corvo rosso

Il Pd, una tigre preistorica in decomposizione


Candidarsi  in (dis)continuità iervoliniana a San Giacomo non sarà facile per l’assessore Nicola Oddati dopo le parole tranchant della Rosy Bindi presidente del Pd “ma chi è questo Oddati, non lo conosco” per giunta dopo le difese della stessa Rosy nei confronti di Rosetta  (Iervolino), roba da democristiane d’antan. La Bindi in (sotto) veste di Killer agiva su mandato di Bersani, con l’avallo di Bassolino, intento a riposizionarsi nel partito dopo i trionfi campani e della stessa Iervolino alacremente impegnata nella raccolta differenziata. Al potente assessore iervoliniano ed ex bassoliniano restano ora solo le simpatie di Vendola e quelle di Corrado Gabriele, a questo punto più imbarazzanti che lusinghiere e comunque non determinanti. Quella dell’ottimo Umberto Ranieri a sindaco di Napoli è, dunque, la candidatura ufficiale della maggioranza nazionale e locale del partito. Salvo, naturalmente, le primarie. Per il Pd le primarie sono la nuova frontiera del rinnovamento. E sarebbero anche un bene se oltre alle candidature si confrontassero anche idee e programmi e se il Pd non fosse succube del  giustizialismo di pietresco e del gestionismo demitiano. Ma tutti sanno che invece è proprio così ed è per questo che le primarie diventano un boomerang. Se fossero “vere” si trasformerebbero in un Ok corral politico a colpi di vecchio e nuovo, di società civile e casta, e fesserie simili utili per mandare a p. . . quel quasi niente di politico che ormai resta a sinistra. Se invece diventano un pro forma, come spesso è successo, allora sono una perdita di tempo.  La sensazione è che il Pd e con esso il centro sinistra al Comune  da per scontata la sconfitta nonostante il pessimo stato di salute del centro destra.  La sinistra è stanca, sdrenata dalle sue divisioni, avvelenata dal suo cinismo, infiacchita dall’uso del potere, senza idee e senza energie. Non ha più alcuna fiducia in se stessa e se potesse eviterebbe anche di presentarsi alle elezioni. La sua parte migliore è infatti consapevole del disastro di cui si è resa artefice e, quel che è peggio, di non sapere come uscirne. La cosa migliore è lasciare ad altri, com’è successo per la Regione.  Insomma , inutile anche tentare di vincere, meglio perdere, magari con dignità, ed ecco la candidatura del tutto apprezzabile di Ranieri, una scelta convincente ma non vincente, un atto dovuto per un dirigente di rango, serio e perbene, senza coltelli e fuori dai clan. Ma non una bandiera per cui vincere o morire, ammesso che da quelle parti ce ne siano ancora. E sempre che alla fine il suo nome non venga ritirato a favore di De Magistriis, o di un candidato di De Mita. Il Pd è ormai una tigre preistorica in decomposizione. Il che non è affatto un bene.