corvo rosso

Se Bossi resta fedele a Silvio


...come ha proclamato ieri, allora c’è poco da fare. Per mandare a casa il Cavaliere bisognerà sfiduciarlo intestandosi la colpa delle elezioni anticipate. D’altra parte è ben difficile pensare che il premier si faccia disarcionare senza neppure vendere cara la pelle , che si faccia liquidare senza prima votare. L’idea di Fini di andare “non contro” ma “oltre” Berlusconi è un sublime artifizio politicista che poteva aver successo solo in caso di accordo con il Senatur e col consenso della “vittima”, cioè di Berlusconi. Ma entrambe le cose sono da escludere. La Lega diffida sia di Fini che di Casini e al massimo ne può accettare uno, preferibilmente Fini.  Berlusconi ha interesse ad allargare la maggioranza, ma senza dare le dimissioni perché teme, a ragione, una crisi al buio. La cosa più lineare sarebbe di approvare il patto di stabilità, correggere la legge elettorale ed andare a votare. Tutto il resto diventa tatticismo politico parlamentare che può andare avanti per un po’ senza tuttavia essere risolutivo. Il che comporterebbe un ulteriore logoramento per tutti, centro destra, centro e centro sinistra. E sarebbe un inutile esercizio di modesta politologia fantasticare di governi Tremonti o Draghi o anche Maroni, perché il Presidente Napolitano tutto farebbe tranne che mettere a rischio il Paese con maggioranze incerte e esigue, per giunta contro il parere del partito di maggioranza relativa. Al contrario la certificazione della crisi spingerebbe gli schieramenti a rinserrare le fila ed a prepararsi ad un confronto elettorale i cui esiti si giocheranno nella campagna elettorale. A sinistra sarebbe uno stupido suicidio non convergere su un solo nome e presentarsi  con uno schieramento unitario sia pure diversificato al suo interno. La contesa tra Bersani, Vendola ed i “rottamatori” di Renzi e Civati, resterebbe sospesa e finirebbe con l’allargare l’offerta elettorale della sinistra. Il grande “centro”, a lungo vagheggiato da Casini, con Fini, Rutelli,  l’ Mpa di Lombardo ed altri, potrebbe finalmente vedere la luce e concorrere per la leadership. Il centro destra con Berlusconi e Bossi difenderebbe le posizioni. Una partita a tre per decidere una volta per tutte chi questo Paese lo deve governare e come.  Si dice. Ma le carte sono truccate da una legge elettorale, il porcellum, che prevede un premio di maggioranza a chi prende un voto in più. Che ci sia bisogno di un premio di maggioranza o “di stabilità” è fuor di dubbio; che si debba mettere una soglia per evitare che lo si conquisti con percentuali basse, è giusto. Su questo punto un accordo in Parlamento è possibile, visto che anche il Pdl e Lega concordano. E concordano pure sull’esigenza di ridare all’elettore la possibilità di scegliere il candidato, con le preferenze o in altri modi, superando l’indecenza dei parlamentari  “nominati”,,ed a rendere “nazionale” il premio al Senato. Se si lavora su questi obiettivi e si ricompone un campo da gioco che sta bene a tutti, perché non imboccare la via maestra delle elezioni? Le quali, certo, non giovano al Paese ma sono meno dannose di una lenta agonia di sistema. Allo stato degli atti non sembra ci sia altro, a meno che non intervenga un miracolo. Ma, parlando del centro destra, sembra impossibile una ricomposizione, sia pure in armi, tra Berlusconi e Fini, dopo Bastia Umbra e sembra ingenuo pensare che il “gioco del cerino”, possa durare a lungo. Purtroppo, nel centro destra, incomprensioni politiche e personali hanno azzerato tre vittorie elettorali: le politiche, le europee e le regionali. È un peccato, ma è un dato di fatto sul quale è inutile piangere e dal quale invece è necessario ripartire. Facendone tesoro.