Da “Le stelle commesse viaggiatrici”
Una volta, ma tanto tanto tempo fa, il cielo si chiamava Olimpo,
e il Dio che lo abitava si chiamava Zeus, Jupiter o Giove,
tre nomi che indicano suppergiù la stessa cosa.
A questo Dio venne un giorno la bizzarra idea di dare la felicità
agli uomini. Quand’ebbe annunciato questa strana idea al suo
consiglio di reggenza, composto da Nettuno e da Plutone,
le due divinità trovarono la pretesa talmente stravagante
che esclamarono:
“Che idea balzana, Sire! Caspita, è proprio un’idea balzana!”.
Ma quando un dio ha un’idea nella testa, deve per forza portarla
a compimento, buona o cattiva che sia.
Restava il problema di come realizzarla.
Giove rifletté un momento, poi, alzando di colpo la testa:
“Ci sono” disse.
E convocò le sette stelle del Settentrione.
Le stelle ubbidirono e corsero a radunarsi ai suoi piedi.
Gli astronomi, nel vedere sette meteore che tracciavano
un solco luminoso nell’azzurro firmamento, annunciarono la fine del mondo:
ecco come gli scienziati s’ingannano sui propositi divini!…Le stelle dissero: “Eccoci, splendida e terribile Maestà; cosa desideri da noi?”
“Dovete fare i bagagli e andarvene in giro sulla terra,
- rispose il figlio di Saturno e Rea;
- vi darò due scudi al giorno per le spese di viaggio.”
“E che andiamo a fare sulla terra?” chiesero le stelle.
“Mi sono messo in testa di dare la felicità agli uomini,
- rispose Giove,
- ma siccome non l’apprezzerebbero se gliela dessi gratis,
voglio che gliela vendiate: sarete le mie commesse viaggiatrici.”
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