"Lettera a una professoressa" è un libro-denuncia, d'accusa contro la scuola tradizionale di quell'epoca (seconda metà del Novecento), che privilegiava i ricchi e svantaggiava i poveri, i contadini, i figli di operai, una scuola quindi definita "classista". Don Milani, viene inviato a Barbiana, piccolo borgo montanaro, dal Cardinale di Firenze, in seguito ad alcuni dissapori nati tra i due. Don Milani viene a conoscenza di una realtà nuova, di povertà, di ignoranza, di miseria, nella quale i ragazzi si trovano a vivere senza alcun aiuto, soprattutto da parte della scuola che, li condanna a ripetere gli anni scolastici più volte, fino a scoraggiarli e ad abbandonare definitivamente la scuola. Il priore quindi, si "inventa" una nuova scuola, non intesa come "un ospedale che cura i sani e respinge i malati", ma come una realtà, che partendo dall'esperienza dei ragazzi, li aiuta a crescere e a maturare. La scuola di Barbiana era impostata in questo modo:
- Non c'erano insegnanti, ma erano i ragazzi stessi a trasmettere le proprie conoscenze;
- Vi era un unico libro, sul quale tutti dovevano studiare: nascono così i primi gruppi di studio;
- Si andava a scuola tutti i giorni, poiché i ragazzi erano impegnati anche nei lavori ai campi;
- Era una scuola aperta, nella quale non si seguiva un programma scolastico prestabilito, rigido, fisso, ma erano le esperienze degli alunni a dar vita ad un programma che perciò era flessibile, adattabile a tutte le varie situazioni;
- Lo studio delle lingue era fondamentale e veniva svolto con strumenti nuovi (dischi e giradischi); inoltre i ragazzi ,andando a lavorare all'estero, potevano migliorare la conoscenza delle lingue;
- Venne introdotta la lettura del giornale, necessario per spiegare agli alunni le difficoltà che spesso i genitori incontravano nel mondo del lavoro.
Purtroppo però la maggior parte di questi ragazzi, una volta che, da privatisti, si presentavano agli esami, venivano comunque fermati: gli insegnanti erano rigidi, come i loro programmi e quindi gli studenti dovevano dimostrare non solo di avere le conoscenze, ma soprattutto una grande forza di volontà che, li spingesse a ritentare ogni volta, fino ad ottenere la promozione. Il libro, benché affronti degli argomenti importanti, che io stesso condivido pienamente, mi è sembrato a tratti, piuttosto ripetitivo, provocatorio, pungente, severo nei confronti degl'insegnanti che a mio avviso non erano gli unici "colpevoli".
Inviato da: esternoluce
il 29/12/2015 alle 16:47
Inviato da: ilaria.b97
il 20/09/2013 alle 08:49
Inviato da: ilaria.b97
il 20/09/2013 alle 08:43
Inviato da: ilaria.b97
il 20/09/2013 alle 08:41
Inviato da: liufty
il 20/09/2013 alle 08:41