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Post n°42 pubblicato il 29 Marzo 2006 da cignochedanza

http://www.riflessioni.it/fabrizioponzetta/index.htm

Spunti anti-ipnotici a proposito di politica, storia ed elezioni. Fabrizio Ponzetta
Marzo 2006

A proposito delle prossime elezioni politiche in Italia, prima che il clima da finale di football giunga al suo culmine, sarebbe opportuno ricordare che la storia non ha insegnato proprio nulla, se ancor oggi ci si illude a riguardo di una scelta tra una formula di governo anziché un’altra, senza che il singolo individuo trovi in sé quelle silenziose risposte che la demagogia destrorsa o sinistroide copre con i suoi slogan cacofonici.
L’Italia, cartina tornasole dell’intero occidente, si trova oggi a dover scegliere tra due aspetti di uno stesso sistema, quello liberaldemocratico.
Il primo di questi aspetti è davvero degnamente rappresentato dall’attuale premier: trattasi di un liberismo selvaggio, privo di qualunque valore, ad eccezione di quelle caricature pseudo tradizionaliste riassumibili nel trinomio da boy scout “Dio, patria, famiglia”.
Il secondo aspetto è quello socialdemocratico, sprecone, assistenziale e statalista, anche qui stupendamente rappresentato da un ex democristiano, una “brava persona”, chiamata a tenere a bada, nell’oratorio cattocomunista, quelle menti adolescenziali estremamente sinistre che inneggiano ad un impossibile “altro mondo possibile”.
Due aspetti, dunque, di uno stesso sistema, entrambi sfumati con le tinte di due ideologie defunte.

Nel mio saggio
L’esoterismo nella cultura di destra, l’esoterismo nella cultura di sinistra, avevo identificato due tendenze di base per distinguere la “destra” e la “sinistra”: la prima aspira ad una riforma dell’esistente guardando ad un passato mitico, ad una Tradizione gerarchica di nobili valori spirituali, la seconda aspira ad un futuro di eguaglianza e libertà, anche tramite il progresso scientifico e tecnologico.
Che la “destra”, dunque, intesa come adoratrice della Tradizione, non esista più e sia stata definitivamente sconfitta nel secondo conflitto mondiale, ad opera degli adoratori del progresso, è un dato di fatto. La sinistra, ovvero l’idea storicista che il mondo evolve da una condizione di ignoranza e di irrazionali gerarchie ad una condizione di conoscenza, libertà individuali e uguaglianza, ha vinto.
I vincitori, poi, ridividendosi nei due blocchi che hanno caratterizzato la storia della seconda metà del ventesimo secolo, hanno in fondo posto la questione in questi termini: meglio la libertà o l’uguaglianza? Senza arrivare ad uno scontro frontale, gli ideali di libertà hanno vinto, mentre l’uguaglianza propagandata dai regimi comunisti si è scontrata con l’incapacità di creare una vera alternativa all’utopia capitalista del benessere illimitato per tutti.

Viviamo dunque in un regime liberaldemocratico che ci sembra decisamente migliore di qualunque altra possibilità, ma ciò forse è dovuto al fatto che siamo nati e cresciuti in esso. La “classifica” dei recenti crimini contro l’umanità, che possiamo estrapolare dalle celebrazioni mediatiche, pone al primo posto l’olocausto, al secondo i gulag e solo al terzo posto Hiroshima e Nagasaki e ciò dovrebbe farci riflettere in modo oggettivo sulla veridicità di quell’adagio secondo cui “la storia la scrivono i vincitori”.
Tuttavia, il sistema in cui viviamo si basa, perlomeno in linea di principio, su un prezioso ideale di fondo, che si può riassumere nelle parole del padre del liberalismo contemporaneo,
John Stuart Mill: “è utile che, fino a quando l’umanità non sarà perfetta, vi siano differenze di opinione, così lo è che vi siano differenti esperimenti di vita; che le diverse personalità siano lasciate libere di esprimersi, purché gli altri non ne vengano danneggiati”.
Parole sante, verrebbe da dire, se non fosse che si prestano a destare nuovi problemi. Ad esempio mi chiedo: “Non sarà che la nostra
cultura si è davvero convinta di essere perfetta? Tanto da non tollerare differenti opinioni o “esperimenti” di vita? Lo storico inglese David Irwing è stato imprigionato in Austria per le sue tesi revisioniste sui crimini di guerra nazisti: ora, a prescindere dalle sue teorie, è mai possibile sbattere in prigione una tesi storica? Irwing non è un naziskin, è uno storico sessantenne, che in un clima da Santa Inquisizione liberaldemocratica ha anche abiurato alle sue tesi, ma non è stato ritenuto sincero e quindi è stato condannato a tre anni di carcere.
Ma è questo il liberalismo auspicato da Mill? Non penso proprio; il filosofo, nel suo Saggio sulla libertà, fu assai chiaro: “Impedire l’espressione di un’opinione è un crimine particolare, perché significa derubare la razza umana, i posteri altrettanto che i vivi, coloro che dall’opinione dissentono ancor più di chi la condivide: se l’opinione è giusta, sono privati dell’opportunità di passare dall’errore alla verità; se è sbagliata, perdono un beneficio quasi altrettanto grande, la percezione più chiara e viva della verità, fatta risaltare dal contrasto con l’errore”.
Se il regime liberaldemocratico fosse dunque fedele ai suoi principi, sarebbe allora davvero “il migliore dei mondi possibili”, ma d’altronde anche la monarchia assoluta basata (in senso tradizionale) su valori spirituali, se fosse fedele ai suoi principi, sarebbe “il migliore dei mondi possibili”. Idem per il socialismo reale e addirittura, con le opportune riserve, per quei regimi la cui apologia fa finire oggi in galera.
Ma il punto è, tornando al discorso iniziale, che in qualsiasi sistema politico o sociale, se la “sostanza umana” dei governanti e dei governati è stupida, meschina e soggetta agli istinti più bassi, la vita sarà sempre un inferno; viceversa, a prescindere dal sistema politico, se l’uomo trova in sé un sicuro istinto e un “giusto sentire”, la vita sarà degna di essere vissuta. Tale sicuro istinto e tale giusto sentire non devono però diventare una nuova bandiera o una nuova ideologia o religione, perché, come tali, verrebbero risucchiate da quella stupidità emotiva e romantica che, in nome del bene, finisce per fare del male. Non è neanche il caso quindi di porsi l’eterna domanda su chi e come deve stabilire “questo giusto sentire”.
Qui si tratta di chiudere gli occhi e osservare le sciocchezze di una mente sovraccarica di stimoli, prendendo atto di non Essere tale cumulo di deliri, ma il nobile silenzio sottostante; questo è il punto di partenza e anche il punto di arrivo. Non si tratta quindi di organizzarsi in partiti e fare il tifo per cavalieri, professori, giardinieri, falciati martellanti, rose in quel posto, fiamme più o meno alimentate a benzina e carrocci populisti, ma di vivere tacite intese tra chi, nel “caos” generale, rimarrà fedele alle forze del “cosmos”, partendo appunto dal proprio “microcosmo”.
Non ci sono altre indicazioni… se non l’adagio col quale amo chiudere ogni scritto di questa serie:
Comunque sia esiste un unico problema: si chiama e si fa chiamare mente.

Sì.
Comunque sia… nella vita esiste un unico problema: si chiama e si fa chiamare mente.

© I testi di Fabrizio Ponzetta sono proprietà letteraria riservata della società editrice Quintessenza S.A.S. di Elena Savino e soci. E' fatto divieto di riproduzione anche parziale, con qualsiasi mezzo, internet compreso, senza aver prima richiesto e ottenuto la licenza dalla società editrice.

 
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