Creato da cinzia.cucco1970 il 26/03/2011
saggio
|
Area personale
Cerca in questo Blog
Menu
Chi puņ scrivere sul blog
« ALLA RICERCA DI UN NUOVO... | crescerere nelle diverse... » |
Noi e la natura
Noi e la natura
"Genitori e insegnanti si lamentano del fatto che i bambini di oggi sono sempre più iperattivi e difficili, ma quanto influiscono le condizioni ambientali, i ritmi di vita frenetici e caotici, sui loro comportamenti? I capricci, gli atteggiamenti violenti o inspiegabili, il disordine, l'instabilità dell'attenzione, l'attaccamento eccessivo all'adulto, non sono altro che una modalità di vita innaturale (...)[1]".
Veniamo al mondo in modo innaturale; nella migliore delle ipotesi si mette in atto il parto naturale in una posizione che sfida le leggi di gravità, quella supina, mentre sarebbe più facile partorire accovacciate in modo da facilitare il processo di espulsione. Non siamo più in grado di dare ascolto ai nostri reali bisogni, che sono quelli di sentirsi parte di un tutto, di ascoltare i nostri bio-ritmi,di metterci in reale comunicazione col mondo esterno e con quello interiore. In epoca rinascimentale si propugnò un umanesimo che considerava l'uomo come un microcosmo che obbedisce alle stesse leggi del macrocosmo. Anche oggi si dovrebbero riaffermare questi valori che mettano nuovamente in contatto il particolare con l'universale in maniera armonica. Invece siamo totalmente disgregati e abbiamo perso di vista ciò che realmente conta, perdendo il contatto con la parte più autentica di noi stessi. Ciò acquista maggiore rilevanza quando, durante la gestazione gravidica e al momento del parto noi donne veniamo trattate come pazienti passive mentre dovremmo essere in grado di disattivare la neocorteccia cerebrale per dare ascolto al paleoencefalo che ci permetterebbe di espellere il feto prima possibile evitando la nota sofferenza fetale. Non siamo tantomeno in grado di recepire i segnali che ci inviano i neonati, i quali vivono secondo le leggi della natura mettendo in atto con rituale ripetizione le regole dell'evoluzione della specie, in modo avulso dai nostri orari e da comportamenti imposti dall'alto. Dev'essere il neonato a decidere quante volte attaccarsi al seno ed egli ha molte più risorse di quel che crediamo. Da solo imparerà prima a strisciare, poi a gattonare e, quando lo deciderà, come ha fatto l'uomo primitivo, si erigerà sulle gambe. D'altro canto quella della maternità è un'esperienza vissuta come altro dal resto della vita, in modo individuale, per cui noi donne ci ritroviamo circondate da professionisti che dicono come dobbiamo comportarci visto che non abbiamo visto altre donne allattare. Insomma impariamo fare le madri come se facessimo un corso di tennis, senza mettere in atto quei processi di apprendimento che derivano dall'esperienza diretta, dall'aver visto altre madri. Così tutto il nostro vivere è diviso in compartimenti stagno avendo perso una visione unitaria del fenomenico, ovvero di tutto quanto ci circonda. Già i programmi scolastici dovrebbero attuare dei processi di conoscenza che non siano divisi in materie, almeno nella scuola dell'infanzia (dal momento che talmente esteso è ormai lo scibile umano che l'approfondimento, nel corso della vita, è ormai d'obbligo). Non esiste l'educazione motoria, la scienza, la geografia, l'italiano. Penso che dovrebbe esistere la possibilità, per il bambino piccolo, di osservare e poi sperimentare, insieme all'adulto in un ambiente che sia più naturale possibile. Spesso siamo invece costretti a separare gli ambiti per cui, le incombenze quotidiane, la socializzazione, il gioco, la possibilità di respirare aria un pò meno inquinata, sono tutte esperienze disgiunte una dall'altra. "I bambini dei paesi industrializzati soffrono, per la maggior parte, di un nature deficit disorder,ovverossia una sindrome da deficit di natura...[2]"
Credo che questa affermazione possa applicarsi anche agli adulti che non hanno più quello che è il normale senso di appartenenza e sono sempre più ossessionati dall'ascesa ai gradini più alti della società. Dato per assunto che importanti sono le conquiste della nostra civiltà, penso che sarebbe più opportuno superare sia i modelli di vita attuali che quelli tipici delle società cosiddette tradizionali per arrivare ad elaborare impostazioni che tengano conto sia delle esigenze di modernità sia della completezza affettiva dell'essere umano. Credo inoltre che la completezza affettiva degli esseri viventi sia estremamente correlata alla possibilità di vivere in sintonia con la natura cosa che oggi si traduce nella sostenibilità di una modernità che non può più pemettersi il lusso di intendere il mondo come qualcosa da spremere come un limone.
La natura dentro di noi
Quando il bambino viene al mondo ha, come prima sensazione, il passaggio da un ambiente liquido, alla temperatura di circa 37° C, ad una situazione totalmente sconosciuta nella quale non sente più nemmeno il rassicurante battito cardiaco della madre. Dovrebbe quindi essere cura dell'adulto ricreare il più possibile le condizioni rassicuranti da cui proviene il piccolo e l'ideale sarebbe quello di farlo stare sempre o quasi a contatto col corpo della madre, unico suo universo, della quale conosce l'odore, la pelle, il calore e che è il suo prolungamento. Il distacco dalla madre, dovrebbe essere nei limiti del possibile graduale, in quanto è dalle sue braccia che esso, rassicurato, conosce il mondo. Il primo istinto del neonato è quello della suzione e trattandosi, per l'appunto, di un istinto primordiale, sarà egli stesso ad attaccarsi seguendo i ritmi a lui consoni, mentre la madre non deve fare altro che assecondare un gesto primordiale che nulla ha a che vedere con regole e raziocinio. La prolattina, ovvero l'ormone secreto dalla ghiandola pituitaria alla base della lattazione, viene secreta dalla stimolazione stessa del bambino e solo se ci si fiderà dei bisogni di quest'ultimo e dei suoi ritmi sarà possibile allattare a lungo e soddisfare la prima esigenza del piccolo: il bisogno di essere rassicurato. Dare il seno ad un bambino, sia egli neonato che di uno o due anni, non significa nutrirlo nel senso tecnico che siamo abituati ad attribuire a questo termine. Si porge il seno per motivi noti solo al piccolo e che hanno a che fare con qualcosa di più complesso della nutrizione, secondo una logica unitaria, che è poi l'unica logica presente in natura. Il nutrimento assume così una connotazione globale che coinvolge tutto l'essere e al quale non siamo più abituati. Personalmente ho acquisito una piena consapevolezza di questa realtà solo diventando madre per la seconda volta. Tanti anni fà, quando pensavo che difficilmente mi sarebbe piaciuto sposarmi e concepire dei figli, sentii dire a una madre che si poteva allattare a condizione che lo si sarebbe voluto. Nell'udire questa frase, pur credendo che non sarei mai stata madre, avvertii come un campanello interiore e ne presi inconsciamente nota. Sapevo che avevo udito una grande verità pur non avendo alcuna cognizione scientifica di questo fenomeno. Oggi è assolutamente provato che c'è una forte connessione tra la motivazione e tutte le capacità del nostro corpo e numerose sono le prove cliniche che supportano questa convinzione; tuttavia credo si sia persa la capacità di ascoltare veramente le proprie esigenze, cosa che ha portato a un forte disorientamento della persona. I ritmi della società moderna sono poi totalmente avulsi dai bioritmi umani e animali col risultato che si è perso quel contatto con tutto ciò che risponde a criteri naturali portando alla nascita delle cosiddette nevrosi. Anche i bambini (persino gli animali domestici) ne risentono, sentendosi trattati come pacchi postali e percependosi lontani dagli adulti da cui essi dipendono. Tutto questo porta a disturbi di varia natura che nella migliore delle ipotesi coincide col rifiuto del cibo o i disturbi del sonno. Tornando all'allattamento, pur sapendo che era fondamentale assecondare i ritmi della mia primogenita, non avendo io alcuna esperienza, finivo col trasmettere le mie insicurezze alla bambina. Col mio secondogenito ho avuto invece la conferma di quanto sia importante ascoltare i segnali del suo e del mio corpo, i quali comunque sono in simbiosi. Quando sento salire la montata lattea, il bambino chiede il seno. A volte però è la sua suzione stessa a provocare la produzione di latte. Col passare dei mesi i neonati tenuti il più possibile in braccio sviluppano più velocemente i muscoli antigravitari e spinti dalla sete di conoscenza che, da quando cominciano a sviluppare vista, tatto e udito non li abbandonerà più, faranno capire alla madre che vogliono cominciare a provare il contatto col suolo per essere in grado, prima strisciando, poi gattonando e poi, parallelamente col processo evolutivo della nostra specie, di esplorare il mondo circostante. Nella nostra società mettere un bambino di sette mesi a terra è un gesto inusuale e da molti considerato come un atto di non rispetto nei suoi confronti. Per un adulto che voglia essere rispettato è una cosa disdicevole mettersi a gambe incrociate su un tappeto e per molti non è conveniente camminare a piedi nudi. Queste persone non si rendono conto che il massaggio prodotto dalla deambulazione diretta sulla pianta del piede, produce un benefico effetto su tutta la catena cinetica prevenendo, tra l'altro, deformità artritiche del piede e questo senza considerare la riflessologia plantare che è una complessa disciplina orientale ormai accreditata anche in occidente secondo la quale numerosi sono gli effetti su corpo e psiche prodotti dal massaggio ai piedi. Per quel che riguarda la capacità di sedersi a terra, magari a gambe incrociate, è noto quanto gli individui delle popolazioni che usano sedersi in questo modo (anche i ricchi ed evoluti giapponesi) non posseggano, una volta diventati anziani, la ridotta mobilità articolare dei nostri anziani pieni di acciacchi. Tutta la vita degli individui occidentali è regolata da cose da fare e cose da non fare finché l'organismo si ribella ammalandosi così come la natura si ribella agli interventi umani volti solo al suo sfruttamento.
[1] Elena Balsamo, Sono qui con te, pag. 130.
[2] Elena Balsamo, Sono qui con te, pag. 127.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |