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Questa mattina a Jenin

Post n°290 pubblicato il 13 Marzo 2013 da HugoAntonio
 

Anche quella mattina mi svegliai nella solita baracca situata su una collina sotto il bagliore accecante del sole e i cecchini, che ovunque eri, erano pronti ad uccidere. Vedevo ovunque gente sofferente, bambini abbracciati alle loro mamme che non avevano più forza di andare avanti. Vivevo con mia madre e le mie due sorelle alle quali volevo un mondo di bene. Jenin era ormai un campo profughi, da cui gli abitanti potevano vedere le case in cui non avrebbero più abitato. La vita dei palestinesi era stata spazzata via dal concetto di diritto acquisito di un altro popolo, che si sarebbe impadronito del territorio. Ogni mattina, per me e la mia famiglia era una mattina di sofferenza, un inferno da cui tutti avremmo voluto uscirne al più presto. Ma noi eravamo sempre lì, nella nostra baracca, attaccati alla vita, in attesa di una svolta. Quella mattina mi svegliai con una strana sensazione, una sensazione bella come se finalmente la guerra stesse per finire. Non so perchè, ma alla fine era tutta un'illusione. Mi alzai dal letto senza far rumore e mi affacciai alla finestra della mia baracca. Il sole era di fronte a me, poggiato all'orizzonte. Le strade erano deserte. Non c'erano nè montagne nè rilievi, e il mare era alle spalle. Voltandomi rimasi colpito dall'inquietudine di una ragazza mai vista fino ad allora. Era bellissima e rimasi affascinato dal suo viso che mi trasmetteva una sensazione che non provavo ormai più da tempo. Il giorno dopo ci rincontrammo di nuovo e ci conoscemmo meglio, ma lei doveva vedersi con me di nascosto altrimenti il padre l'avrebbe picchiata perchè le aveva vietato di parlare con i ragazzi. Decidemmo di continuare la nostra storia per quattro mesi di nascosto, fino a quando un giorno, un gruppo di soldati portò via dalla loro baracca lei ed il padre. Da allora non la vidi più. Fu un colpo durissimo per me e in quei giorni avrei voluto fuggire da tutto questo inferno, ma ero troppo attaccato alla vita e l'amore verso mia sorella e mia mamma mi spingeva ad andare avanti in attesa che tutto questo finisse.

 
 
 
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