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« La Democrazia può essere...Beati i protetti, pochè ... »

Ma la libertà di stampa si misura da quante frottole un giornale sa inventare?

Post n°79 pubblicato il 21 Settembre 2016 da claudionegro50
 


Tripudio bipartisan della stampa antirenziana, di destra e di sinistra, alla pubblicazione dei dati trimestrali dell'Osservatorio INPS sulla precarietà:


“Il Jobs Act è tutto un flop: in 7 mesi giù le assunzioni” (Il Manifesto)

“Anche l'Inps certifica il fallimento del Jobs Act” (Il Tempo)

“Senza la droga di governo persi 76.000 posti” (La Verità)

e via così.


Il messaggio che viene comunicato è che l'occupazione diminuisce. Alla base di questi titoli si fa fatica a capire se ci sia più ignoranza (incapacità di comprendere i dati e i testi, problema peraltro diffusissimo in Italia come testimoniano le ricerche annuali PISA-OCSE sul grado di preparazione degli studenti) o più malafede (spacciare menzogne per verità, come sperimentato con successo dai tabloid inglesi con la Brexit).

Infatti l'occupazione non diminuisce, ma aumenta: in numeri assoluti dal gennaio 2014 al Luglio 2016 i lavoratori con contratto di lavoro subordinato sono aumentati di 600.000 unità.

Nello stesso periodo la variazione netta tra nuovi rapporti di lavoro e rapporti cessati è sempre stata positiva, e lo è anche per il primo semestre 2016: 804.000, di cui 76.000 a tempo indeterminato (vedi tab. 3 dell'Osservatorio INPS sul precariato, la stessa fonte “consultata” dai nostri tabloid).

Ciò che accade è cosa ben diversa dal calo dell'occupazione: è che l'occupazione aumenta a velocità inferiore a quanto ha fatto nel 2015.

Per capirci: i nuovi rapporti di lavoro avviati nel gennaio-luglio 2016 sono stati 3.428.000 contro 3.809.000 dello stesso periodo 2015, e le trasformazioni in contratto a tempo indeterminato 229.000 contro 329.000 (tab. 1 del medesimo infame Osservatorio).


Come mai rallenta la crescita dell'occupazione? Essenzialmente per tre ragioni, due delle quali previste e inevitabili:

1) nel 2015 le imprese che avevano intenzione di stabilizzare i contratti a tempo indeterminato lo hanno fatto, approfittando anche del bonus contributivo. In questo modo hanno in buona parte prosciugato lo stock dei contratti da trasformare e adesso le trasformazioni sono di meno. Infatti lo stock (per fortuna!) non si ricostituisce alla stessa velocità con la quale si svuota.

2) come il sindacato e le imprese hanno sempre detto, uno dei principali ostacoli all'occupazione (e tanto più a quella stabile) è il peso del cuneo fiscale contributivo. Con la forte decontribuzione attuata dal Governo per il 2015 le assunzioni a tempo indeterminato hanno decollato. Riducendosi la decontribuzione, e quindi ridimensionandosi il taglio al costo del lavoro, il tasso di aumento delle assunzioni diminuisce. Ma guarda un po'! Come volevasi dimostrare: avevamo ragione noi, direbbe un sindacalista che volesse fare il proprio mestiere e non quello di castigarenzi. Particolarmente significativo in proposito il titolo de “La Verità (?!?)”: senza la droga di governo persi 76.000 posti. E qui non riesci a distinguere se prevale l'ignorantaggine o la malafede: 76.000 sono i nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato al netto di quelli cessati! Almeno imparare a leggere le tabelle…


C'è poi una terza ragione, nota anche se non inevitabile: l'occupazione non si può creare per legge (anche se nel Piano del Lavoro della CGIL pare far capolino questa convinzione, ma ne parleremo un'altra volta). Una buona riforma del Mercato del Lavoro può eliminare gli ostacoli che disincentivano le imprese dall'assumere; può creare le condizioni per cui le imprese siano più propense a tradurre le variazioni positive del ciclo economico in nuove assunzioni. Questo doveva fare e ha fatto il Jobs Act.


Infine qualche dato recentissimo, che riguarda la Lombardia ma che quindi, come direbbe Maroni, non può che essere paradigmatico per il resto del Paese: gli occupati in Lombardia nel 2° trimestre 2016 sono 436.700.000, 116mila in più rispetto al II trimestre 2015 e 67mila in più rispetto al trimestre precedente, ma soprattutto contro i i 4.300.000 del III trimestre 2008, quindi pre-crisi; il tasso di disoccupazione resta invece più alto (7%) rispetto ai livelli antecrisi (inferiori al 4%) in ragione dell'aumento della popolazione intervenuto in questi ultimi 8 anni di 596.000, di cui 277.000 di forze di lavoro (elaborazioni ARIFL su dati ISTAT).


Questa è la realtà; non so se nell'ambito della libertà di stampa sia anche iscritto il diritto di negarla e reinventarla. Devo dire che sento nostalgia della disinformacija dei tempi dell'URSS, che almeno cercava di essere verosimile e aveva un certo stile...

 

 

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Enzo Mattina il 21/09/16 alle 22:32 via WEB
Claudio c'è qualcosa che non mi torna nel penultimo periodo. Parli di 436.700.000 (quattrocentotrentaseimilioni settecentomila) occupati in Lombardia. Mi sembrano un po' troppi rispetto a una popolazione italiana di circa 60.000.000 di abitanti. Penso sia un refuso. Il tuo articolo è totalmente condivisibile; riguarderei qualche numero che a me sembra figlio di una digitazione troppo veloce. Capita!
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
claudio negro il 23/09/16 alle 18:35 via WEB
No no Enzo: è esatto. Gli occupati in Lombardia sono effettivamente 4.367.000, ma lavorano talente tanto che sembrano 100 volte di più. Scherzi a parte grazie per avermi segnalato il refuso. Sono molto contento che tu mi legga.! Ciao Claudio
 
ammortisseur
ammortisseur il 22/09/16 alle 11:02 via WEB
Newsletter di PIETRO ICHINO: [saggezza] ANCORA POLEMICA (POCO SERIA) SUGLI “EFFETTI DEL JOBS ACT" L’ultima variazione mensile negativa dell’occupazione non significa nulla circa la bontà della riforma; così come 600 mila occupati in più in 30 mesi, di cui due terzi stabili, non significano che la riforma stessa abbia avuto successo: la partita è ancora tutta da giocare. Per chi volesse leggere l’intero articolo: http://www.pietroichino.it/?p=41837
 
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