corvo rosso

Le minacce (cinque proiettili di cui tre inesplosi e frasi minacciose siglate )


a Caldoro, Mastella, Sandra Lonardo, Nappi e Cosentino non vanno sottovalutate. La Napoli del quindicennio rosso è esposta a tensioni di ogni genere a cominciare da quelle sociali che covano in un esteso malessere e possono essere attivate ed esasperate da nuclei violenti di provocatori. Insomma che ci siano soggetti interessati a far esplodere la città contando sia sul suo precario equilibrio che sulla congiuntura dei tagli e di conseguenza sulla cancellazione di diffuse pratiche assistenziali, è un fatto molto probabile. Ci sono migliaia di organizzazioni, gruppi, “cooperative”, associazioni, ecc. gestite da regie politiche che ne hanno ricevuto direttamente o indirettamente vantaggi elettorali, ai cui “iscritti” è stato promesso un “posto” e che da anni ricevono un sussidio. Costoro o meglio i loro capi sanno che col cambio di guardia a Santa Lucia le cose non potranno andare avanti così per molto e sanno che la loro unica arma è mettere a ferro e fuoco la città per ottenere di essere assunti. Sanno che o si alza il livello della protesta, cioè della “lotta” o si rischia il riflusso entro schemi ordinari, come sarebbe giusto e normali ed allora alzano il tiro. Le prove generali ci sono già state nei mesi e nelle settimane scorsi quando gruppi di facinorosi aderenti al “movimento”, hanno fatto scendere la gente dai bus e vi hanno dato fuoco insieme ai cassonetti della spazzatura  mettendo a soqquadro pezzi di città,  per ultimo l’area da via Foria ai Tribunali, bloccando per ore il traffico, e manifestando per le strade del centro antico con uno sciame di migliaia di motorini (senza casco per provocare ed identificarsi) sicuri dell’impunità. Sberleffi all’Autorità costituita misti a fuochi di ribellismo metropolitano, ingredienti tipici e per altro non nuovi nella storia recente della città, che preludono al peggio. Si sa che la decisione della Giunta regionale di stanziare altri tre milioni per garantire il sussidio ai 3950 bros, ex isola il sussidio fino a settembre, non è piaciuta ai sindacati ed a molti commentatori locali e che a Roma, al Ministero del Lavoro, quel che accade da noi viene giudicato altamente anomalo, per non dire altro. Ma non si capisce perché quelli che oggi storcono il naso non siano intervenuti prima, visto che il progetto isola è figlio del sinistrismo più acceso ed inconcludente e che va avanti con la benedizione di Bassolino ed i soldi pubblici da alcuni anni con una spesa che ha superato i 50 milioni di euro. Uno scandalo, uno sperpero di danaro per un progetto mai decollato che ha alimentato aspettative ed oggi rischia di generare violenza. Chi pagherà per questi clamorosi errori, per questo esempio di pessima amministrazione e di indicibile sperpero? Nessuno, perché quando sbaglia la sinistra (e quanti indicibili ed incommensurabili errori ha commesso,!) gli organi di controllo nicchiano, la stampa si distrae, la magistratura non vede e non sente. Ora la bomba è nelle mani del neo assessore regionale al lavoro. Ma nessuno può pensare che diventi il capro espiatorio o che se la faccia esplodere tra le mani. E dunque  occorre una decisione ed un piano attuativo sul quale devono pronunciarsi il Consiglio Regionale, la Giunta ed il Governo, oltre che il Sindacato e gli imprenditori. La decisione riguarda l’assistenzialismo in materia di lavoro e formazione. Se si decide di chiudere, di smontare la greppia, di farla finita e di allinearsi con il resto d’Italia e d’Europa, come dovrebbe essere e come sarà non foss’altro perché sono finiti i soldi, (avendo le giunte di sinistra speso e impegnato tutto anche per i prossimi anni), allora occorre un piano. Non si esce da decenni di assistenzialismo con un colpo di bacchetta magica. Occorre un piano con il coinvolgimento di tutte le parti in causa ed il consenso della pubblica opinione. Tutto a portata di mano, se solo lo si decide.