COCCI DI VETRO

Spunti per una corretta integrazione


Prendo spunto da un episodio apparentemente poco importante per parlare di una questione fondamentale. Nell’articolo “«Insegne solo in cinese». Negozi multati in via Sarpi”, nella pagina del Corriere della Sera dedicata a Milano, a firma di Andrea Senesi, si riporta questa vicenda: “[…] A Chinatown la tolleranza zero scatta ora contro agli ideogrammi. Contro i negozi, cioè, che in via Paolo Sarpi e dintorni non traducono in italiano l’insegna sopra la bottega. E così in 48 ore sono stati stangati, nell’ordine, una gioielleria […]. Per tutti, cinquanta euro d’infrazione come dispone il regolamento di polizia urbana, in un codicillo dimenticato e mai veramente applicato. «Le insegne – dice l’articolo 87 – devono essere in corretta lingua italiana. Si può tuttavia aggiungere la traduzione in lingua straniera purché in caratteri meno appariscenti» […]” Come ho detto, l’episodio sembra davvero insignificante, ma cela in sé una possibile riflessione circa la via che si deve seguire per una integrazione corretta. A questo punto dobbiamo astrarci dai fatti esaminati e porci a un livello teorico. Se vengo invitato a casa da un amico o da un conoscente, sto ben attento ai miei comportamenti: mi impongo di non offendere colui che mi ha invitato e rispetto, se sono sensate, le sue convenzioni. Tutto questo per due cose: per il rispetto in quanto tale e per rendermi gradito, contribuendo alla felicità dell’altro, oltre che mia. Allo stesso modo, una corretta integrazione vorrebbe che coloro i quali provengono da un altro Paese e che sono pertanto abituati a parlare una lingua diversa dall’italiano, nell’aprire un negozio (per fare questo esempio), ponessero insegne in italiano. Rispettando così la convenzione sociale che stabilisce che nel nostro Paese la lingua di tutti i giorni sia l’italiano. Non si tratta, quindi, di una rinuncia alla propria identità, ma è un semplice segno di rispetto nei confronti della nazione che ti ospita. Ma il punto è che non dovrebbero essere le leggi e/o le multe a rendere quanto da me espresso una prassi quotidiana. Dovrebbero bastare il buon senso, l’intelligenza e la sensibilità di ognuno di noi. E sicuramente nessuno sostiene che gli stranieri in quanto tali siano “barbari” privi di queste caratteristiche… A questo punto, chi tra i lettori aveva preventivamente bollato l’iniziativa delle multe come razzista e xenofoba farà meglio a rivedere le proprie convinzioni su questa faccenda. Non è una questione di fazioni politiche che sostengono due tesi diverse. Sostenere una tesi diversa da quella del buon senso è pura follia.