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VA IN PENSIONE IL SINDACATO?

Post n°74 pubblicato il 14 Aprile 2016 da claudionegro50
 

 

"CAMBIARE LE PENSIONI – DARE LAVORO AI GIOVANI".

Uno slogan fasullo quello dei Sindacati, dove la seconda frase serve a giustificare, ma in realtà a dissimulare, l'obiettivo vero, quello enunciato nella prima.

Affermare che i giovani non trovano lavoro perché gli anziani non vanno in pensione è pura propaganda: argomento utile solo da usare in efficace alternanza con le geremiadi sugli ultracinquantenni che perdono il lavoro. Tuttavia non v'è contraddizione: ciò che si vuole non è che gli ultracinquantenni possano continuare a lavorare, ma che possano andare in pensione. Il fatto che “lascino” il posto a un giovane ne costituisce la copertura ideologica, tanto decorosa ai fini della propaganda quanto priva di qualunque riscontro reale.

Non esiste, da quando il taylorismo non è più il modello industriale, il turn over automatico, o comunque necessario, degli organici: la produzione industriale non avviene più tramite la catena di montaggio e la rigida ripartizioni delle mansioni tra i lavoratori, ma con modalità che enfatizzano la flessibilità, l'interazione, la partecipazione e la responsabilizzazione. Non a caso si va diffondendo lo smart working. Semplicemente, non esiste più la necessità di riempire la casella lasciata vuota da chi se ne è andato: non esiste più la casella!

Le competenze che l'impresa non può non rimpiazzare non sono molte, e non le rimpiazzano con giovani alla prima occupazione.

D'altra parte è ben noto che tutte le operazioni intese a incentivare assunzioni contro pensionamento sono fallite: dal tentativo mitterrandiano alla più recente (e banale) staffetta intergenerazionale. Viceversa, occorrerebbe riflettere sul fatto che la Germania ha simultaneamente un alto tasso di occupazione “anziana” e pochissima disoccupazione giovanile.

Ma, tornando al modello propugnato dai sindacati, l'unico effetto certo è che anticipare una pensione, anche con una penalizzazione, non comporta nel breve un risparmio ma un aumento di spesa, che determina un nuovo disavanzo. In ogni caso, più imposte per gli attivi e le giovani generazioni. Il sistema a ripartizione non ammette eccezioni...

Ciò detto, è legittimo (ma non sacro…) che il Sindacato consideri prioritario che i propri iscritti possano anticipare la pensione; però in questa impostazione le ricadute finanziarie sui bilanci INPS sono considerate variabili dipendenti da affrontare successivamente con strumenti da individuare, ma che non occorre molta fantasia per identificare in oneri a carico del debito pubblico. In sostanza ciò che si richiede è subordinare l'equilibrio della spesa pensionistica all'obiettivo politico che aggrega gli iscritti al Sindacato. E dunque abbassare le soglie per l'uscita dal lavoro diventa la priorità assoluta.

Non una parola invece viene spesa per dire come affrontare l'emergenza immediatamente successiva: quella dei lavoratori più giovani o di coloro che entreranno al lavoro in futuro, la cui pensione verrà calcolata per intero col contributivo, e che pertanto sconteranno, oltre a un tasso di sostituzione inferiore a quello di chi ha almeno in parte il retributivo, percorsi professionali discontinui che generano periodi di mancata copertura contributiva; e avranno molto meno perfino per quanto concerne la copertura figurativa garantita dagli ammortizzatori sociali.

Ma su questo tema il Sindacato non fa una proposta, non minaccia mobilitazioni, si accontenta di corrucciate denunce ma evita di avanzare una qualsivoglia proposta di merito, che non sia una rivendicazione general generica, la risposta alla quale è rimandata ad un oscuro futuro e non si sa a quale interlocutore.

E però, se si vuole avere una qualche rappresentanza anche in futuro, occorrerà prendere atto che questa è la vera emergenza e la priorità per Organizzazioni che si pensano come rappresentanze universali del lavoro, e operare di conseguenza. In alternativa c'è l'estinzione insieme alle classi di età del mondo del lavoro che si sceglie di privilegiare.

 

 

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
serena il 15/04/16 alle 12:09 via WEB
Va in pensione il sindacato? chissà, forse verrà asfaltato prima, sicuramente vanno in pensione gli ex-sindacalisti, quelli (per esempio) della tua età sì, magari anche in anticipo (come te ...) magari con buonuscita da parte delle grandi imprese di cui sono stati dipendenti (pur di levarseli di torno ...), e dalla comodità della propria poltrona di casa possono pontificare sull'inopportunità di modifica della Legge Fornero. Mai lavorato in una galvanica, in una acciaieria? in un asilo nido? in un ospedale? mai fatto turni notturni ... solo qualche assemblea di notte, a spiegare a lavoratori stanchi perché devono lavorare fino a 67 anni? Non mi aspetto da te, con la storia che hai e l'intelligenza, una acidità e una supponenza come quelle di questo articolo: vedrai che nel 2017 (verso novembre ...) sarà Renzi a modificare la legge sulle pensioni, a flessibilizzare l'uscita, perché alle sirene elettorali si risponde sempre, al sindacato no, ma agli interessi personali e politici eccome. La riforma della Fornero è sacrosanta, è sacrosanto discernere tra lavori usuranti e no, tra lavoratori precoci e no. E anche, sì, tra donne e uomini! E lasciamo stare i giovani, sono d'accordo a non strumentalizzarli, visto l'insuccesso di misure come il ponte generazionale: concentriamoci sull'obiettivo della flessibilità in uscita, con i prezzi che farà pagare ... io potrei utilizzare opzione-donna, ma con 800 euro al mese non posso vivere, quindi finché è possibile vado avanti, ma solo perché il lavoro che faccio è usurante solo psicologicamente ... talvolta anche nella relazione con gli amici!
 
 
claudionegro50
claudionegro50 il 16/04/16 alle 18:42 via WEB
Carissima, io ne faccio una questione politica ed economica. Vorrei che in futuro si potessero continuare a pagare le pensioni a chi oggi stiamo dissanguando col sistema a ripartizione: la Gestione Separata viene depredata per pagare pensioni in essere non coperte da contributi, come la gran parte delle pensioni calcolate col retributivo, o quelle di chi (470.000 solo nel privato, non oso pensare quanti nel pubblico) è già in pensione da oltre 30 anni e si è già stramangiato i contributi versati. Dice il mio e tuo amico Ichino: non si possono finanziare 24 anni di pensione (caso di donna sessantenne che voglia andare in pensione con 35 anni di contributi e con aspettativa di vita a 84 anni) calcolata in ragione del 70 o 80 per cento dell’ultima retribuzione con 35 anni di contributi pari al 30 per cento di una retribuzione che, oltretutto, nella fase iniziale della vita lavorativa è solitamente molto inferiore rispetto alla fase finale. O meglio, si può solo se qualcuno gliela paga, tramite contributi più alti (Gaietta dovrà versare il 60% del suo stipendio per farti la pensione…) o maggior spesa pubblica, che pagherà con un aumento di tasse sempre la povera Gaietta. C'è un problema di chi non ce la fa più? Certo che c'è: certe mansioni devono portare ad un pensionamento anticipato, che non potrà che essere a carico della spesa sociale. Che del resto eroga già (dati 2014) 67 miliardi di spesa previdenziale (altro che l'autosufficienza contributiva di cui favoleggia il sindacato: è realistica quanto l'autarchia mussoliniana!). Ma ciò che si può fare per una minoranza che ha buone ragioni non può essere replicato per tutti coloro che ritengono le proprie ragioni altrettanto buone. Allora, se vogliamo fare qualcosa di utile, non manifestazioni o mediaticità varia, proviamo ad affrontare il problema del sistema pensionistico del terzo millenio, sapendo che le condizioni di contesto sono profondamente diverse da quelle della Germania di Bismark, che inventò la previdenza sociale, e da quelle del welfare europeo del 1900. E che comunque la previdenza ha un carattere assicurativo, superabile soltanto in un sistema totalitario in cui, per dirla con il compagno Stalin, il lavoro è una corveè resa a llo Stato che in cambio si occupa dei tuoi bisogni. Last but not least, visto che l'hai buttata sul personale: io non sono andato anticipatamente in pensione; in pensione ci andrò tra un po' più di un anno, attualmente sono in mobilità; e andrò in pensione di vecchiaia, Non ho avuto nessunissima buonuscita dalla mia azienda, ma soltanto (come in tutti i casi di esodo volontario su base di accordo sindacale) una cifra che, sommata all'indennità di mobilità, avvicina ma non raggiunge la retribuzione che avevo (oltre alla perdita di cosette come la previdenza complementare e la sanità integrativa). Infine, il fatto che dica la mia opinine dalla poltrona di casa non è colpa mia: la direi nelle assemblee (lo feci nel '94 a Dalmine rischiando la pelle assieme a Mario Agostinelli, per dirne una…) e negli organismi del sindacato, se la UIL non avesse ritenuto opportuno cacciarmi via, come tu sai. Comunque, non penso che per fare una analisi seria del sistema previdenziale e segnalare le sue criticità occorra farlo durante il turno di notte in fonderia, così come Di Vittorio non scriveva negli intervalli della raccolta dei pomodori né Marco Biagi durante il suo lavoro al call center!
 
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