Prendiamo come esempio un’allegoria a tutti conosciuta: l’immagine di una donna bendata con un piede appoggiato su una ruota. Tutti sappiamo che è l’allegoria della fortuna. All’origine di questa immagine allegorica sta una
similitudine.Come nel caso della metafora, vengono esplicitati i termini del paragone.



I termine di paragone__________________II termine di paragone
La Fortuna agisce__________come________ una donna bendata a caso
ed è instabile_____________come________ una donna in equilibrio con
_____________________________________un solo piede su una ruota

Viene fatta poi un’importante considerazione. Abbiamo visto che nella similitudine le due “sfere” vengono tenute distinte e messe in relazione dal come; nella metafora si sovrappongono e diventano linguisticamente intercambiabili; nell’allegoria si utilizzano soltanto elementi della seconda sfera senza più nessun indizio linguistico di elementi appartenenti alla prima. Il rimando alla prima sfera (ossia al significato dell’allegoria) non avviene più attraverso un tramite linguistico, ma per una convenzione, più o meno largamente diffusa e acquisita, fondata sul ricordo della similitudine originaria”.

Similitudini, metafore e allegorie nel linguaggio della scienza : i modelli

Il linguaggio della scienza, fa grande uso di metafore, di allegorie e di similitudini; si cerca infatti di dare una rappresentazione delle cose che si conoscono e soprattutto di quelle che non si conoscono e allora emergono i modelli della realtà che ne permettono un’interpretazione . Nessuno sa cosa sia la realtà; non possiamo dire che esista un comune modo di “sentire” il mondo esterno e quello interno, possiamo solo dire che esistono forme di rappresentazione che riconosciamo comuni a tutti gli esseri umani. A questo proposito Bruner individua tre tipi:quella attiva, quella iconica e quella simbolica.
Il primo modo di tradurre l’esperienza in un modello del mondo, quello attivo, è attraverso l’azione. “Noi tutti conosciamo molte cose per le quali non abbiamo né immagini, né parole, e si tratta di cose difficili da insegnare mediante parole o diagrammi e disegni. Chi ha provato a insegnare a qualcuno a giocare a tennis o a sciare, o a un bambino ad andare in bicicletta, sarà certo colpito dall’inutilità delle parole e dei diagrammi ai fini dell’insegnamento” [3]. Con questo tipo di rappresentazione si intende un modo di rappresentare eventi passati con risposte motorie appropriate. Il sistema iconico di rappresentazione “dipende dalla organizzazione visiva, o da altra organizzazione sensoriale, e dall’uso di immagini riassuntive”[3] “le immagini, rappresentano eventi percettivi nel modo convenzionale e accurato in cui un quadro rappresenta l’oggetto ritratto. Infine il sistema simbolico rappresenta il reale attraverso elementi “lontani e arbitrari” [4]. Mentre i primi due sistemi di rappresentazione sono legati strettamente alla percezione, il sistema di rappresentazione simbolico è una costruzione mentale che permette “una progressiva liberazione dall’immediatezza” e permette di andare oltre il presente.La razionalizzazione del mondo, avviene quindi attraverso la rappresentazione simbolica e quindi principalmente attraverso il linguaggio che utilizza la metafora per descrivere il noto e l’ignoto, là dove non ci sono parole. Nello sviluppo cognitivo i tre modi di rappresentare la realtà si sviluppano dall’attivo al simbolico (per Bruner si tratta di prevalenza di una rappresentazione in una certa fase, non di una sequenza vera e propria). Possiamo ritrovare nel lavoro dello scienziato questi modi di rappresentazione [5]. Il primo, quello attivo, è connesso all’attività manuale nei laboratori, alle procedure sperimentali, alle tecniche acquisite, alle capacità operative in generale. Il secondo sistema di rappresentazione, quello iconico, è basato su immagini riassuntive, rappresentazioni fisiche del “prototipo” 1 oggetto di studio.
Queste rappresentazioni risultano efficaci in quanto sottendono fini processi d’indagine, modelli matematici, elaborati formalismi. Esempi sono le rappresentazioni della struttura dell’atomo, delle molecole, dei composti. Il terzo tipo di rappresentazione, quello simbolico, è per lo scienziato una costruzione mentale che può essere semplicemente descrittiva di una parte della realtà, può essere un modello statico oppure dinamico, nel senso che può riguardare un sistema e la sua evoluzione nel tempo. La rappresentazione simbolica include quella iconica e ne amplia la valenza attraverso più eterogenee forme espressive.È importante sottolineare il diverso ruolo che hanno i modelli iconici nello sviluppo cognitivo e nell’attività dello scienziato. Mentre nello sviluppo cognitivo i modelli iconici sono dominanti in una fase in cui non si ha la piena capacità di ragionamento astratto, nel lavoro dello scienziato sono immagini riassuntive di ipotesi e di teorie; sono essi stessi simbolizzazioni che provengono da elaborazioni mentali sofisticate. Per gli scienziati essi sono il prodotto diretto dell’astrazione, non la precedono. Tale distinzione viene di solito ignorata nell’insegnamento delle scienze.

Modelli (metafore e allegorie) nell’insegnamento delle scienze

Nell’insegnamento delle scienze l’uso di allegorie e metafore viene a costituire il cuore dei modelli che vengono usati nella spiegazione del mondo naturale come se fossero strumenti facili per esemplificare il pensiero degli scienziati. Così l’uso dei modelli iconici ha un ruolo privilegiato, con l’intento didattico di stabilire delle similitudini fra oggetti sconosciuti e oggetti noti. L’utilizzo di tali modelli è, per così dire, metaforico e allegorico. Ci sono due problemi fondamentali: il primo è che mentre nell’età adulta è possibile ricondurre mentalmente le metafore e le allegorie a similitudini, e quindi stabilire le relazioni fra mondo
ideale e quello reale (su cui si vuole indagare), per i bambini e gli adolescenti questo processo di astrazione è difficile, spesso impossibile. Il secondo problema riguarda, come già detto, l’ interpretabilità dei modelli iconici che sono il prodotto delle astratte teorie degli scienziati. Quindi gli adulti in grado di fare una lettura corretta di queste rappresentazioni sono gli specialisti che acquisiscono gli stessi strumenti di comprensione degli scienziati. Nel libro “Le altre inquisizioni” Borges, nella parte che riguarda lo scrittore Quevedo, scrive che per Chersterton“. Non l’intese mai così Quevedo, per il quale il linguaggio fu, essenzialmente, uno strumento logico. Le cose comuni o eterne della poesia acque paragonate a cristalli, mani paragonate a neve, occhi che fulgono come stelle e stelle che guardano come occhi , lo infastidivano perché facili, ma molto di più perché false. Dimenticò nel riprenderle,che la metafora è l’incontro momentaneo di due immagini, non la metodica assimilazione di due cose…..”[7].
Riflettendo su quello che apprendono alunni di 14-15 anni, pensiamo che l’introduzione precoce dei modelli produca una confusione fra la realtà e il modello stesso, anzi una sostituzione della realtà con il modello. Questo perché il mancato possesso del “primo termine di paragone” (la conoscenza adulta delle teorie scientifiche) provoca una sovrapposizione di immagini, un’assimilazione di due cose , come dice Borges parlando della concezione della metafora in Quevedo. In altre parole i modelli diventano allegorie di cui si è persa la chiave interpretativa, il primo termine di paragone di cui si è parlato all’inizio, che permette di ristabilire la similitudine. Così per alunni di 14 anni il panettone con le uvette è l ‘atomo di Thomson, e i modellini fatti di asticciole e palline sono le molecole. Le rappresentazioni dei vari tipi di legame fra atomi meritano una particolare attenzione. Gli sforzi degli insegnanti che introducono i modelli per spiegare questo importante argomento nel biennio degli Istituti Tecnici sono assolutamente vani in termini di comprensione del problema. Per anni io stessa ho constatato i modelli che vengono utilizzati usualmente nei libri di testo per spiegare i legami portano gli alunni a questa conclusione sconfortante: i legami covalenti sono quelli con la “stanghetta” fra i simboli degli elementi, quelli ionici sono quelli con il segno più e meno accanto ai simboli degli elementi, quelli covalenti polari quelli con la stanghetta e quelle letterina fatta come un’esse rovesciata chea-noi-non-ci-riesce-fare (il delta). Il parlare di elettronegatività, di affinità elettronica, di posizione degli elementi nella tavola periodica, non lascia negli alunni nessuna traccia e, quando va bene, resta la stanghetta che evidentemente non ha significato.
L’utilizzazione dei modelli per argomenti che gli alunni non possono comprendere a certe età, per mancanza anche di conoscenze di Fisica e di Chimica neanche previste in quel livello di scuola, non porta a nessuna comprensione e non alcuna funzione. Entrare nel mondo scientifico, senza la gradualità che comporta il progressivo “rappresentarsi” dei fenomeni e delle leggi, senza attendere che la capacità di astrazione sia abbastanza sviluppata per tornare facilmente dalla metafora alla similitudine, è come entrare in un labirinto fatto di immagini che non si sanno interpretare correttamente. Si potrebbe anche dire che la mancata traduzione dell’allegoria in similitudini, in un primo tempo porta gli alunni ad avere un’immagine “semplice” della scienza, simile ad un cartone animato, senza la complessità del reale. Successivamente si sperimenta l’inutilità di questa acquisizione perché con quelle immagini animate, percepite come un videogioco, non siamo capaci di interpretare nessun fenomeno, non abbiamo costruito nulla che abbia accresciuto il nostro sapere scientifico; abbiamo solo una serie frammentata di rappresentazioni che noi abbiamo confuso con specchi della realtà. Questi specchi ci rimandano la serie infinita delle cose che pensiamo di conoscere e che in realtà non conosciamo e ci muoviamo dentro il mondo della scienza come in un labirinto. Parafrasando Borges si può dire che questo è un labirinto senza centro ed è difficile ritrovare il filo. Nell’insegnamento attento e responsabile delle scienze, la distinzione fra i modelli che utilizzano gli scienziati e le rappresentazioni che si costruiscono gli alunni alle varie età dovrebbe essere sempre presente. Con l’insegnamento si modellizza, si dà forma, questo sì, sempre, ma un modello inadeguato per la comprensione potrebbe essere recepito come sostitutivo della realtà, non come interpretativo. A nostro avviso è l’aver messo al centro dell’insegnamento la disciplina e non l’alunno, che spinge alle forzature didattiche. Se non ci fosse l’ansia di dover spiegare la chimica, la fisica e la biologia partendo dal punto vista microscopico a tutte le età ( perché è questo oggi dal punto di vista della disciplina il punto di vista più efficace), non ci sarebbe la necessità di ricorre ai modelli che utilizzano gli scienziati e che diventano giocattoli nelle mani degli studenti.

1 Leggiamo in “Chemistry through models” la seguente definizione di prototipo e di modello:
“We need a name for that which is modelled and we shall use “prototype” for this purpose. The
shorter Oxford Dictionary defines prototype as : “the first or primary type of anything: a pattern,
model,standard, exemplar, archetype”....the essence of model is that it is a restructuring or
reformulation- that is to say a model is some transformation or other of this prototype” (Ci occorre
un nome per ciò che ha una forma e a questo scopo useremo la parola “prototipo”. L’Oxford
Dictionary definisce il prototipo come: un modello ,un campione, uno standard, un esemplare,
un archetipo”.....l’essenza di “modello” è che si tratta di una riorganizzazione o riformulazionecioè
il modello è una delle possibili trasformazioni di questo prototipo). [6]

Bibliografia
[1] J. L. Borges,Il filo della favola poesia tratta da I Congiurati, Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A, Milano,1986. p.67.
[2] C. Minoia (a cura di), Calvino racconta l’Orlando Furioso, Einaudi
Scuola, Milano,1995, p.151-155.
[3] J. Bruner, Verso una teoria dell’istruzione,
Armando, Roma, 1999,p.29.
[4] M. Cesa Bianchi, A. Antonietti (a cura di), Bruner,
Franco Angeli, Milano, 2000, p.76.
[5] C. J. Suckling, K.E Suckling, C.W. Suckling, Chemistry through models,
Cambridge University Press, Cambridge, 1978, p.1-25.
[6] C. J. Suckling, K.E Suckling Suckling, Chemistry through models, Op.cit., p.5.
[7] J. L. Borges, Altre Inquisizioni, Universale
Economica Feltrinelli, Milano, 2000, p.45.

 
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