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La mafia

Post n°137 pubblicato il 16 Aprile 2012 da cloud_1997

LA MAFIA (lavoro di gruppo: Giulia, Nancy, Ilaria, Federica e Claudia)


Nella penisola italiana, principalmente nelle zone meridionali, trovano sede varie associazioni criminali quali la Mafia, la Camorra, la Sacra Corona Unita e la Ndrangheta. La prima regione ad essere colpita dal fenomeno mafioso, di cui vi vorremmo parlare, è la Sicilia.

La Sicilia è una regione autonoma a statuto speciale, il suo territorio è diviso in nove province; è bagnata dal Mar Tirreno e dal Mar Ionio. Con luoghi d’interesse comune come la Valle dei Templi, Segesta e la zona dell’Etna, la Sicilia è la regione più estesa d’Italia, sede del maggior numero di opere considerate patrimonio dell’umanità dall’Unesco. L’agricoltura è una delle grandi risorse della Sicilia, qui si producono aranci, limoni e mandarini di grande pregio, particolarmente sviluppata la pesca di pesce spada, sardine e sgombri. Nonostante la regione non abbia livelli di industrializzazione paragonabili a quelli del Nord Italia, tuttavia presenta complessivamente un apparato industriale più vivace del resto del Sud Italia grazie anche alla presenza dei più grandi stabilimenti del meridione e di numerosi distretti industriali, concentrati nella piana di Gela, nei pressi di Augusta,a Siracusa, Milazzo ed Enna.

Lo sviluppo della criminalità organizzata in Sicilia è sostanzialmente attribuibile agli eventi contemporanei e successivi all'Unità d'Italia, in particolare a quella che fu l'acuta crisi economica da questa indotta in Sicilia e nel Meridione d'Italia. Infatti lo Stato italiano, non riuscendo a garantire un controllo diretto e stabile del governo dell'isola (la cui organizzazione sociale era molto diversa da quella settentrionale), cominciò a fare affidamento sulle cosche mafiose che, ben conoscendo i meccanismi locali, facilmente presero le veci del governo centrale. Per Mafia si è soliti indicare un'organizzazione criminale di stampo terroristico-mafioso, è costituita da gruppi, chiamati famiglie, organizzati al loro interno sulla base di un rigido sistema gerarchico, composto da gregari di diverso livello. L'intero territorio controllato è suddiviso in "mandamenti", ogni mandamento è composto da famiglie. L'organizzazione criminale nacque nei primi anni del XIX secolo dal ceto sociale dei massari, dei fattori e dei gabellotti, che gestivano i terreni della nobiltà siciliana, avvalendosi dei braccianti che vi lavoravano. Questi gruppi divennero rapidamente permanenti assumendo il nome di "sette, confraternite, cosche". Il primo documento storico in cui viene nominata una cosca mafiosa è del 1837. Ermanno Sangiorgi, di origini romagnole, venne inviato a Palermo in veste di questore nel 1898 mentre era in corso una guerra di mafia, iniziata due anni prima. Indagando sui delitti commessi dalle cosche della Conca d'Oro, Sangiorgi capì che gli omicidi non erano il prodotto di iniziative individuali, ma implicavano leggi, decisioni collegiali, e un sistema di controllo territoriale. Sangiorgi scoprì inoltre che le due famiglie più ricche di Palermo, i Florio e i Whitaker, vivevano fianco a fianco con la mafia, da cui ricevevano protezione ma da cui erano al contempo minacciate. Nel 1915, l'Italia entra nella prima guerra mondiale e vengono chiamati alle armi centinaia di migliaia di giovani da tutto il paese. In Sicilia, a causa della chiamata alla leva, i disertori furono numerosi. Essi abbandonarono le città e si dettero alla macchia all'interno dell'isola, vivendo per lo più di rapina. A causa della mancanza di braccia per l'agricoltura e delle sempre maggiori richieste di carne dal fronte, moltissimi terreni vennero adibiti al pascolo. Queste due condizioni fecero aumentare enormemente l'influenza di Cosa Nostra in tutta l'isola. Aumentati i furti di bestiame, i proprietari terrieri si rivolsero sempre più spesso ai mafiosi, piuttosto che alle impotenti autorità statali, per farsi restituire almeno in parte le mandrie. Durante la seconda guerra mondiale invece, numerosi boss italo-americani, in carcere negli USA, furono contattati dai servizi segreti americani, chiamati all'epoca OSS, per essere impiegati con la promessa della libertà al fine di assicurare agli alleati il controllo sull'isola. La prima guerra di mafia fu scatenata da una truffa a proposito di una partita di eroina nel 1962: il boss Calcedonio Di Pisa, inviato a Brooklyn dalla Sicilia per consegnare una partita di droga, fu accusato di averne sottratto una parte e fu ucciso. Dopo questo episodio, all'interno di Cosa Nostra si formarono due fazioni: da una parte i Greco di Ciaculli e dall'altra i fratelli La Barbera, appoggiati dal boss dell'Uditore Pietro Torretta.

 

Dopo l'assassinio di Di Pisa, Salvatore La Barbera venne fatto sparire. Tra il 1967 e il 1968 si svolse a Catanzaro il cosiddetto "processo dei 1142", nel quale erano imputati tutti i principali boss mafiosi siciliani, accusati dei delitti avvenuti durante la prima guerra di mafia, delitti come quello di Calcedonio Di Pisa. La seconda guerra di mafia, detta anche "Mattanza", si svolse tra il 1978 e il 1983. Nel 1974 Salvatore Riina divenne il nuovo capo del clan dei Corleonesi, dopo l'arresto del boss Luciano Liggio e divenne rivale delle principali famiglie mafiose palermitane. Così all'interno di Cosa Nostra si formarono due fazioni, come nella prima guerra di mafia: da una parte c'erano i Corleonesi appoggiati da Michele Greco; dall'altra c'era la fazione di don Tano Badalamenti. Da ricordare durante questa guerra di mafia sono l'assassinio di Pio La Torre, attivista e rappresentante del PCI in Sicilia, ma soprattutto l'assassinio del generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso il 3 settembre 1982 in via Carini a Palermo da un gruppo di fuoco composto da dodici sicari di Riina e di Nitto Santapaola. Dalla Chiesa era stato mandato in Sicilia da prefetto di Palermo in seguito all'omicidio di Pio La Torre per contrastare il problema mafioso dopo il suo successo nella guerra contro il terrorismo delle Brigate Rosse: si deve però notare che il governo dell'epoca diede scarsissimo appoggio a Dalla Chiesa e questa fu anche una delle cause del suo assassinio. Dopo un primo processo ne seguirono altri, vi fu una stagione di veleni interni alla magistratura e alla politica italiana, mentre la mafia cercava di riprendersi: nei primi anni novanta il clan dei Corleonesi, che si era imposto nella guerra di mafia dei primi anni ottanta, riorganizzò ciò che restava di Cosa nostra e, dopo l'introduzione dell'articolo 41 bis, che induriva il carcere per i reati di mafia, nel 1993 iniziò una stagione di ritorsioni terroristiche con la strage di via dei Georgofili (5 vittime) a Firenze, la strage al Padiglione di Arte Contemporanea di Milano (5 vittime) e i due attentati al patrimonio artistico di Roma. Infine il 16 ottobre 1993 ci fu l'ultimo tentativo (fallito) di fare un attentato allo Stato da parte di Cosa nostra: venne parcheggiata un'autobomba in via dei Gladiatori a Roma, fuori dallo Stadio Olimpico durante la partita Lazio-Udinese per colpire i Carabinieri impegnati nel servizio di Ordine Pubblico per l'evento sportivo. Fortunatamente la bomba non esplose. Come si rileva dalle numerose presenze nel Parlamento e nel governo di elementi non estranei a frequentazioni mafiose, si fa strada negli anni novanta la tesi secondo cui lo stato italiano nei suoi componenti politici abbia un certo rapporto di "connivenza" con questo fenomeno mai definitivamente soppresso. Lo stesso comportamento, nei confronti del lavoro di Giovanni Falcone, del CSM che inizialmente non ricandidò il giudice come presidente della commissione antimafia da lui creata, fa intendere una certa tendenza a voler ostacolare un lavoro diventato troppo scomodo per certi poteri.
Il primo libro pubblicato che trattò di Mafia fu "Il giorno della Civetta", un libro che narra senza fare riferimenti precisi, come per esempio ai nomi di persone o di paesi, come funzionava il sistema mafioso in Sicilia e come lo affrontava la politica dello Stato. Uno dei passi importanti del libro ci fa capire la schiettezza con cui sono stati affrontati certi temi difficili come appunto la Mafia:- Il confidente di S. rischiava la vita: una cosca o l'altra, con un colpo doppio a lupara o con una falciata di mitra, un giorno lo avrebbe liquidato. Ma tra mafia e carabinieri le due parti tra cui muoveva il suo azzardo, la morte poteva venirgli da una sola parte.-
 

 

 
 
 
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