corvo rosso

C’è un’ emergenza sicurezza che richiede interventi drastici da parte dello Stato e delle istituzioni locali.


Ieri, domenica, l’ennesima giornata di sangue. Due morti, un boss appena uscito di galera giustiziato a San Giovanni a Teduccio ed una donna che cercava di metter pace in una rissa familiare a Ponticelli, con un’altra in fin di vita, l’ospedale “Villa Betania” semidistrutto dalla furia dei parenti con medici e degenti nascosti sotto i letti per difendersi dagli assalitori. Difficile dire quale dei due episodi sia il più grave, se l’agguato di camorra o la follia omicida e la furia distruttiva dei parenti nella lite familiare. Ormai non è solo la camorra e le altre forme di criminalità più o meno organizzate ad impensierire il cittadino inerme ma il fatto che il ricorso alla violenza è diventato prassi ordinaria in una città in preda ad una anarchia distruttiva dove tutto è lecito, tutto  è possibile, salvo il rispetto delle regole e l’osservanza della legge. Anzi, a giudicare dalle aggressioni verso coloro che dovrebbero far rispettare l’ordine pubblico, ci troviamo in presenza di comportamenti eversivi che segnalano forme di allarmante ribellismo civile di massa, non valutabile secondo i parametri sociali, sui quali troppo a lungo in passato abbiamo indugiato, e perciò stesso paradossalmente più difficile da curare. Il rischio, già in atto, è che Napoli, il suo hinterland e ampie parti del mezzogiorno si allontanino irrimediabilmente dallo standard del comune vivere civile che si compendia nel rispetto della legge. Senza porre un freno a tutto ciò difficile formulare propositi di crescita facile finire distanti ed  isolati dal resto del Paese. Il rischio di essere definitivamente bollati come una area illegale e criminale dominata dal sottosviluppo e tenuta miserabilmente in vita con l’assistenza, c’è. Dinanzi a tutto ciò la politica è impotente e lo Stato, che pure col ministro Maroni ha ottenuto in Terra di laoro qualche importante risultato nella lotta alla camorra, non sembra essere del tutto consapevole della gravità e profondità del problema. Eppure, se non si affronta l’emergenza sicurezza tutto quello che si metterà in campo per lo sviluppo finirà con alimentare il circuito vizioso della criminalità e dell’illegalità. Occorrono dunque interventi drastici, organizzativi, normativi, finanziari, di intelligence, di uomini sul territorio ed il concorso di tutte le istituzioni, nazionali e locali. Qui da noi l’ordine pubblico non è patologia da curare con l’aspirina delle ronde  e neppure con l’invio temporaneo di qualche contingente. Occorrono cure serie, profonde e di lungo periodo. Ed è su questo, ancor prima che su tutti gli altri propositi meridionalisti, peraltro generici e obsoleti, che si gioca il nostro futuro.