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Ziggy Stardust

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LUTTAZZI DOCET

Al Direttore di Repubblica:

è disarmante vedere firme celebri annaspare di fronte alla satira e alla sua natura. Quello della volgarità, da sempre, è il pretesto principe di chi vuole tappare la bocca alla satira. Che sia chiaro una volta per tutte ( i furbastri più o meno interessati mi hanno un po' stufato ): la volgarità è la TECNICA della satira. Con questa tecnica, la satira esprime idee e opinioni. Censurare la satira ( in nome del cattivo gusto o di altri princìpi volatili e capziosi ) è censurare le opinioni. E' fascismo. Chi si attarda in disquisizioni sul buon gusto è un censore. Punto. L'unico limite lo stabilisce la legge: diffamazione, calunnia. La satira è arte: o è totalmente LIBERA, o non è satira. Se io parlo del sostegno immondo di Ferrara alla guerra criminale di Bush, Blair e Berlusconi in Iraq, e voi vi scandalizzate dei toni satirici invece che di Abu Grahib o del napalm a Falluja, la vostra scala di valori è corrotta. Era questo il significato di quel monologo. Come volevasi dimostrare.

Daniele Luttazzi

 
 
 
 
 
 
 

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STARDUST

ZIGGY STARDUST
(Bowie)

Ziggy played guitar, jamming
good with Wierd and Gilly,
The Spiders from Mars.
He played it left hand,
but made it too far,
Became the special man,
then we were Ziggy’s Band.

Ziggy really sang,
screwed up eyes and screwed down hairdo
Like some cat from Japan,
he could lick ‘em by smiling
He could leave ‘me to hang
Came on so loaded man,
well hung and snow white tan.

So where were the spiders
while the fly tried to break our balls
Just the beer light to guide us,
So we bitched about his fans
and should we crush his sweet hands ?

Ziggy played for time,
jiving us that we were Voodoo
The kids was just crass, he was the naz
With God given ass
He took it all too far but boy
could he play guitar.

Making love with his ego
Ziggy sucked up into his mind
Like a leper messiah
When the kids had killed the
rnan I had to break up the band

ZIGGY POLVERE DI STELLE
(Bowie)

Ziggy suonava la chitarra,
alternandosi bene con
Wierd e Gilly, gli Spiders from Mars
Lui suonava con la sinistra,
ma andò troppo in là,
Divenne il tipo speciale,
e allora inventammo il gruppo di Ziggy.
Ziggy cantava davvero,
strabuzzava gli occhi e agitava la chioma
come alcuni gatti giapponesi,
li poteva leccare con un sorriso
Li poteva lasciare in attesa
Diventò un uomo importante,
ben messo e con la tintarella bianco neve.
Così dov’erano i ragni quando
la mosca cercò di romperci le palle
solo la luce della birra a guidarci,
così ci lagnammo dei suoi fans e
avremmo dovuto spaccare le sue dolci mani?
Ziggy suonava a tempo,
cantando che eravamo voodoo
i ragazzi erano proprio ottusi,
lui era il Nazareno
con un gran bel culo
esagerò un po’ ma ragazzi,
se sapeva suonare la chitarra.
Facendo l’amore col suo ego

Ziggy fu risucchiato nella sua mente
come un messia lebbroso
Quando i ragazzi l’hanno ucciso
ho dovuto sciogliere il gruppo.

 
 
 
 
 
 
 

BERLIN

 
 
 
 
 
 
 

 

 
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mirò

Post n°170 pubblicato il 27 Febbraio 2008 da simonepelo
 
Tag: mirò

Joan Miró i Ferrà
(Barcellona, 20 aprile 1893 – Palma di Maiorca, 25 dicembre 1983) è stato un
pittore, scultore e ceramista spagnolo, esponente del surrealismo.

Infanzia e studi

Nato come figlio di un orefice e orologiaio in un vecchio quartiere di Barcellona,
Joan Miró cominciò a disegnare dall’età di 8 anni. Su consiglio del padre Miró
intraprese studi commerciali, ma in parallelo frequentò lezioni private di disegno;
dal 1910 al 1911 lavorò come contabile, finché un esaurimento nervoso non lo
convinse a dedicarsi all’arte a tempo pieno. Fu il lungo periodo di convalescenza
passato nella casa di famiglia a Montroig del Camp a consolidare definitivamente
la sua vocazione; lo stesso Miró riconobbe in seguito in Montroig e Maiorca i due
poli della sua ispirazione.

Tornato a Barcellona nel 1912, frequentò l’Accademia Galí fino al 1915, dopodiché
passò al Circolo Artistico di Sant Lluc. Furono questi gli anni in cui Mirò scoprì il
fauvismo e in cui tenne la sua prima esposizione personale alle Galeries
Dalmau (1918).

Il periodo parigino

Attirato dalla comunità artistica che si riuniva a Montparnasse, nel 1920 si
stabilì a Parigi, dove conobbe Picasso e il circolo dadaista di Tristan Tzara.
Già in questo periodo, in cui disegnava nell’accademia La Grande Chaumière,
cominciò a delinearsi il suo stile decisamente originale, influenzato inizialmente
dai dadaisti ma in seguito portato verso l’astrazione per l’influsso di poeti e
scrittori surrealisti.

Nel 1926 collaborò con Max Ernst per la scenografia di Romeo e Giulietta e
realizzò il celebre Nudo. L’anno successivo, dopo la morte del padre, Miró si
trasferì alla Cité des Fusains ed ebbe come vicini, oltre ad Ernst, anche Jean Arp e
Pierre Bonnard. Sempre a Parigi, nel 1928, la sua esposizione nella galleria
Georges Bernheim lo rese famoso.

La maturità surrealista

Il 12 ottobre 1929 Miró sposò Pilar Juncosa a Palma di Maiorca; la coppia
ebbe una unica figlia di nome María Dolores (nata il 17 luglio 1931 e morta
nel dicembre 2004).

Iniziò in questi anni la sperimentazione artistica di Miró, che si cimentò con
le litografie, l’acquaforte e la scultura, nonché con la pittura su carta catramata
e vetro.

Con lo scoppio della guerra civile spagnola (1936) tornò a Parigi, ma fece
ritorno in Spagna al momento dell’invasione nazista della Francia. Da questo
momento visse stabilmente a Maiorca o a Montroig.

Miró fu uno dei più radicali teorici del surrealismo, al punto che André Breton,
fondatore di questa corrente artistica, lo descrisse come “il più surrealista di noi tutti”.
Tornato nella casa di famiglia, Miró sviluppò uno stile surrealista sempre più marcato;
in numerosi scritti e interviste espresse il suo disprezzo per la pittura convenzionale
e il desiderio di “ucciderla” ed “assassinarla” per giungere a nuovi mezzi di espressione.
La prima monografia su Miró fu pubblicata da Shuzo Takiguchi nel 1940

Dopo la morte della madre, avvenuta nel 1944, Miró iniziò a dedicarsi a lavori di
ceramica e a sculture di bronzo.

Gli anni della celebrità

Nel 1954 Miró vinse il premio per la grafica alla Biennale di Venezia e nel 1958 il
Premio Internazionale Guggenheim. In questi anni fece molti viaggi ed esposizioni
negli Stati Uniti.

Fin dal 1956 si stabilì definitivamente a Palma di Maiorca in una casa progettata e
costruita dal cognato, cui aggregò in seguito un laboratorio e uno studio di pittura
grazie all’aiuto dell’amico Josep Lluís Sert. Al fine di preservare la proprietà così
delineatasi, per lui luogo creativo per eccellenza, Miró ne donò parte alla cittadinanza,
che nel 1981 vi allestì la Fundació Pilar e Joan Miró.

Già nel 1972, d’altronde, Miró aveva creato la Fundació Joan Miró a Barcellona.

Nel 1978 si dedicò alla scenografia per uno spettacolo teatrale, nonché alla scultura monumentale. Risale a questo periodo la sua celebre scultura Dona i ocell (Donna e
uccello), che si trova nel parco Joan Miró a Barcellona.

Gli ultimi anni

Per i riconoscimenti in patria Miró dovette attendere gli anni della vecchiaia e la
caduta del franchismo: nel 1979 l’Università di Barcellona gli conferì la laurea
honoris causa (l’Università di Harvard aveva già provveduto nel 1968); nel 1980
ricevette la medaglia d’oro delle Belle Arti dal re di Spagna Juan Carlos; nel 1981
fu premiato con la medaglia d’oro di Barcellona e della Generalitat (governo della
Catalogna).

In età avanzata Miró accelerò il suo lavoro, creando ad esempio centinaia di ceramiche,
tra cui il Muro della Luna e il Muro del Sole presso l’edificio dell’UNESCO a Parigi.
Si dedicò pure a pitture su vetro per esposizione.

Negli ultimi anni di vita Miró concepì le sue idee più radicali, interessandosi della
scultura gassosa e della pittura quadridimensionale.

Joan Miró morì a Maiorca all’età di 90 anni e venne sepolto a Barcellona, nel
cimitero di Montjuïc.

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