corvo rosso

Se “questione sociale” e “questione criminale” si saldano


c’è il rischio che la santabarbara meridionale salti definitivamente in aria. Non per fare allarmismo e neppure per enfatizzare quella che forse è una trovata di pessimo gusto di qualche capataz pseudo sindacale ma l’appello dei dipendenti dei Consorzi di bacino per la raccolta dei rifiuti (sic!) della Regione Campania in sciopero, alla camorra affinchè risolva i loro problemi è un fatto di gravità inaudita che la dice lunga sul rischio di espansione di quella che definisco una dimestichezza diffusa con la illegalità e addirittura con la criminalità. Il sud è ridotto veramente male a cominciare dalla sua capitale Napoli. Viviamo in un contesto in cui l’anarchia ha sostituito la democrazia e vige una a – legalità che scivola con frequenza crescente verso l’illegalità e la criminalità. Spiace dirlo ma gomorra è tra noi, la percepiamo anche nelle piccole cose e, soprattutto, la troviamo trasversalmente ormai stratificata in comportamenti singoli e collettivi quelli che appunto fanno di Napoli non una città “diversa” come sostengono molti intellettuali che parlano a schiovere,  ma malata, infetta, border line col mondo civile, per molti aspetti dentro ed oltre il terzo mondo.  Prendiamo il lavoro. Primo ci sarebbe da chiedere conto del perché l’economia campana è al di sotto della media delle regioni meridionali ed i disoccupati sono cresciuti più che altrove (quelli ufficiali sono oltre duecentomila),  nonostante il fiume di danaro ricevuto nell’ultimo decennio, qualcosa come venti miliardi di euro. Secondo ci sarebbe da chiedere di chi la colpa di aver bruciato risorse (60 milioni di euro circa in due – tre anni) in modo assolutamente improduttivo per alimentare sacche di disoccupati “organizzati” ai quali è stato promesso un  “posto” che naturalmente nessuno è in grado oggi di dare. Terzo chi “organizza” e perché i disoccupati, alcuni, naturalmente, una piccola minoranza , appunto tre-quattro mila rispetto ai duecentomila censiti. In nessuna altra città d’Italia o di Europa o del mondo si è mai registrato un fenomeno di questo tipo che invece a Napoli nasce nel lontano 1975 e continua in varie forme tuttora. Chi c’è dietro? Possibile che non ci sia risposta a questa domanda? Quarto , vogliamo rifare la storia dei consorzi di bacino, una storia sciagurata che ha prodotto disastri economici ed organizzativi qualcosa di cui una comunità civile e minimamente reattiva dovrebbe vergognarsi ( invece non frega niente a nessuno ed i relativi processi languono, dall’inizio avviati per la prescrizione, con la complicità di amici e sodali della casta e, nel disinteresse generale), i consorzi, “spazi” nei quali si sarebbe verificato il patto politica-affari- camorra, “luoghi” tuttora inesplorati nei quali addirittura si conterebbe una cifra vicina ai ventimila assunti ( i dati ufficiali mancano), con un debito che si avvicinerebbe al miliardo di euro.  Si dice che al punto in cui siamo è inutile insistere sulle responsabilità perché invece bisogna trovare soluzioni. Va bene. Ma se non si vogliono battere le solite strade del compromesso e delle sanatorie ex post, peraltro impraticabili perché sono finiti i soldi e nessuno ci fa più credito, poiché bisognerà stringere e chiedere altri sacrifici, è necessario che almeno due cose siano chiare ancorchè non punite (perché in certi casi la magistratura sembra la bella addormentata nel bosco): le responsabilità personali e politiche di chi ha operato in questi anni e le garanzie di chi governa ora che non si commetteranno gli stessi errori. Viceversa sarà difficile ottenere consenso e senza qualsiasi politica di rigore è destinata a fallire, con le possibili gravi degenerazioni di una gomorra generalizzata.  Sarebbe per esempio opportuno che invece di autorizzare scioperi, nell’ordine di due o tre al giorno, con la paralisi permanente della città, si entrasse nel merito delle singole vertenze per valutarne genesi , consistenza e legittimità.  E si potrebbe, per esempio, cominciare proprio da Consorzi per i rifiuti e disoccupati organizzati.