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« La differenziazione nell...Cambiare rotta »

Il denaro come regolazione dei rapporti sociali

Post n°7 pubblicato il 30 Marzo 2011 da cinzia.cucco1970

Il denaro come regolazione dei rapporti sociali

            Come è stato già rilevato la società moderna è fortemente influenzata dalle leggi di mercato per cui il denaro, in questo contesto, acquista una forte connotazione sociale. Simmel ha definito il denaro come «l'espressione più adeguata del rapporto dell'uomo con il mondo» (Filosofia del denaro, p. 194) nella modernità.

Nelle relazioni mediate dal denaro, l'oggetto della relazione stessa assume un carattere specifico identificandosi come prestazione portando all' impersonalità. Un'altra caratteristica di questo tipo di rapporti è la possibilità di mettere in contatto persone che nulla hanno in comune rendendo astratta la reciprocità.

In questo tipo di società si ha la stratificazione per classi caratterizzate dalla disponibilità e dal possesso per cui si ha una maggiore mobilità sociale che, a differenza di quella per ceti, permette l'interazione. Con la nascita delle classi medie si è diffusa la cultura di massa. Con quest'ultima i valori vengono relativizzati.

La società moderna, secondo Weber,  perde la prospettiva etica, religiosa, teorica diventando frammentata e con un sistema di valori relativizzati. 

 

L'identità dell'individuo in rapporto alla differenziazione sociale

Nelle forme della differenziazione precedenti a quella funzionale, la vita sociale degli individui si svolgeva in ambiti ristretti sia da un punto di vista numerico che territoriale. In questo contesto gli individui sono fortemente coinvolti nei rapporti interpersonali che esulano dal carattere della prestazione.

Simmel ha individuato un processo concentrico che nel corso della storia ha portato l'essere vivente da un contesto fortemente interattivo e caratterizzato a un contesto individuale e relativizzato. 

Nel passaggio da una società stratificata ad una funzionale la persona non appartiene non più solo a un gruppo ma a più gruppi o a nessuno. Si perde in definitiva il senso di appartenenza con conseguente decontestualizzazione.

Secondo Simmel "l'individualizzazione delle persone rende dunque le relazioni sociali sempre più astratte ed anche impersonali, ma agisce anche sull'interiorità degli individui, rendendo molto più acuti e complessi i problemi e le esigenze di identità come autenticità e il bisogno di senso della propria vita."

L'identità diventa quindi un concetto aleatorio e in continuo adattamento con perdita del senso di appartenenza e conseguente solitudine. Solo laddove si condividono valori, spazi e responsabilità possono essere ricinosciuti i diritti all'insegna delle peculiarità degli individui.

È dunque necessario elaborare nuovi modelli che, lungi dall'essere restrittivi delle libertà individuali, portino ad una effettivo vivere democratico, dacché non basta destrutturare le gerarchie ma bisogna prendersi cura del cittadino nelle sue peculiarità riscoprendo una visione etica e sostenibile del vivere civile e moderno.

 

Interessante è l'esperienza riportata da Willi Maurer nell'intervista dal titolo: "bambini portati, società sana"[1], nella quale egli racconta di quando, nei primi anni settanta, si riunì con altri individui formando un gruppo di 12 tra adulti e bambini per far fronte alle difficoltà dei genitori in occidente:   l'intento era quello di formare una vera e propria comunità di vita e di lavoro improntata a criteri solidali. Come tutti coloro che si ritrovano ad avere a che fare con i più piccoli, anche lui riconobbe la capacità che hanno questi ultimi di far cambiare le prospettive e di portare a una vera e propria crescita interiore. Nel corso di quell'esperimento il gruppo si arricchì della presenza di una madre cilena che teneva sempre con sé il proprio bambino. Si rifiutava categoricamente di usare il passeggino. Questo bambino cileno era molto sereno, prendeva parte attivamente alle attività del gruppo e comunicava mimicamente i propri bisogni alla madre che era pronta a capire immediatamente le esigenze del figlio. Anch'essa era molto serena, evidentemente anch'essa era stata portata da piccola. Quando la donna lasciò il gruppo, una bambina che stava appena cominciando a parlare, disse che si sarebbe chiamata come il piccolo cileno e che sarebbe andata a stare con la donna. La madre della bambina non esitò a lasciarla andare e le preparò lo zainetto con il pigiama e uno spuntino. Dopo due giorni la bimba comunicò al telefono di aver ripreso il proprio nome e di voler tornare. Raccontò che la donna cilena le aveva permesso di poppare al seno, cosa per lei assolutamente nuova. Il fatto però di essere stata presa molto spesso in braccio da piccola le aveva permesso di lasciare la mamma senza temere l'abbandono da parte di quest'ultima. Secondo Maurer la dimostrazione del fatto che i neonati necessitano di essere portati addossi è data dal riflesso di aggrapparsi. Se si osservano le immagini di questi esserini ampiamente ritratti dalla famosa fotografa neozelandese Anne Geddes si può notare che tutti tendono a dormire beati in posizione accucciata a contatto col calore umano. Tornando a Maurer egli asserisce che, se non viene preso in considerazione il bisogno più profondo del neonato, verrà seriamente turbato il suo bisogno di appartenenza. Lo studioso parla di sana e arcaica fiducia ma anche di contrasto alla depressione post- partum che viene meno se si ha la possibilità di ottemperare al bisogno di dare amore e coccole al proprio piccolo al momento giusto e io aggiungerei che in questo modo si forma un adulto completo e realizzato e non un bamboccione che i genitori non vogliono lasciare andare. I neonati non piangono perché hanno le coliche ma perché vogliono sempre il seno (il nostro latte è meno grasso di quello di altri mammiferi ed è quindi necessario attaccare i piccoli con frequenza). La nostra è una società caratterizzata dalla paura dell'abbandono colmata dapprima con ciuccio, biberon, giochini, e, da adulti con fumo, dolciumi, droghe, sedativi o eccitanti, consumo sfrenato, voglia di potere e la assoluta incapacità di "stare".

"stare" significa non soffrire il vuoto dato dalla mancanza di attivismo, è insomma come l'otium latino, che coincide con la lettura, la meditazione, la creatività, la capacità di comunicare con persone realmente presenti e non attraverso il fitro di cellulari e computer che sono sicuramente utili (tutto è utile) ma il cui uso eccessivo tradisce l'effettiva capacità di comunicare con chi ci sta vicino. La nostra società sarebbe migliore se le madri fossero socialmente portate, sostenute, riconosciute, in modo da far parte attiva della società con i loro bambini. si dovrebbe costruire una società antropocentrica per approdare a un nuovo umanesimo finalmente rispettoso della dignità umana e veramente democratico.

 

I soldi

La società di mercato fondata sullo scambio di prestazioni e merci ovvero sullo scambio di beni e servizi dietro corrispettivo finanziario o monetario ha spersonalizzato quasi tutte le forme relazionali. Da un lato il libero mercato costituisce un elemento di chiarificazione dei rapporti regolati in maniera inequivocabile, dall'altro lato rende l'individuo pressato dalla continua necessità di prcacciarsi il denaro dal momento che non sempre le politiche di welfare e di pari opportunità sono attuate. Visto che non è il caso di tornare alla società fondata sul baratto (ritengo infatti che il progresso sia comunque un opportunità) è necessario potenziare quelle politiche atte a dare a tutti la possibilità di vivere veramente dignitosamente. Tuttavia non basta dare solo capitale, lavoro, istruzione (cose che comunque ritengo fondamentale), in quanto impostare i rapporti sulla solidarietà intesa come scambio solidale di prestazioni, aver chiaro che il dictat della costituzione italiana secondo cui la famiglia è il fulcro della società e va quindi sostenuta in maniera reale ed efficace, significa abbattere il muro che il denaro ha elevato tra le persone le quali non vanno considerate come individui ma elementi della società intesa come comunità. Il vincolo di cui si è parlato sopra è il mezzo per tornare a rendere i rapporti tra le persone umani e accorciando le distanze e l'impenetrabile incomunicabilità che, paradossalmente, nell'era della comunicazione, la fa da padrona. Tengo a ribadire che non sono contro il capitalismo ma che è necessario parlare in modo sempre più pressante e urgente di economia, stili di vita e rapporti sostenibili che oggi, di fronte all'economia come si è sviluppata fin'ora, si rendono alternativa necessaria per far fronte al fallimento della fruizione del denaro fine a sè stessa. Se si diventa consapevoli del fatto che il fine della società non dev'essere l'accumulo di capitale ma il benessere vero delle persone, il mercato stesso cambia connotazione.

 

 


[1] Cfr. Willi Maurer: bambini portati, società sana (pubblicato in AAm terra nuova), Aranno, 27-01-01.

 
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